
Nel nome del padre, un omaggio al grandissimo Daniel Day-Lewis
È ormai notizia nota a tutti che il grandissimo Daniel Day-Lewis, tre volte vincitore del premio Oscar come migliore attore protagonista, si sia ritirato dalle scene. Il suo prossimo film, del regista Paul Thomas Anderson, sarà l’ultimo. Credo che gran parte delle persone che amano il Cinema, come il sottoscritto, siano in lutto per non poter più ammirare un attore del genere, capace di interpretare chiunque come nessuno mai.
Daniel a mio avviso è l’equivalente maschile di Meryl Streep, ovvero in grado di essere quel personaggio meglio ancora del personaggio stesso. Day-Lewis è famosissimo per la sua discesa totale nel “character” da interpretare, tanto da entrare nella parte mesi prima di iniziare a girare e non uscirne mai durante le riprese. Visto che stiamo parlando di uno dei miei 2/3 attori preferiti di sempre ho deciso di fargli un omaggio e scrivere di uno dei suoi film. Oggi recensirò Nel nome del padre, la pellicola che mi ha fatto conoscere questo attore straordinario (che già mi manca) e di cui sono artisticamente innamorato. Pronti per questo drammone familiare/legale?
Trama: La situazione negli anni ’70 nell’Irlanda (sia Nord che Eire) non è il massimo. L’IRA guida la rivolta contro le truppe britanniche, rivendicando la propria indipendenza. In questa situazione, di guerra civile senza quartiere, trovare lavoro e avere prospettive di un futuro è impossibile. Proprio per questo Gerry Conlon (Daniel Day-Lewis) è un ladruncolo da quattro soldi. Ma le sue azioni e quelle dei suoi complici attirano il malumore dell’IRA e dell’esercito britannico. Il padre di Gerry, tale Giuseppe Conlon (Pete Postlethwaite), crede sia meglio per il figlio andarsene a Londra a cercare un futuro. Gerry parte e lascia la famiglia ma una volta arrivato nella capitale britannica inizia a spassarsela e a spendere tutti i soldi che aveva da parte, insieme al suo amico Paul Hill (John Lynch). Tutto fila liscio fino ad una sera in cui c’è un attacco terroristico in un pub di Guilford, subito rivendicato dall’IRA.
Il vero dramma inizia quella sera per Gerry e la sua famiglia. Vengono incolpati quasi tutti i suoi familiari (salve solo mamma e sorelle) e i suoi amici di Londra, e di conseguenza tutti processati.
Reggerà in tribunale l’alibi di Gerry, basato su una testimonianza di un senzatetto? Verranno tutti ritenuti colpevoli, compreso il padre? Riuscirà Gerry, tramite questa vicenda, a ricostruire il difficile rapporto con il padre?
Mettetevi comodi e godetevi il film per saperlo.
Il connubio tra Jim Sheridan, regista del lungometraggio, e Daniel Day-Lewis funziona nuovamente alla grande dopo il bellissimo Il mio piede sinistro, primo premio Oscar per Daniel. Qua arriveranno una pioggia di nomination, ma nessun premio Oscar. Qualcosina glielo si poteva dare eh.
Nel nome del padre è un bellissimo dramma familiare, oltre che legale. Anzi, il caso giudiziario (parliamo di una storia vera) è quasi un contorno alla vera vicenda umana al centro della trama. Il rapporto padre-figlio non è mai semplice e può avere molti aspetti. In questo film non ci si sofferma molto sulle cause che incrinano un rapporto, ma sul dolore che ne comporta e su come in certe situazioni tragiche (tipo il carcere a vita pur essendo innocenti) si possa quasi all’improvviso parlare la stessa lingua e farsi forza a vicenda. Una persona che sembra più debole (il padre Giuseppe) proprio nel momento più difficile è la forza trascinante che permette a Gerry di uscire dall’oblio.
Nel nome del padre, per quanto riguarda il caso giuridico, ricorda la storia del pugile Hurricane Carter, ma impreziosito dalla vicenda umana ancora più drammatica e inspiegabile. Il film è molto bello, ma manca un pochino della drammaticità che lo avrebbe reso un quasi capolavoro. In compenso questa assenza di eccessiva pesantezza rende il film veloce come una canzone rock, che con una trama del genere era un attimo fare una cosa tipo “film polacco di 7 ore sull’olocausto con sottotitoli in arabo”… anche no, grazie.
La colonna sonora impreziosisce il film e bisogna ringraziare tra gli altri Bono degli U2 e Sinéad O’Connor. Il cast è funzionale per tutti i ruoli coinvolti, ma naturalmente il centro dell’attenzione è preso da padre e figlio. Postelwhaite non sfigura minimamente di fronte al drago Day-Lewis, anzi si porge come perfetta spalla.
E arriviamo a lui, il motivo per cui ho scritto di questo film: Daniel Day-Lewis. Bisogna dire che quella di Nel nome del padre è una sua grandissima interpretazione, ma non la migliore. Negli anni ci ha abituato a performance magistrali e in cui è assoluto mattatore. Il suo Gerry è perfetto nel ruolo e quindi viene lecito pensare che Daniel non abbia voluto calcare nella recitazione, in modo da concentrare tutto verso il film e il rapporto padre figlio. In ogni istante è chiaro ed evidente che possa prendersi la scena come e quando vuole, ma il saper stare al proprio posto per un bene più grande (successo del prodotto) mostra come questo attore sia immenso. Detto questo per me è il più bravo di tutti e se leggesse una poesia scritta da un bambino meriterebbe Nobel, Oscar e un borsone in omaggio.
Sarò sempre fedele a Nel nome del padre, che ti fa riflettere sui rapporti umani e che grida giustizia, per avermi fatto conoscere un attore che adoro e mi mancherà tantissimo, ma che rimarrà per sempre nella storia del Cinema.
Ave a te Daniel.