
New York: ore tre – L’ora dei vigliacchi. L’immagine della violenza urbana.
Usate i mezzi pubblici, non ve ne pentirete
Oggi voglio parlarvi di un film che è, a torto, misconosciuto. New York: ore tre – L’ora dei vigliacchi, The incident in lingua originale, è uno di quei film gioiello che rimangono nel cuore. I vigliacchi, frutto di una traduzione ben più che libera, ma, in questo caso, fortunata, sono i passeggeri di una carrozza della metro di New York. Gente normale, quattro coppie sposate, una di giovani appena formatasi, due militari, due uomini che viaggiano soli. Il regista (Larry Peerce) ci propone un campionario variegato e multiforme del genere umano che attraversa New York a tarda notte, di ritorno da una qualunque serata.
Un tranquillo viaggio con un irlandese e un italoamericano
A comporre l’elemento di rottura dell’equilibrio, due delinquenti da mezza tacca: il primo, Tony Musante, vero motore della carrozza per tutto l’arco del film, in un’interpretazione sopra le righe; il secondo, un ancora anonimo Martin Sheen all’esordio, ancora ben lontano da ruolo di leader di Apocalypse Now (12 anni prima, per l’esattezza), nel ruolo di spalla del duo criminale.
Il film si compone di due parti: una prima vede la presentazione rapida, ma efficace di tutti i passeggeri mentre si avviano alla fermata; la seconda è quella dove l’azione si scatena. Se proprio si deve trovare un difetto a questo film, va cercato nell’eccessiva durata della prima parte (50 minuti su 100), quando forse ci si sarebbe aspettato l’inizio dell’azione molto prima. I film moderni ci hanno rovinato il palato.
Quando le cose prendono piede si sa già cosa sta per accadere. Secondo punto debole, la trama: prevedibile, ma il fatto non disturba più di tanto. La bellezza del film non risiede dunque nell’ideazione dei fatti, ma nella maestria con la quale vengono trasposti sulla pellicola: il regista, con l’aiuto di un grande (non smetterò mai di ripeterlo) Tony Musante, in pochi minuti dall’ingresso in carrozza dei due delinquenti, crea un clima claustrofobico e di impotenza impressionante. attraverso le vessazioni, sempre più pesanti, nei confronti dei passeggeri, siamo precipitati in una situazione tanto più orribile quanto più verosimile.
Io non ti vorrei con me neanche come sputacchiera
Attraverso l’utilizzo della violenza (quasi) sempre psicologica instaurano un clima di terrore e divisione: l’incantesimo potrebbe essere spezzato in qualunque momento, l’unica cosa necessaria sarebbe la coesione dei passeggeri. Ma questa non avviene se non come ultima ratio.
Il film è tutto qua? A un primo sguardo sì, è un semplice thriller dalla trama non eccessivamente originale e con personaggi lievemente stereotipati (terzo e ultimo difetto). In verità basta uno sguardo leggermente poco più attento per capirne la bellezza: è un film inquietante e disturbante non per ciò che accade sulla pellicola, ma per le conseguenze dell’immaginarsi calati nella situazione. Il film finirebbe subito, lo abbiamo già detto, se i passeggeri si coalizzassero, ma quanti di noi saprebbero fare il primo passo e imporsi contro due degenerati ubriachi su una carrozza della metro?
«Sono pericolosi? Sono armati? Magari tra poco la smettono, perché devo andare a cercare guai?».
Queste sono domande normali che ognuno si chiederebbe e dalle quali sarebbe frenato dal fare “la cosa giusta” di Lee-iana memoria. Risulta evidente a questo punto che le protagoniste del film sono l’indifferenza del cittadino medio, e la miseria umana dei quattordici passeggeri coinvolti; non conto gli unici due innocenti in quanto addormentati, il barbone e la bambina. Il fastidio per la codardia dei passeggeri, sono loro i vigliacchi del titolo, non i due criminali come qualcuno potrebbe pensare, ci porta a tratti a tifare per Musante e Sheen: non perché siano nel giusto ma perché l’ignavia dei vigliacchi e cento volte più pesante da sopportare, al punto che si spera che le vessazioni superino il limite e scatenino una reazione. Così è, anche se non precisamente quella auspicata.
I demoni, i vigliacchi, l’eroe
Ciò che emerge dal film è una visione impietosa e amara della società moderna: il film è del ’67 ma, con pochi accorgimenti di carattere storico, potrebbe essere adattato senza problemi, e nulla risulterebbe fuori luogo. Non gli psicologismi dei personaggi almeno. Nel tripudio delle miserie umane dei singoli passeggeri, abbiamo un solo atto morale a darci un barlume di speranza. Magra consolazione di fronte alla spiazzante verità che Musante e Sheen evidenziano, veri demoni del Caos, esternatori del peggio di ognuno di noi e vincitori del duello morale:
Passeggero: «Secondo te siamo ad armi pari?»
Joe Ferrone (Musante): «No, macché… Siete voi tutti contro noi due, ci sto lo stesso.»