
Nowhere Boy, “la chitarra va bene, John, ma non ti darà certo da vivere”
Io amo i Beatles, ormai lo sanno tutti: sono la colonna sonora di ogni mio stato d’animo, i miei psicoterapeuti, gli amici che vorrei, l’ennesima conferma di essere nata nell’epoca sbagliata.
Ogni compleanno beatlesiano è segnato religiosamente sul calendario, a tema beatlesiano anche quello – ragazzi, so di essere insana mentalmente – e sulla casella del 9 ottobre spicca la dicitura «Happy birthday John!».
Per celebrare il genetliaco del cofondatore della band per antonomasia, voglio quindi recensire un piccolo, poco noto ma ottimo film, Nowhere Boy (2009), diretto dalla regista Sam Taylor-Wood (ora Johnson – sì, protagonista e regista si sono sposati).
Liverpool, 1956: John Lennon/Aaron Taylor-Johnson, sedicenne, è cresciuto con gli zii e quasi non conosce i veri genitori.
Irrequieto, studente svogliato e ribelle, inizia ad appassionarsi al rock ‘n roll, contro il parere di zia Mimi/Kristin Scott-Thomas, che considera questa passione l’ennesima scusa per bigiare la scuola.
A incoraggiare l’inclinazione musicale del ragazzo interviene la madre biologica, finalmente ritrovata, Julia/Anne-Marie Duff, che gli insegna a suonare il banjo, sostituito poi da una vera chitarra regalatagli dalla zia, in competizione con la sorella.
John forma quindi una sua band con i compagni di scuola, The Quarrymen, di cui è il leader indiscusso: nel luglio 1957 si unisce a loro un chitarrista molto promettente, Paul McCartney/Thomas Brodie-Sangster, con cui John stringe un fortissimo rapporto di amicizia e competizione.
Mentre crescono l’amore per la musica e il desiderio di scappare da Liverpool, nella mente del tormentato ragazzo si affollano domande e dubbi: dov’è il padre? Perché Julia, pur abitando a pochi isolati di distanza con un altro uomo e due figlie, l’ha affidato alla sorella?
La necessità di una risposta porterà John a confrontarsi con le due donne più importanti della sua vita, andando ad indagare sui complicati rapporti familiari, mentre i Quarrymen si preparano a diventare la band più famosa al mondo.
Il rischio che la regista ha corso con Nowhere Boy è notevole: se già il biopic come genere – non mi stancherò mai di ripeterlo – può degenerare nell’agiografia, un film su John Lennon, personaggio assurto a modello di virtù, è una tentazione fortissima per i fanatici.
Taylor-Wood invece aggira l’ostacolo portando alla luce alcuni aspetti della vita e della personalità del cantante che – si tappino le orecchie i Lennoniani della prima ora – gli tolgono l’aureola dalla testa: John Lennon era collerico e aggressivo.
In Nowhere Boy è un adolescente confuso, cresciuto in un ambiente familiare quantomeno strano, per non dire disfunzionale: ma toglietevi dalla testa che il John Lennon adulto fosse molto diverso dal teenager tormentato del film solo perché ha scritto Imagine.
Un teenager che sfoga il suo dolore votandosi al rock, una musica dura, forte che porta scompiglio nell’ordinata quotidianità degli scousers (n.d.t. “abitanti di Liverpool”) e nella famiglia di John, che deve dimostrare alla severissima zia Mimi come non sia un’infatuazione passeggera ma un progetto di vita.
«La chitarra va bene, John, ma non ti darà certo da vivere» dice Mimi, interpretata da una magnifica Kristin Scott-Thomas (Il paziente inglese), apparentemente inaccessibile come doveva essere la vera zia Mimi: una donna dura, dai forti principi che, nonostante il carattere difficile, è un punto fermo per il fragile nipote.
Da un lato la severità della zia, dall’altro l’adorabile frivolezza di Julia: un’ottima Anne-Marie Duff impersona la madre immatura, tenuta a distanza da lui per le sue scelte di vita non proprio ortodosse, la quale, con il suo anticonformismo, è per il figlio una boccata d’aria fresca.
Entrambe contribuiscono, seppure in modo diverso e spesso contrastante, alla formazione del Lennon uomo e musicista, che il fin troppo bello – ma non ce ne lamentiamo – Taylor-Johnson (Golden Globe per Animali notturni) porta sullo schermo in modo convincente, mettendone in risalto debolezze e contraddizioni.
Il giovane attore, qui al suo primo ruolo importante, dimostra anche una notevole capacità canora, specialmente nel brano di chiusura In Spite of All The Danger, che vi farà lacrimare come vitelli.
Estremamente ben rappresentato in Nowhere Boy il rapporto Lennon – McCartney, il cui sodalizio artistico ed umano è intessuto di liti per la supremazia, di ammirazione reciproca e di canzoni memorabili.
Thomas Brodie-Sangster (Love Actually), oltreché fisicamente somigliante al mio adorato Paolino – però perdonami Thomas, non sei così bello come l’originale – canta molto bene e soprattutto impara a suonare la chitarra con la mano sinistra, essendo il Macca notoriamente mancino.
Compare anche George Harrison/Sam Bell, al quale però non è dato molto spazio: povero George, sempre nell’ombra mentre quelle due primedonne si godono applausi e popolarità..
Note:
- Nella scena d’apertura John corre e inciampa; si tratta di una citazione del film A Hard Day’s Night, in cui i Beatles scappano dalle loro ammiratrici, solo che lì a cadere è George.
- In Nowhere Boy la parola “Beatles” non viene mai pronunciata.