Film

Neruda, il film sul poeta che ha cambiato il volto della storia cilena

La pellicola che mostra l’umanità e la poesia dietro alla politica

Immaginatevi.

La nostra eroina (io, me e me medesima) guida in autostrada isterica e nostalgica in una domenica di pioggia.

Quale piano migliore di prendere fidanzato e coinquilina per il bavero e trascinarli al cinema?

Sono sicura che di piani migliori ce ne fossero altri.

Infatti, dopo venti minuti di coda che si trascina fuori dall’entrata principale e una buona dose di malumore che si è montato come panna montata rancida, riusciamo ad entrare. Nel frattempo la signora in fila davanti a me, gentilmente, mi scrolla senza guardare l’ombrello fradicio addosso. Un paio di gomitate, spinte e maledizioni dopo, tra la calca, riesco a raggiungere il mio sedile.

“Ok” – mi dico da sola – “plachiamo l’isteria adesso. Finalmente, la parte più pesante di oggi è andata”.

Un fico.

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Serafica, non sapevo mi stessi sottoponendo a un’ora e mezza di lentissime elucubrazioni e processi di introspezione politica e umana.

La trama?

Cile, 1948. (Ahinoi, periodino leggero e tranquillo, sarà sicuramente una storia spensierata). Il governo di Gabriel Gonzalez Videla (“Ma chi diamine è?” vi domanderete. Stessa cosa ho fatto io, ho lasciato mestamente trascurata la domanda), viene eletto e decide  di seguire la politica statunitense e di condannare il comunismo alla clandestinità. (Ma sì, siamo solo in Cile ne 1948, chi vuoi che non sia d’accordo con questa linea politica).

Pablo Neruda, poeta, senatore e grande personalità artistica del Paese, decisamente non approva questa decisione, fino a diventare il ricercato numero uno nel paese.

In accordo con il partito comunista, Neruda sceglie l’esilio anziché il carcere, ma per riuscire a fuggire deve fare i conti con Oscar Peluchonneau, (secondo protagonista della nostra storia) l’ispettore di polizia che Videla sguinzaglia contro di lui.

Quest’inseguimento sarà il fulcro di tutto il film.

Ovviamente ci sono piacevoli, leggeri quanto poco numerosi contorni all’ossatura del racconto.

Non per ultima la digressione sull’approfondimento delle passioni del poeta, che sgattaiola, ogni volta che può, dal suo nascondiglio all’insaputa dei protettori per godersi un pomeriggio piovoso in un casino (era effettivamente un piano migliore rispetto a quello di andare al cinema).

Fondamentale per la storia, risulta inoltre la storia d’amore con Delia, la sua compagna. Donna di carattere forte e determinato. Un’artista che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Indipendente e femminista. Talmente indipendente che subisce le angherie di un uomo che la tradisce a ogni piè sospinto e la tratta come una coccarda da fissare sul doppio petto alle feste del partito.

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Altro inframmezzo che ho apprezzato è la realtà del partito comunista in quest’ambientazione geografica e storica.

Un comunismo che non esiste. Un comunismo che ha già perso la speranza di realizzarsi. Un partito che prevede il concetto di gerarchia e una piramide sociale che si allontanano molto dagli ideali di uguaglianza tra i suoi rappresentanti.

Non siamo tutti uguali, e non lo saremo mai. Un senatore non verrà mai messo alla pari di una donna delle pulizie e una donna delle pulizie non verrà mai messa alla pari di un mendicante.

È un concetto che più volte e in più scene viene ripreso nel film.

Come evolve il film?

Il film comincia, procede e termina mooooolto lentamente. La colonna sonora (apprezzabile quando presente) molto spesso manca. Questa può essere considerata una mancanza ma ammetto che, nonostante la velocità della trama ne abbia sofferto, è stato un elemento che mi ha dato modo di concentrarmi su particolari che altrimenti mi sarei persa.
In quei momenti, infatti, il regista oltre alla musica, fa tacere anche i personaggi.

Presenziamo solo noi e l’inquadratura. Niente di più.

Con questo metodo ho potuto apprezzare scene e riprese di grande profondità.

La scena più esemplare, da questo punto di vista, è l’inseguimento lento, doloroso e sofferente tra i due protagonisti sulle Ande.

Questa scena, devo dire obiettivamente pazzesca, ci fa apprezzare la poesia e la grandezza della biografia non solo di Neruda, ma anche del suo inseguitore, che è pronto a donare la vita per giungere al termine della sua missione.

Sanguinante infatti, si abbandona sulla neve bianchissima ai colori di un tramonto caldo, dalla luce quasi polare. Stremato dall’inseguimento, si abbandona alla stanchezza e alla rinuncia.

Qua lo raggiunge Neruda. Siamo alla fine del film e questo è il primo momento in cui i due vengono a contatto visivo per la prima volta.

Maestro ma chi  è?

È il mio inseguitore, il mio secondino. La notte io sogno lui e lui sogna me.

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Il messaggio finale del film

Solo con questa scena, il film si fa perdonare molte mancanze, molti personaggi inespressivi e molti elementi trascurati.

L’unica cosa che assume importanza è la gloria del ricordo nella mente dei futuri abitanti del mondo.

Il nome, che deve sopravvivere al corpo nella storia futura.

‘Nsomma, sono uscita dal cinema confusa e con un grande senso di grandezza addosso.

Come sempre in questi momenti, mi sono sentita piccola piccola nel mio quotidiano e nelle mie abitudini, confrontandomi con la gloria dell’immortalità che certi personaggi storici si sono guadagnati.

È una di quelle sensazioni che ti colpiscono dopo un libro, una storia un film, tanto rapide a comparire quanto veloci a sparire. Questo è l’elemento che rende questo film apprezzabile e godibile, questo e il fatto che, una volta uscita dalla sala, mi sono resa conto che ci sono cose più grandi di me e del temporale che mi aspetta all’uscita.

Virginia Sambuceti

Vede la luce nel 1992. Si innamora della grande sala buia quando, a tre anni, i suoi genitori la costringono a guardare "il Fuggitivo" con Harrison Ford. Da allora fugge alla realtà grazie al cinema, la letteratura,i viaggi e il vino.
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