
Non mi uccidere: Vampire femministe per adolescenti in cerca d’amore
Siamo nell‘aprile 2021, il Covid non esiste, e prima o dopo una birra, un gruppo di adolescenti si organizza per andare al cinema a vedere Non mi uccidere. Le ragazzine, entusiaste di vedere Rocco Fasano che d’ora in poi chiamerò il Pattinson italiano, convincono i compagni di banco a prendere il biglietto giusto per fare un po’ di caciara e passare una serata in compagnia. Il punto di vista maschile invece è legato ai valori dell’evoluzione umana, ah no scusate romanticismo, che consiste nell’accontentare il gentilsesso, passando un oretta e mezza seduti su una poltroncina rossa facendo magari finta di spaventarsi per un po’ di sangue che schizza sullo schermo. Chissà magari qualcuna di queste possibili coppie, tra qualche anno, passerà la domenica cercando mobili e posate in lunghe code all’Ikea.
Purtroppo però il mondo elencato in precedenza esiste ancora nella nostra testa e i film si sono dovuti accontentare di uscire sulle varie piattaforme streaming. L’unico piccolo vantaggio è che così ognuno di noi può vederseli quando e come vuole. Da questo prospettiva sicuramente Non mi uccidere diventa un’occasione persa per far nascere l’amore fra due adolescenti in una stanza buia, ma allo stesso tempo io non ho provato vergogna nel pronunciare il titolo del film dopo una lunga coda al botteghino. Sì, mi manca il gusto dei popcorn e il maxischermo, ma rimedierò al più presto mettendomi una mascherina sul volto per rivivere il Cinema analogicamente con Nomadland.

Nell’attesa di questo evento ho visto un po’ di tutto (se siete proprio curiosi ecco qui) e così anche questo horrorzombievampiriamoreitaliano è finito, forse a sorpresa, nella mia watchlist.
A livello di regia, fotografia e prova attoriale Non mi uccidere non è così male, tutti seguono le direttive portando meritatamente a casa la pagnotta. In questo marasma di sottotrame, sangue, violenza varia s’intravede anche uno Spadino con i capelli viola, che dovrebbe essere stronzo, ma fa quasi tenerezza.
Fare una sintesi di quella che è la storia, evitando spoiler non è facile e per adesso nell’esatto momento in cui sto scrivendo, non potete neanche cercarla su Wikipedia, (dimenticanza o zerosbatta di metterla) però in pratica Mirta è innamorata del Pattinson italiano e decide insieme a lui di farsi un overdose fatale di collirio.
Lei convinta da una frase da novelli Romeo e Giulietta versione generazione Z come: “Non ci può fermare neanche la morte ritorneremo,” si versa questa strana sostanza negli occhi prima di risvegliarsi pallida dentro una bara.
Qui Andrea De Sica, regista anche di Baby, inizia a giocare su due piani temporali: vitanormale e postmorte. L’errore, dovuto comunque al fatto che la sceneggiatura derivi dall’omonima saga pubblicata da Chiara Palazzolo e quindi il film deve procedere verso certi orizzonti creativi utili a produrre un assuefazione nello spettatore che si guarda tutti i film solo per vedere finire la storia, anche se magari manco gli piace del tutto.
Il punto di rottura arriva con la presenza di Sara, anche lei nasconde una storia simile a quelle di Mirta, ma con la consapevolezza di cosa le sta succedendo e contro chi bisogna lottare. Infatti questa cospirazione tra non morti cattivi e morti buoni sposta tutto verso un filone fantasy.
In più, queste due donne hanno anche una missione sociale che consiste nel punire e mangiare il sangue di uomini violenti e stupratori ripieni di mascolinità tossica. Insomma potremmo definirle delle perfette vampire femministe
L’action movie in versione vendetta stona con il pretesto amoroso che vive più nel trailer che nel film stesso. Mirta innamorata del Pattinson italiano si rivela quindi solo uno specchio per le allodole per catturare più fan possibili di Twilight (Che forse non è un pregio).
Peccato, perché era molto interessante la messa in scena di questo amore maledetto tra i due, che assume addirittura una visione quasi Baudelariana e decadentista.
Un esempio sono le due scene di sesso tra i due: da vivi l’atto in se è fragile, vive di paure miste a dolcezza, è una prima volta ingenua e pudica. Dopo viene esaltata in maniera feroce e animale, evidenziando il fatto che i corpi non appartengono più a due persone, ma si trasfigurano in quelli di due mostri.
Questo paragone poteva essere utilizzato in un contesto sociologico e di denuncia contro la società moderna e i giovani di oggi quando, loro malgrado, sono costretti a scegliere di cadere nel tunnel della droga per scappare dalla loro realtà quotidiana. Forse sarebbe stato più interessante vedere Alice Pagani e Rocco Fasano in un contesto di difficoltà generazionali più che in un fantasy posticcio e retorico.
Sì, Non mi uccidere aveva le potenzialità per diventare uno di quei cult underground che molti di noi amano tanto, invece si è scelto di renderlo qualcosa di più appetibile a un gruppo di liceali che vuole fare un po’ di casino.
Il problema è che alla fine a questi non morti serviva solo il vaccino per potere uscire al cinema e nutrirsi del cuore e delle speranze di rimorchiare dei giovani, invece che rimanere rinchiusi nei DPCM dello streaming.