
Nimic: Lanthimos ci mostra il Nulla che è dentro tutti noi
Immagino che Yorgos Lanthimos lo conosciate tutti. Sì, dai, quello de La favorita, de L’assassinio del cervo sacro, di The Lobster. Ok, chiudo qui la parte enciclopedica di questo articolo per arrivare al succo. Al Ravenna Nightmare viene presentato il nuovo cortometraggio del regista greco – Nimic -, già presentato (e premiato) al Festival del cinema di Locarno. Il protagonista è Matt Dillon, che a giudicare dalla sua apparizione nell’ultimo film di Von Trier, è una persona poco raccomandabile. Ma ‘stavolta non è di lui che ci dobbiamo preoccupare. Ora che vi ho incasinato il cervello potete seguirmi così vi sbroglio la matassa. Forse.

Nimic, in rumeno, significa “nulla, niente“, ed è proprio di questo che parla il corto di Lanthimos.
C’è ‘sto Matt Dillon che fa il violoncellista e conduce una tranquilla – anche se presumibilmente piatta – vita borghese con la sua bella famigliuola. Un bel giorno, tornando a casa in metro, chiede l’ora a una sconosciuta. Avete presente il detto “mai accettare caramelle dagli sconosciuti”? Ecco, d’ora in poi non chiedete nemmeno l’ora in giro se non avete un orologio, che se no rischiate di diventare Jean-Paul Sartre.
La donna, infatti, non gli risponde, ma, in modalità pappagallesca, gli gira la domanda.

Sceso dalla metro, la donna inizia a seguirlo. Tralasciando il fatto che Daphne Patakia è inquietantissima già di suo, fidatevi che le cose inquietanti devono ancora arrivare.
Ella lo segue fin davanti alla porta di casa sua e, colpo di scena, ha le chiavi per entrare. A questo punto sia lui che lei si ritrovano davanti alla famiglia di lui pretendendo di essere lui. Capito, vero? Cioè in pratica ‘sta qua arriva e dice di essere lui. Mi sembra ci sia solo un piccolo dettaglio che è sfuggito: il pene.
Anyway, sicuramente Lanthimos non voleva parlare di peni né fare un discorso sul genere sessuale, ma, come dicevo poc’anzi, sta parlando di ognuno di noi. Questo “altro” che pretende di essere Matt Dillon incarna l’insicurezza insita in ogni essere umano di non essere abbastanza e sparire, divenire Nulla.

C’è da dire, poi, che in lingua originale la battuta in cui Matt Dillon chiede all’Inquietudine l’ora suona come “do you have the time?”, che in inglese non significa solo “sai l’ora?”, ma anche “hai il tempo?”.
È così che Lanthimos svela il suo obiettivo, ripreso da altri elementi all’interno di Nimic: il concetto centrale è il tempo, un tempo che si chiude su se stesso. Infatti nel finale troviamo un uomo che pone la stessa domanda a Dillon. Quest’ultimo non risponde (o almeno, la sua risposta non ci viene mostrata), ma Lanthimos sembra suggerire una struttura circolare.
Inoltre il tempo in Nimic è scandito anche da altri elementi, come, ad esempio, il timer per cuocere le uova. È, questo, un tempo che si contorce su se stesso e che rivela l’effimero di ogni essere umano.
Nimic è interessante perché presenta tutti i tipici tratti distintivi di Lanthimos. Per deformare la realtà e renderla ancor più inquietante, il greco utilizza grandangoli e fish-eye, praticamente onnipresenti in questo corto. Troviamo anche le lunghe carrellate tipiche del regista, a mostrare l’inseguimento assillante della donna nei confronti di Dillon. Per finire ci viene messa davanti la solita commistione tra inquietudine e black humor che Lanthimos non ha mai fatto a meno di sfoggiare nello sua messa a nudo dei valori borghesi.
Io vi rinnovo l’invito a seguire il Ravenna Nightmare Film Fest. Non vi rendete conto di che perle vi state perdendo?