
Nessuna verità: un dedalo di bugie

Sono circa vent’anni che Ridley Scott è al centro di un fiammeggiante dibattito che contrappone chi non gli perdona di aver scelto un percorso artistico smaccatamente commerciale rispetto ai folgoranti esordi più autoriali (I duellanti, Alien e Blade Runner) e gli estimatori che difendono a spada tratta le comunque alte qualità degli ultimi lavori. Essendo il “duello” un tema portante della filmografia del regista inglese forse non è un caso, ma con questo artista non funziona così. Scott è l’esempio di cineasta trasversale per eccellenza, colui che può far convivere in uno stesso film pagine di pura epica comunicativa e clamorose cadute di stile. Eppure, anche nel film più problematico e controverso quale può essere Alien: Covenant, la maestria di Scott nel curare l’impatto visivo delle immagini non è mai venuta meno in tutta la sua carriera, e forse non è poi esagerato dire che sotto il profilo della grandeur Ridley Scott sia il miglior regista a oggi in attività.
Nessuna verità del 2009 è forse il titolo che meglio si presta a un’anamnesi della doppia anima (rispettivamente, intellettuale e commerciale) dei lavori firmati da Scott all’indomani di Il Gladiatore. Alla sceneggiatura troviamo William Monahan, già autore per Scott di Le Crociate – Kingdom of Heaven, qui impegnato a trasporre il libro Body of Lies del giornalista David Ignatius per tirare le fila della situazione mediorientale, tra lotte irrisolvibili al terrorismo e giochi di potere internazionali dietro cui opera la CIA. In questo contesto si muove Roger Ferris (Leonardo DiCaprio) agente sul campo che si sposta di paese in paese per dare la caccia ad Al-Saleem, capo di una cellula di fondamentalisti rei di alcuni attentati in suolo europeo, mentre l’arrogante boss della CIA Ed Hoffman (Russell Crowe) pianifica a distanza le sue strategie e ne controlla le mosse attraverso il suo computer.

Coadiuvato da una splendida fotografia dai toni sabbiosi di Alexander Witt, Scott trasporta lo spettatore nel contesto medio-orientale facendogli assumere il punto di vita di Ferris. Proprio come un agente sul campo sotto copertura, ci spostiamo tra Iraq, Giordania e Siria alla disperata ricerca di una via d’uscita da un labirinto umano dove la menzogna è la vera merce di scambio per la sopravvivenza e dove le varie intelligence perdono più tempo a intralciarsi tra di loro anziché collaborare nella lotta al terrorismo. Le splendide riprese aeree e ad altezza d’uomo, coadiuvate da un fluidissimo montaggio di Pietro Scalia, danno vita a un thriller bellico immersivo e realistico che ricorda moltissimo nel modus operandi un precedente capolavoro del regista, Black Hawk Down. L’attenzione di Ridley Scott per la suspense hitchcockiana trova libero sfogo in scene d’azione movimentate e scoppi di violenza inaudita come quello del pre-finale memore dei filmati delle esecuzioni terroristiche che girano sul web.
Dal duo attoriale DiCaprio-Crowe era ovvio aspettarsi faville, e le aspettative non vengono tradite. Forse Crowe guadagna qualche punto in più in virtù di un ruolo inedito per lui: se DiCaprio è il punto di riferimento morale della storia, un agente che cerca sempre di conservare un barlume di umanità pur lavorando a stretto contatto con la violenza, l’Hoffman di Crowe rappresenta a tutti gli effetti il lato peggiore dell’imperialismo statunitense, quello foraggiato da cinismo e arroganza che molto machiavellicamente non si fa problemi a passare sopra montagne di cadaveri per raggiungere la vittoria. Il rapporto di potere tra i due è senza dubbio l’aspetto migliore di Nessuna verità oltre alla messa in scena, capace di generare golosi spunti su cui riflettere.

Il vero grosso difetto di Nessuna verità è la forzata love story tra Ferris l’infermiera Aisha (Golshifte Farahani), unica concessione alle esigenze commerciali di Hollywood e caduta di stile di una sceneggiatura altresì scritta con intelligenza da un Monahan abilissimo a evitare la retorica filo-americana e a pigiare sulla cattiveria quando occorre. Eppure, con una confezione tecnica di primo livello e delle performance così decorose, Nessuna verità è passato abbastanza inosservato ai botteghini, così come quell’altro interessantissimo studio sulla guerra al terrore che fu Zero Dark Thirty. Forse è il segno che Scott ha toccato un nervo molto sensibile.