Film

Ogni maledetta domenica – Guerra e Football

Pochi in Europa comprendono veramente quale sia la portata della National Football League. Specialmente noi italiani, abituati a crogiolarci nell’idea che nel mondo dello sport ci sia prima il calcio, e poi, forse, il resto.

Beh, cazzate.

Perché l’NFL è, semplicemente, il più grande affare sportivo del pianeta. Fra sponsor, pubblicità e tutto il resto, la montagna di soldi che gira intorno al mondo del football americano potrebbe probabilmente estinguere il debito pubblico di una mezza dozzina di nazioni.

Il football è uno dei più grandi simboli globali dell’americanità, e in U.S.A. ci vanno fuori di testa per un semplice motivo: ha tutto quello che un americano doc può desiderare. C’è l’obiettivo militaristico della conquista del territorio, c’è la violenza, c’è l’annichilimento fisico e psicologico dell’avversario/nemico, c’è il cameratismo, c’è celodurismo a stelle e strisce.

In una parola: c’è la guerra. Che è tipo il giochino preferito di ogni americano che si rispetti.

Ora, mettete insieme tutti questi elementi, ed ecco che vi farete un’idea di quante storie frullino in quell’immenso calderone di emozioni che è la NFL.

Da bravo fan sfegatato di football qual è, questo Oliver Stone lo sa bene. Ed è da queste basi che, nel 1999, scrive e dirige quello che è uno dei suoi film più famosi e apprezzati, specialmente negli States: Any Given Sunday. Per noi italici, Ogni maledetta domenica.

Stone decide di girare un’autentica antologia del Football americano seguendo la travagliata stagione dei fittizi Miami Sharks, un tempo gloriosi e vincenti, ora diventata i cugini sfigati dei ben più vincenti Miami Dolphins (quelli di Dan Marino e di Fiocco di neve, per intenderci).

L’obiettivo è ricreare nei dettagli quello che il microcosmo di una squadra di football professionistica, in questo caso gli Sharks. Ed è proprio grazie alla sua sceneggiatura e al suo talento con la macchina da presa che Stone riesce nel suo intento.

Grazie a dei dialoghi brillanti e ad una una gestione chirurgica dei tempi e del minutaggio, che permette a tutti i personaggi e alle loro storie di acquisire rilevanza all’interno del quadro generale, Ogni maledetta domenica riesce nella difficile impresa di fornire allo spettatore un’esperienza a 360° su cosa significhi far parte di una società professionistica di Football. L’allenatore, la dirigenza, i giocatori, i medici, tutti coloro che vivono e popolano questo mondo hanno il loro spazio e la loro importanza.

Stone ci offre una visione completa della gloria, del lusso sfrenato e degli eccessi che caratterizzano la vita delle star del football, ma allo stesso tempo si sofferma anche sul dolore, sulla sofferenza per un infortunio, e sul pericolo che i giocatori devono affrontare ogni maledetta domenica.

E quando c’è da riprendere il gioco, Stone è perfetto. Le partite di football valgono da sole la visione del film. Con una regia frenetica, folle e attenta ad ogni minimo dettaglio Ogni maledetta domenica ci porta nel bel mezzo della mischia. Dove il football diventa metafora di una guerra in cui ogni partita esige il suo tributo di sangue e violenza,

Ma non ci si sono solo i giocatori al centro della storia. Ogni maledetta domenica si concentra approfonditamente anche sulle dinamiche societarie e politiche che ruotano attorno ad una franchigia importante come quella di Miami.

Il protagonista principale del film è infatti Tony D’Amato (Al Pacino), storico allenatore degli Sharks, con i quali in trent’anni di carriera ha vissuto un lungo periodo di gloria e di vittorie. Tuttavia, dopo anni di sconfitte e nel bel mezzo di una stagione deludente, Tony dovrà scontrarsi con la giovane presidentessa Christina Pagnacci (Cameron Diaz), convinta che il vecchio allenatore sia ormai, essenzialmente, da rottamare.

In tutto ciò, Tony dovrà cercare di portare la squadra almeno ai play-off, cercando di gestire la turbolenta esplosione di un giovane quarterback Willie Beamen (Jamie Foxx), che da riserva semisconosciuta si ritroverà ad essere il nuovo top player della squadra. Diventando una sorta di fratello idiota ed arrogante di Balotelli.

L’orchestra di storie e di personaggi creata da Stone è però così efficace e memorabile principalmente grazie ad un cast che trasuda talento e carisma da tutti i pori. 

Al Pacino si conferma uno dei migliori attori di tutti i tempi. Il suo Tony D’Amato è davvero indimenticabile. Così carismatico, ma allo stesso tempo così malinconico. E il suo discorso alla squadra nello spogliatoio rimane uno dei monologhi più famosi della storia del cinema, nonché autentico cult nel mondo dello sport (per fare un esempio, Adriano Galliani pretendeva che fosse fatto vedere ai giocatori del Milan ogni volta che dovevano affrontare una partita importante).

Cameron Diaz sfodera quella che è sicuramente una delle migliori prove della sua carriera. E poi ragazzi, figa come in questo film lo è stata raramente. Se la cava alla grande anche un giovane Jaime Foxx, al suo primo vero ruolo da protagonista. Il resto del roster è poi la fiera della faccia nota: James Woods, medico degli Sharks, John C. McGinley (per chi non lo sapesse, il dottor Cox di Scrubs) giornalista sportivo dai modi puramente americani, Aarok Eckhart, vice allenatore degli Sharks.

Merita poi una menzione particolare la prova di Dennis Quaid, chiamato ad interpretare Cap Rooney, la vecchia leggenda degli Sharks insidiata dall’età e dagli infortuni. Nonostante il minutaggio estremamente ridotto, Quaid riesce a regalare uno spessore memorabile al suo personaggio, che risulta essere uno dei meglio caratterizzati di tutto il film.

Ogni maledetta domenica rimane a mio avviso uno dei film più interessanti degli anni Novanta. Un autentico must per tutti gli amanti dello sport, e perfetta sintesi di ciò che rappresenta il football americano negli Stati Uniti. Un film che, nonostante le sue due ore e mezza di durata, vola via che è un piacere, e che è sempre un piacere andare a rivedere.

In particolare, è sempre un piacere rivedere Cameron Diaz.

Mi dispiace, ma di sue foto decenti non ne ho trovate, quindi dovete guardarvi il film. Tiè.

Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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