
Noi siamo infinito – Quando la storia avresti voluto scriverla tu
La ripugnante introduzione
Se non amate i romanzi di formazione statemi alla larga, evitatemi, sputacchiatemi quando vi incrocio per strada: io e voi saremo nemici giurati per l’eternità. Al contrario se per qualche vostro disturbo dell’inconscio vi sentite attratti da me basta che vi appropinquiate e mi sussurriate all’orecchio “bildungsroman”. In quel caso sono vostro come la signorina della pubblicità di Paco Rabanne. Uno schiocco di dita, una spruzzata di “bildungsroman” et voilà, le jeux sont fait.
Perché questa ripugnante introduzione? Perché con me Noi siamo infinito ha avuto gioco facile: mi aveva conquistato dopo i primi tre minuti. Mi è bastato quello scenario ameno e familiare composto da:
- Voce narrante
- Adolescente problematico con velleità da scrittore
- Film tratto da romanzo
Ed eccomi lì: una nutria sgraziata che sguazza nel pattume. Un po’ come nel caso di tutti i film che parlano di scrittori e letteratura.
Primo anno
Tratto dal romanzo epistolare The Perks of Being a Wallflower (1999), scritto dallo stesso regista Stephen Chbosky, Noi siamo infinito ci trasporta nel tipico contesto liceale americano che solletica prepotentemente i nostri recettori di nostalgia (basta aver visto un episodio di O.C. per attivarli), in più aggiungeteci l’ambientazione primi anni Novanta e la frittata è fatta.
Charlie (Logan Lerman) è un quattordicenne al primo anno: reduce da seri problemi mentali, tormentato dai fantasmi del passato e con la passione della scrittura (che non è proprio il top-sogno in quell’età infausta i cui numi tutelari sono “Figa/Alcol/Popolarità”) si ritrova solo e smarrito in un nuovo mondo a lui alieno. A fargli da ciceroni arrivano prontamente i fratellastri Patrick e Sam, due studenti dell’ultimo anno. Patrick (uno straordinario Ezra Miller) è omosessuale e frequenta il quarteback della squadra di football che – ovviamente – non vuole diffondere la notizia; Sam (Emma “After-All-This-Time-?-Always” Watson), invece, esce con uno pseudo-intellettuale stronzo da morire.
Il nostro Charlie a poco a poco si stufa di essere il “ragazzo da parete” di sempre e si inserisce nel gruppo, aprendosi a un mondo che fino a quel momento aveva intravvisto da lontano, scoprendosi importante, dimenticando i problemi grazie alle scorribande con gli amici. Ma il passato, si sa, esige sempre il suo tributo, e verrà il momento di farci i conti.
Il paese dei giocattoli difettosi
Noi siamo infinito è una tipica storia adolescenziale, all’apparenza banale, ma scritta in modo tanto superbo da riuscire a scavare nello spettatore grazie alla fantastica caratterizzazione di tutti i personaggi. Le loro traversie sono vivide, ci fanno innamorare di loro, ci fanno venire voglia di esserci, di partecipare. Il personaggio di Patrick, ad esempio, è dirompente, impossibile non amarlo alla follia: il tipico freak che se ne frega (fino a un certo punto) dell’opinione altrui e vive la sua stranezza con stoica accettazione di sé. Patrick è il buono sempre e comunque, quello che non ti tradirà mai, al costo di mandare in merda se stesso, perché per lui certe cose vengono prima di altre. E poi la sua (auto)ironia, la sua capacità di sopportare il male della vita e tramutarlo in gioia è… dio, se gli voglio bene.
Allo stesso modo Sam è una ragazza con trascorsi complessi e una brutta fama, circondata di amici sinceri, accetta solo l’amore che pensa di meritare e non quello che in realtà gli altri vorrebbero darle. È lei a esercitare quel fascino magnetico che lega così tanto Charlie al gruppo. La cotta dell’adolescente (e del sottoscritto) funge da aggancio verso un mondo all’apparenza leggero e banale, ma che nasconde pozzi di pece nera dove è bene non andare a rimestare (postilla: ammetto candidamente che col personaggio di Sam non riesco a essere oggettivo, perché è Emma Watson e quindi la donna della mia vita).
Accompagnati dalla musica triste degli Smiths, di Bowie e dei New Order i personaggi di Noi siamo infinito sono, a modo loro, giocattoli rotti, spezzati interiormente da qualche cosa, ma nonostante ciò resistenti agli urti della vita, uniti l’uno all’altro e capaci di fare della loro stranezza uno schermo per un mondo che li tiene lontani.
Tutti noi siamo infinito
E sarà proprio grazie a loro che Charlie riuscirà a fare i conti con se stesso, sarà proprio grazie alla promessa fatta a Sam (“Scrivi di noi”) che comincerà a fare quello che devono fare i grandi scrittori: aprire il cuore e battere le dita sui tasti sulla macchina da scrivere.
Animato da una colonna sonora da urlo che tramuta alcune sue scene (tunnel + Heroes, chevvelodicoaffà?) in instant cult, Noi siamo infinito riesce immediatamente a ritagliarsi uno spaziuccio caldo nel cuore di chi guarda, una piccola parentesi di nostalgia e personaggi ai quali non si può rimanere indifferenti. Parliamo una di quelle storie all’apparenza semplici, già sentite, ma che proprio per questo motivo risultano ancora più importanti perché rinnovano qualcosa di apparentemente stantio.
Noi siamo infinito ti lascia con una chiusa da lacrime, da pelle d’oca grazie a quel monologo e quella musica, e tutto ciò che ti rimane è la voglia matta e disperatissima di metterti alla tua scrivania nell’angolo, illuminata da una solitaria luce giallognola, prendere un quaderno nuovo, quelli dal dorso rigido, sfogliare fino alla prima pagina e scrivere con la tua grafia sghemba “Capitolo Uno”. Provare per credere.
Ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo, io sono qui, e sto guardando lei, ed è bellissima. Ora lo vedo, il momento in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi in piedi, e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa restare a bocca aperta e senti quella canzone su quella strada con le persone a cui vuoi più bene al mondo e in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito.