
Natural Born Killers
Il diamante grezzo di Oliver Stone
Era il lontano 1991 quando un tizio chiamato Quentin Tarantino aveva una sceneggiatura scottante tra le mani che nessuno a Hollywood si filava perché considerata eccessivamente violenta. Incontrò un tale abbastanza coraggioso di nome Oliver Stone, deciso a trasformare quella sceneggiatura in un film. Mentre Tarantino si immaginava già un bagno di sangue spettacolare con dialoghi taglienti, Stone voleva realizzare un’aspra critica alla società americana. I due non riuscirono a trovare una visione comune, anzi, la leggenda narra che arrivarono addirittura alle mani. Tarantino da brava testa calda qual è, prese le distanze dal suo collega ed ex amico, che stravolse la sceneggiatura ma mantenne la storia originale.
Nel 1994, da tutta questa simpatica diatriba, nacque una pellicola profondamente malata. Il classico film che detesti o che ami alla follia: Natural Born Killers. Violento psicotico e provocatorio, è un film decisamente non adatto a tutti ma sa far parlare di sé, nel bene o nel male, travolgendo come un uragano lo spettatore al fine ultimo di farlo riflettere.
Siamo in uno squallido bar della Route 66, in un’ America amorale e degradata. Ad un certo punto dal jukebox parte la cattivissima Shit list delle L7 e si scatena l’inferno. Un gruppetto di scocciatori ha fatto l’errore imperdonabile di infastidire i coniugi Mickey (Woody Harrelson) e Mallory (Juliette Lewis) Knox che iniziano a pestare a morte chiunque si trovi nel bar. Tutti tranne uno, è la regola lasciare vivo un testimone. I coniugi sono due pericolosissimi serial killer che stanno intraprendendo un “on the road” di sangue, ammazzando e scegliendo le loro vittime senza alcun criterio logico, spinti solo dalla loro natura predatoria e dall’istinto primordiale, due assassini nati. Sono inseguiti dalla polizia ma ancora di più dai Mass Media, colpevoli di averli resi due vere e proprie celebrità con tanto di ampie schiere di fan idolatranti.
Il film è stato fortemente criticato per l’apparente violenza gratuita che Oliver Stone sembra esaltare, ma ancora di più per l’avere ispirato un alto numero di emulazioni nel mondo reale, come ad esempio il massacro della Columbine High School.
Lo scopo del regista è decisamente un altro. Una meravigliosa critica sull’ipocrisia e la decadenza della società americana rappresentata in particolar modo dai Mass Media, che si servono della violenza per far crescere l’audience, alienando lo spettatore ed elevando la violenza a modello di vita. Ne è un bellissimo esempio il flashback sull’adolescenza di Mallory, stuprata fisicamente e verbalmente dal padre: il tutto viene rappresentato come una sit-com americana chiamata “I love Mallory” con tanto di risate pre-registrate di sottofondo. Questo escamotage serve a sottolineare la volgarità e il carattere manipolatorio della televisione, in grado addirittura di lucrare su eventi tragici.
“Il giorno in cui voi due avete ammazzato, voi siete diventati nostri! Del pubblico! dei media!”
Nel film non esistono i “buoni” poiché tutti, a loro modo, sono cattivi. Da una parte ci sono i Knox, i quali trucidano chiunque gli capiti a tiro a sangue freddo e il viscidissimo anchorman Wayne Gale ( Robert Downey Jr.), disposto a far diventare due serial killer degli eroi pur di generare ascolti. Dall’altra parte troviamo il fallimento dell’autorità americana rappresentata dal detective Jack Scaglietti (Tom Sizemore) uno schifoso pervertito che cerca di catturare la coppia solamente perché ha delle perversioni sessuali verso di lei e il sadico e nevrotico direttore del carcere Dwight McClusky (Tommy Lee Jones).
Ma il punto forte e la vera protagonista, a mio parere, è la resa visiva. La storia viene raccontata attraverso uno stile estremamente originale, ovvero un continuo alternarsi di immagini in bianco e nero, colori sgargianti, animazioni e fumetti, spezzoni di film e pubblicità, fermi immagine, volti deformati alla Dalì, videotape, trentacinque e sedici millimetri, super 8,e inquadrature oblique. Per incalzare ulteriormente il ritmo, il tutto è stato condito da una colonna sonora indimenticabile che si alterna indistintamente tra i pezzi incarogniti dei Rage Against The Machine, L7, Nine inch Nails, Patti Smith, i pezzi più melodici come quelli di Bob Dylan e Leornard Cohen, fino ad arrivare non si sa come alla vie en rose di Edith Piaf.
Il risultato è un delirio di immagini e suoni che investe e stordisce lo spettatore al fine di disgustarlo volutamente.
In questo carnevale di follia, solo una cosa rimane immutata: l’amore. Fin dal primo momento in cui si sono incontrati, nonostante gli omicidi, la violenza, la pazzia e la lontananza, Mickey e Mallory si amano follemente, di un amore vero e passionale che forse potrebbe convincerli a smettere di uccidere. Forse.
L’accoppiata Harrelson/Lewis è fenomenale specie perché non c’è alcuna recitazione di mezzo, loro sono Mickey e Mallory. La Lewis e’ fuori come un balcone, un Iggy Pop al femminile e il padre di Harrelson faceva realmente il killer di professione. Chi c’era più deviato di loro per interpretare i due protagonisti? Menzione dovuta a Tommy Lee Jones che ci regala una versione del suo personaggio totalmente eccentrica e fuori dalle righe, un vero spasso.
Una volta arrivati alla fine del film, se non avete avuto il coraggio di tifare per nessuno vuol dire che il regista ha centrato in pieno il suo obiettivo. Se invece avete fatto il tifo per gli assassini nati, beh amici miei, ci sono solamente due spiegazioni: o i media hanno contagiato anche voi o avete una mente bacata come la mia.
Un consiglio spassionato. Il doppiaggio è indecente e non rende giustizia al film quindi andatevelo a recuperare in lingua originale o sottotitolato.