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The Neon Demon: quando la tana del Bianconiglio ingoia Alice

The Neon Demon: con Refn ci si perde in un meraviglioso labirinto di specchi.

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Un vestito da sfilata

Mi sono approcciato alla visione di The Neon Demon con aspettative gargantuesche. Avete presente quando vi sedete in poltrona, accendete il PC e vi aspettate di trovarvi di fronte il nuovo 2001: Odissea nello spazio? Bene, The Neon Demon non è il nuovo 2001: Odissea nello spazio.

Perché tutta questa aspettativa?

Perché dietro la macchina da presa ci stava un signore che probabilmente è uno dei registi (se non IL regista) più talentuoso emerso negli anni più recenti. Perché tutto questo discorso sull’aspettativa? Perché secondo me ha inciso, non solo sulla mia visione, ma sul film in generale. L’aspettativa della critica e degli spettatori nei confronti di un regista che ha saputo stupire con capolavori del calibro di Drive, Bronson Solo Dio perdona, l’aspettativa nei confronti di un progetto così ambizioso come The Neon Demon hanno caricato a molla l’aspettativa del pubblico, che si è ritrovato tra le mani uno di quei vestiti sbrilluccicosi, sgargianti, appariscenti, ma che non starebbero bene a nessuno se non a una modella anoressica durante una sfilata. Il film di Refn è così: sta bene solo a lui, e a Elle Fanning – certo – ma a lei torneremo tra poco.

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Un angelo dall’anima d’acciaio

Jesse è una modella sedicenne che arriva a Los Angeles con tutte le intenzioni di diventare una top model. La giovane è ingenua, dolce e timida, ma nasconde dentro di sé un’anima di acciaio inossidabile che le permette di non spezzarsi di fronte a tutte le pressioni imposte da un mondo spietato come quello dell’alta moda.

Proprio durante una delle tante sessioni conosce Ruby (Jena Malone), truccatrice di modelle e cadaveri dell’obitorio, che la introduce nell’ambiente mondano della Los Angeles glitterata, là dove Jesse vuole arrivare.

Il personaggio di Elle Fanning è un angelo che incanta ad ogni movimento: bellissima, aggraziata e luminosa, conquista tutto e tutti quelli che incontra, perché pare fatta di pura bellezza. Non ci vorrà molto però per scatenare la gelosia delle colleghe più “anziane” (si parla di ventidue/ventitreenni) che vedono in lei una minaccia per le loro carriere ormai appese a un filo. Riuscirà l’angelo biondo a sopravvivere alla gelosia delle altre modelle e a diventare la star che ha tutte le carte in regola per diventare?

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Il pomo della discordia

La questione della più bella del reame rimpalla nella storia della letteratura (e dell’arte in generale) fin dal mito dell’eponimo pomo (della discordia) lanciato sul desco degli dei da Eris (dea della discordia). Rimanendo sull’onda del mainstream (per quanto possa essere mainstream la mitologia greca) arriviamo poi alla celeberrima Biancaneve, che insegna ai bambini – e soprattutto alle bambine – che se vuoi essere la più bella del reame ti basta avvelenare la tua rivale per non avere più dubbi in proposito.

La storia di Jesse e dell’odio scatenatole contro dalla sua ingiusta (se vogliamo) bellezza sa quindi di già visto, ma in senso buono. Refn rimodula questo stereotipo, collocando la novella Biancaneve (per i nani non c’era posto nello script: Refn è stato categorico, manco un cameo) nella Los Angeles illuminata dalle luci al neon e dai flash di fotografi sinistri a dir poco. Le citazioni si sprecano quindi: da Biancaneve ad Alice nel paese delle meraviglie, ci rimane sempre e comunque una ragazza che si va a cacciare in un luogo oscuro resistendo al pericolo rimanendo semplicemente sé stessa.

Il regista conduce un discorso molto personale sulla bellezza, una bellezza totale che diventa quindi pericolosa perché non eguagliabile, perché suscita invidia. Si avverte sottotraccia una critica alla società odierna dove tutto è apparenza, dove per trovare posto bisogna – in qualche modo – essere belli e apprezzati (e qui si torna al primo episodio della nuova stagione di Black Mirror). La critica di Refn è però smorzata da un accatastarsi di immagini che richiamano il miglior Dario Argento e David Lynch, ma che impediscono di andare in profondità.

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Un magnifico pacco vuoto

Ma The Neon Demon che cos’è?

Per quanto mi riguarda un meraviglioso esercizio di stile. Un film che riempie gli occhi di chi guarda, ma difficilmente gli scalda l’anima. Tanto per lanciare una similitudine dietro l’altra The Neon Demon è un po’ come un tacchino del Ringraziamento con un ben magro ripieno, un pacco voluminoso dentro al quale trovi una trottola. Refn incarta il suo trattato sulla bellezza e lo consegna allo spettatore, facendo però l’errore di soffocarlo sotto troppi strati: quella critica allo showbiz di cui avrebbe voluto parlare c’è, ma la si avverte solo in sottofondo, come un lamento quasi. Vediamo dunque immagini magnifiche, sequenze oniriche, una gestione della luce, dell’inquadratura, del montaggio, della fotografia che rasentano la perfezione, ma che per certi tratti mi facevano pensare a The Neon Demon come a uno spot di profumi. Avete presente quelle pubblicità oniriche, evocative, tipiche dei profumi, che non ti raccontano nulla, ma sono assolutamente perfette sotto ogni punto di vista? Il film è così.

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Si parla dunque di un passo indietro per Refn?

Dipende. Dal punto di vista tecnico/registico credo che qui abbia toccato una vetta insuperabile, perché certe sequenze (a partire da quella iniziale) rimangono scolpite nella mente dello spettatore e probabilmente non se ne andranno mai. Dal punto di vista di tutto ciò che sta dietro – il senso, il messaggio, l’anima – ci si poteva lavorare meglio, soprattutto per renderlo più evidente.

Usando una provocazione direi che se la gente si lamentava de La grande bellezza per via dell’assenza di una trama, beh… guardate questo e poi ditemi!

A un certo punto del film si ha come la chiara sensazione che il regista si sia perso, si sia lasciato fagocitare dalle immagini bellissime che stava riprendendo, perdendo di vista il punto. Un po’ come un chitarrista rock che prende l’abbrivio e parte per la tangente con un assolo assolutamente fuori contesto che devia dallo spartito. Così.

Un film da criticare e basta, dunque? Al contrario: pur coi suoi difetti The Neon Demon è un’esperienza (quantomeno visiva) a cui gli amanti del cinema non dovrebbero rinunciare, ma con le dovute premesse. Non cercate un horror “di trama”, non fatevi intrappolare da questa magnifica tana del Bianconiglio, ma soprattutto non aspettatevi di trovare il nuovo 2001: Odissea nello spazio, perché The Neon Demon non è il nuovo 2001: Odissea nello spazio.

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-Vorresti essere come loro?

-Io non voglio essere come loro, sono loro che vorrebbero essere come me.

P.s. se gli horror sono la vostra passione, fate un salto dai nostri amici di Film esageratamente da paura!

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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