
Assassinio sull’Orient Express: un inizio in grande stile per un nuovo ciclo cinematografico
Disperatamente in cerca di riposo, il grande investigatore Poirot dovrà abbandonare il suo amato Dickens e metter nuovamente a lavoro le sue “cellule grigie” solo per venir di nuovo catapultato in una nuova avventura
1. UNA BELLA STRAGE DI ELEFANTI
Prima di parlare della nuova trasposizione del romanzo della Christie, ci vediamo costretti a vestire per un momento i panni di cacciatori di grosse bestie. Elefanti, per esser precisi. Il “passo 0” del nostro discorso consisterà nell’eliminare dalla stanza qualche elefante entratovi inopinatamente, mano a mano che immagini promozionali e trailer venivano diffusi. Chi non ha questo genere di problema, potrà passare direttamente alla sezione successiva.
Elefante numero 1: gli enormi baffi sul volto di Poirot. Chi ha letto Orient Express si ricorderà del momento in cui Mary Debenham nota due uomini che parlottano in francese, in particolare un ometto con dei baffi enormi. Non si poteva non render omaggio ai baffi “più magnifici d’Inghilterra“.
Elefante numero 2: una colonna sonora ricca di musica moderna e canzoni pop contemporanee. Chi scrive, e chiunque abbia visto il film, vi può assicurare che niente di tutto questo è passato dal trailer nel film.
Elefante numero 3: nonostante i trailer mostrino delle scene di azione, il film mantiene il suo focus sull’indagine di Poirot, senza perdersi in incessanti scene di combattimento, di sparatorie o di inseguimenti. La pellicola intende modernizzare la storia che racconta, ma non lo fa con questi mezzi.

E arriviamo all’ultimo elefante. Sebbene per molti sia impossibile, è caldamente consigliato tenere da parte il classico di Sidney Lumet con Albert Finney. Siamo di fronte ad una nuova lettura del romanzo di Orient Express, non a un remake del classico del 1974. Questo nuovo film lascia rispettosamente “in pace” il suo illustre predecessore, percorrendo una nuova strada. Gli adattamenti di Lumet e di Branagh sono due film molto diversi tra loro che, prendendosi ognuno le proprie (e infinite) libertà dall’opera di partenza, raccontano in due modi molto diversi l’indagine di Poirot. Mettere a confronto due visioni così distanti non è corretto: ognuna va giudicata nella sua singolarità.
Detto questo, cominciamo senz’altro.
2. UN’INCHIESTA INASPETTATA E RICCA DI SORPRESE

Sul celebre treno Orient Express, un uomo viene trovato brutalmente ucciso da dodici pugnalate. Il noto detective belga Hercule Poirot si occupa della risoluzione del caso. Concludendo che le circostanze non avrebbero permesso all’assassino la fuga né dalla carrozza né, tantomeno, dal treno, ognuno dei passeggeri del vagone per Calais, dove il delitto ha avuto luogo, finisce nella lista dei sospettati. Chi di questi sarà il responsabile dell’omicidio?
Questo sembrerebbe il presupposto di un ordinario intreccio giallo, con omicidio, inchiesta e soluzione. Ma si dà il caso che Assassinio sull’Orient Express nasconda più di quel che sembra promettere dalle premesse. Ricco di incredibili sorprese, con dinamiche emotive e scelte morali molto forti e con una soluzione, come sempre con Mrs. Christie, completamente inaspettata, non deve stupire se questo venga considerato uno dei libri più amati della serie legata a Poirot, nonché uno dei più conosciuti ai più, persino a chi non ha avuto modo di leggerlo né di vedere una delle sue innumerevoli trasposizioni.
Ma lo spettatore moderno può ancora cadere nell’ingegnoso gioco di Agatha Christie, rimanendo attonito di fronte agli sviluppi della vicenda e al suo finale? Probabilmente questo è stato il quesito che ha guidato Micheal Green, sceneggiatore, e Kenneth Branagh, regista e interprete di Poirot, nella loro trasposizione.

Gli autori del film hanno, infatti, provveduto ad apportare enormi contributi alla storia, arricchendola in modo eccezionale. Il film possiede un antefatto e un epilogo totalmente assenti nel romanzo. Momenti in grado di prendere alla sprovvista anche i conoscitori più agguerriti, facendo percorrere alla vicenda sentieri inaspettati. Alle svolte del romanzo vengono aggiunti ulteriori intrighi ed elementi che hanno lo scopo di tener viva la tensione in ogni singolo spettatore. Per ottenere tutto questo, sceneggiatore e regista si affidano all’approfondimento di alcuni aspetti presenti nel romanzo.
Uno di essi è, per esempio, la tematica del razzismo: poco più di una presa in giro nel libro, vero e proprio elemento fondamentale nel film. Le difficoltà sociali legate ad un’etnia vengono sfruttate per delineare i trascorsi dei passeggeri e serviranno per offrirci diversi spunti di riflessione riguardo il rapporto tra individui di diversa nazionalità.
Anche il lavoro compiuto sui personaggi è notevole. Partendo da quello che era il carattere nel libro, ogni passeggero è stato oggetto di una ricostruzione psicologica (piccola o grande che sia) da parte degli autori, a volte arrivando a modificarne anche il passato, magari ponendo in rilievo una situazione già presente nel romanzo. Se un personaggio, ad esempio, ha costante bisogno di un barbiturico per poter dormire tranquillamente, nel film questi ne apparirà chiaramente dipendente. Con un cast come quello scelto per il film, gli autori non si devono certo preoccupare della resa dei loro personaggi “ristrutturati”: dall’austera Judi Dench al gelido Johnny Depp, dalla deliziosa Daisy Ridley al sofferente Derek Jacobi, ognuno degli attori porta a compimento il proprio lavoro con inaspettata bravura, non mancando di regalare alla visione momenti davvero potenti e toccanti.

