Uno degli attori più iconici degli anni Novanta, mai giustamente celebrato: a tu per tu con Sam Neill.
Poca notorietà, Nuova Zelanda e spiedi.
“Aaaah, quello di Jurassic Park! E potevi dircelo subito”.
Sì, inutile che vi nascondete, so che l’avete pensato, in fondo perché per quale ragione bisognerebbe aver presente Sam Neill? Forse perché ha girato alcuni dei film più iconici degli ultimi trent’anni? Forse perché ha lavorato con fior fior di registi? Forse perché Sam Neill apre il culo a tutti gli attoruncoli pompati che infestano le pagine dei rotocalchi solo perché si sono messi la tutina aderente e policroma di un qualche supereroe delle palle?
Per queste e molte altre ragioni, ovviamente.
Chi è Sam Neill? Cominciamo col dire che è neozelandese e Nuova Zelanda, dalle parti di casa mia, è sinonimo di Signore degli Anelli. Ok. Sam Neill non c’entra un Fangorn con la trilogia di Peter Jackson – ne conveniamo – è figo però immaginare due personaggi del genere che vagano per queste terre selvagge e incontaminate, quelle stesse terre che a scuola ci dicevano fossero agli antipodi. La solita vecchia storia del “se-trapassi-un-mappamondo-con-uno spillone-puntandolo-in Italia-dall’altra-parte-fuoriesce-in-Nuova-Zelanda”. Che poi perché dovresti spiedinare un mappamondo me lo son sempre chiesto. Pace.
Gli esordi tra canguri, Chabrol e La Fayette.
Laureato in Letteratura inglese, attore teatrale, al cinema approda tardi – ormai trentenne – rimanendo nel ben ristretto pertugio cinematografico odoroso di canguro della natia Oceania. Sì, quel continente che voi chiamate Australia in realtà all’anagrafe figura come Oceania, benvenuti su Geo&Geo.
Dopo parecchie produzioni di basso profilo e titoli di caratura minore, Neill riesce a lavorare con un grande regista come Claude Chabrol, uno dei padri fondatori della Nouvelle Vague, e lo fa insieme a Jodie Foster ne Il sangue degli altri, un dramma sentimentale tratto da un romanzo di Simone de Beauvoir sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. una robina leggera leggera per quando volete addormentare il cervello, insomma.
Uno dei suoi primi contatti con produzioni europee è la strepitosa miniserie kolossal La révolution française, un mega filmone di sei ore splittato in due parti da tre ore l’una, che ripercorre fedelmente gli eventi storici descritti dal titolo. Il tipico prodotto sul quale i professori di Storia si toccano nelle loro notti solitarie e che ripropongono volentieri agli alunni. Ricordate il caro vecchio cigolio del mobiletto per la tv della scuola? La révolution française è una di quelle opere da televisione con le rotelle.
Sam Neill qui interpreta il marchese de La Fayette, uno dei protagonisti della vicenda storica, riuscendo nel difficile compito di risultare incisivo, credibile e intenso anche se il suo non è di certo uno dei personaggi principali.
Un boom Giurassico
Nel 1990, diretto da John McTiernan, recita al fianco di Sean Connery in un gran cult come Caccia a ottobre rosso, interpretando il capitano Vasily Borodin, personaggio perfetto per l’attore neozelandese che lo caratterizza al meglio sfruttando la sua espressione arcigna e i suoi occhi di falco.
Come è noto però, il vero e proprio boom per la carriera di Sam Neill è ovviamente il Jurassic Park di Steven Spielberg, che nel 1993 arriva a scompaginare del tutto i limiti di ciò che sembrava possibile vedere sul grande schermo.
Uscito dalla penna di Michael Crichton, Sam Neill prende per la prima volta i panni del paleontologo Alan Grant, responsabile, suo malgrado, della sopravvivenza all’interno del parco dei nipoti di John Hammond, magnate e filantropo finanziatore del Jurassic Park. Il personaggio sembra cucito su misura per Neill, che riesce a incarnare il prototipo del professore che se la cava in ogni situazione, sfruttando le sue conoscenze e la sua esperienza in materia di dinosauri.
Il successo del capolavoro di Spielberg fa finalmente rilucere l’astro dell’attore neozelandese che si sgancia da produzioni di serie B e da ruoli di gregario, candidandosi a parti importanti, dimostrando di saper reggere benissimo la scena.
Il seme della follia (1994) e Merlino (1998)
Gli anni Novanta si confermano il decennio in cui Neill riesce dunque ad accaparrarsi i ruoli migliori e per i quali rimarrà più impresso nell’immaginario comune. Chiamato da nientepopodimeno che John Carpenter, Neill interpreta John Trent, un arcigno e pragmatico investigatore privato, protagonista del suo capolavoro, intitolato Il seme della follia.
Diretto da un regista eccelso come Carpenter qui l’attore neozelandese dà, a mio avviso, la prova migliore della sua carriera. Intenso, ma allo stesso tempo grigio, asettico e impersonale, riesce a restituire alla perfezione la psicologia di un personaggio che si trova ad avere a che fare con l’oscuro e disturbante caso della scomparsa di Sutter Cane, l’autore horror del momento sparito nel nulla.
A questo punto, dopo essersi messo nel curriculum due capolavori come Jurassic Park e Il seme della follia sarebbe lecito aspettarsi che la carriera di Neill decollasse definitivamente, ma in realtà – forse complice la sua ormai non più giovanissima età – così non è. Forse un po’ snobbato, forse non in grado di assicurare una presenza scenica paragonabile a quella di attori del calibro di Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Johnny Depp (che spopolano in quel periodo) l’attore si presta anche a opere minori, ma non per questo meno memorabili come il leggendario (leggendario per chi vi parla, ovviamente) Merlino, miniserie televisiva datata 1998 e firmata da tale Steve Barron.
Avete presente il tragicomico ciclo Fantastica Avventura che infestava le domeniche pomeriggio della programmazione Mediaset? So che lo ricordate molto bene. Il Merlino di cui stiamo parlando è il principe di questi filmacci posticci, realizzati con mezzi risibili e spesso scopiazzature di blockbuster ben più famosi.
Neill interpreta il leggendario mago, subendo ringiovanimenti e invecchiamenti a base di computer grafica maffa, barbe finte e parrucche improbabili. Il prodotto però, soprattutto per un target infantile, è godibilissimo, ben narrato e reinterpreta la materia arturiana in chiave originale e tutto sommato valida.
Ultime battute
Gli anni Novanta volgono al termine e anche i ruoli per Sam Neill cominciano a latitare. Uno degli ultimi grandi colpi battuti dall’attore è rappresentato dal capolavoro fantascientifico L’uomo bicentenario, firmato dal grande Chris Columbus (ultimo film del regista prima che desse il via alle danze con la saga di Harry Potter). Neill qui interpreta il capofamiglia Richard Martin che acquista Andrew, robot positronico interpretato dal compianto Robin Williams, cambiando definitivamente la vita quotidiana della sua famiglia.
Anche questa volta il suo personaggio è caratterizzato da un’intensità e al contempo di uno stile che solo un grande attore come Sam Neill sarebbe riuscito a rendere sullo schermo. Dopo L’uomo bicentenario, se scorriamo la sua filmografia, scopriremo il ritorno fuori tempo massimo nei panni di Alan Grant nel dimenticabilissimo Jurassic Park III. L’operazione però stavolta puzza di minestra riscaldata e dopo il terzo capitolo della saga sul parco a tema dinosauri, la filmografia di Neill si riempie di una costellazione di film minori, produzioni di serie B che costringono l’attore neozelandese all’anonimato, un anonimato non meritato, soprattutto per uno dei tanti attori – come Robin Williams – che si sono resi protagonisti di alcuni dei film costitutivi della nostra infanzia.
Al di là di un paio di sussulti televisivi, rappresentati da Peaky Blinders e l’ultima trasposizione di Dieci piccoli indiani (And then there were none) a opera della britannica BBC, l’astro di Sam Neill pare essere sorto troppo tardi ed essersi offuscato troppo presto, lasciando più di un rammarico per un viso noto, ma che avrebbe potuto esserlo molto di più.
L’augurio è di rivederlo presto sul grande schermo per un progetto nuovo, ambizioso e originale, con a capo un regista esperto e capace che sappia valorizzarlo al meglio…
Ah… quindi apparirà in Thor: Ragnarok, diretto da tale Taika Waititi. Capisco. Magari non ditemele certe cose.