Sorvolando su aspetti che magari potrebbero incontrare poco favore tra gli appassionati del detective, come l’improvvisa scomparsa della sua artrosi che consente al belga perfino di reagire ad una minaccia armata, possiamo senz’altro affermare che Branagh svolge un lavoro davvero impeccabile col suo investigatore. Non solo costruisce egregiamente il suo personaggio, studiando il modo di rendere perfino la sua natura più stilizzata (trovando nel linguaggio e nelle movenze caricaturali degli omini di Tintin la sua principale fonte d’ispirazione), ma arriva a fabbricare al suo Poirot un passato, infondendogli una ricca dose di umanità.

Contemporaneamente l’altro Branagh, quello seduto dietro la macchina da presa, riesce a creare una forte empatia col suo detective belga: in questa inchiesta il pubblico assiste agli scambi di idee con l’amico Bouc seguendo, insolitamente, anche le connessioni e i ragionamenti compiuti da Poirot, percorrendo il suo cammino verso la soluzione fianco a fianco con lui e con le sue cellule grigie. Questo è un altro aspetto che potrebbe far stizzire gli appassionati della storia originale, nella quale l’investigatore non faceva partecipe il pubblico della propria conclusione, almeno fino alla consueta spiegazione finale.
3. L’ARAZZO DI BRANAGH
Come sempre con Branagh, l’ambizione e la cura dietro al progetto è elevata. Come il suo Poirot, il regista fa molta attenzione a come e dove calare i propri soggetti per far sì che essi possano esprimersi al meglio. Ad esempio nel suo Hamlet, Elsinore (più simile ad una scatola rompicapo che ad una reggia) rispecchia perfettamente l’impianto labirintico ed effimero dell’intreccio della tragedia shakespeariana.

Anche in questo Assassinio sull’Orient Express l’ambientazione rispecchia lo stato d’animo di prigionia e precarietà insito nei passeggeri, con un treno non solo bloccato dalla neve, ma anche fermo su un ponte di legno sospeso nel vuoto.
Come dichiarato nelle interviste, dietro alla costruzione di scenografia e costumi di questa produzione, si cela un enorme studio condotto dai responsabili dei rispettivi reparti su bozzetti, modelli e manufatti d’epoca (per i costumi addirittura tessuti originali).
Ma in questo particolare frangente possiamo notare una cosa. A differenza di altre produzioni ad alto budget in cui Branagh si è ritrovato coinvolto (come il recente Cenerentola) e a differenza di altre produzioni hollywoodiane, in questo film si riesce ad instaurare un perfetto equilibrio tra i vari aspetti della produzione.
Una splendida scenografia non sovrasta una delicata e toccante colonna sonora, dei bei costumi non vengono messi in risalto rispetto agli attori che li indossano. La regia non si metterà mai troppo in mostra. Ma, cosa più importante, nessuno di questi elementi viene messo in rilievo rispetto alla storia. La narrazione è la cosa più importante e nulla la deve sopraffare. È così che ogni singolo aspetto sopracitato si mette a totale servizio della storia, dando il suo massimo contributo acciocché essa possa esprimersi e possa appassionare quanto più possibile.
Come in un arazzo, dietro ad una figura chiara e perfetta, c’è un intricato lavoro di fili e tessiture.
4. ENFIN, TIRIAMO LE CONCLUSIONI!
Assassinio sull’Orient Express è un film compatto, con un ritmo costante e sostenuto, messo insieme con devozione ed intelligenza, che ha come solo scopo quello di intrattenere il pubblico in una sala.
In un momento storico come questo, in cui la visione passa soprattutto attraverso i dispositivi elettronici portatili, Branagh richiama a gran voce il pubblico dentro la sala del cinema. Questo viene fatto con un film formato da curatissime e dettagliate inquadrature dal grandissimo respiro, sia esso estetico o temporale, azzardando perfino soluzioni visive insolite, come, ad esempio, una lunga, impersonale e fredda inquadratura fissa “da autopsia” per l’esame della scena del crimine. Nel boom delle serie tv e dei serial al Cinema, anche Branagh decide di tuffarsi nell’avventura della serie, gettando, con questo film, le basi per quella che sarà una saga cinematografica, definendo un proprio Poirot e introducendo quanto prima il pubblico alle sue nuove avventure.
Nelle interviste rilasciate il regista britannico ha assicurato che nel suo film si sarebbero trovate sorprese per tutti, anche per i conoscitori della storia. Si può dire che abbia tenuto fede alla parola data.