Mi avevano già a “pirati”: io quando ci sono di mezzo i pirati me magno tutto senza alcun senso critico o discernimento. È un universo narrativo che amo moltissimo e su cui divoro libri, saggi, audiovisivi come Galactus si divora i mondi. Per questo ho pigliato il prodotto “Our flag means death” a scatola chiusa, senza informarmi, e ingenuamente convinta di trovarmi davanti a un nuovo “Black Sails”.
Non avevo capito nulla.

L’universo è sì quello dell’epoca d’oro della pirateria settecentesca, e in protagonisti della serie sono due esponenti di spicco del “movimento”: Stede Bonnet, il pirata gentiluomo (interpretato da Rhys Darby, che ho amato follemente in “Flight of the Conchords”) e Barbanera (Taika Waititi, anche produttore esecutivo e regista di alcuni episodi della prima stagione). Il registro però è sideralmente lontano da “Black Sails”, andando ad abbracciare quel sottogenere di comicità piratesca surreale che affonda le radici nei punta e clicca LucasArts, e che fa decisamente provincia a sé.
Davanti alle disavventure dell’imbranatissimo Bonnet – che vuole diventare un pirata attirato solo dall’idea romantica della pirateria – è impossibile non pensare a un altro “aspirante” filibustiere illustre: il Guybrush Threepwood di Ron Gilbert.
Ci piacciono i pirati queer
“Our flag means death” strizza l’occhio in modo creativo e inaspettato all’universo dei fandom e alla slash fiction, andando a costruire (a botte di stereotipi romance) una storia d’amore tra i due protagonisti maschili. Il “pirata gentiluomo” e il sanguinario Barbanera, a dispetto dei loro mondi distanti, si attraggono e si completano, intrecciando in maniera intelligente i rispettivi archi narrativi.
La serie gioca a sovrapporre l’immaginario piratesco con quello queer, anche attraverso la costruzione di un personaggio come “Jim”: donna clandestina a bordo, camuffata da uomo e in cerca di vendetta (come nel più classico archetipo letterario marinaresco), interpretata da Vico Ortiz, attore portoricano non binario. O attraverso la messa in scena di altre relazioni omosessuali all’interno della ciurma: molto divertente quella instaurata da Lucius, lo scriba, con un compagno di navigazione.

Che vi posso dire… dal punto di vista tecnico i limiti ci sono. Gli esterni mediamente sono inguardabili: se siete alla ricerca di sontuosi orizzonti oceanici cercate altrove. È una serie comica divertente, ben scritta e ben costruita, con alcuni personaggi potenzialmente iconici.
Io sarò felice di vedere la seconda stagione. Se siete refrattari a questo genere di umorismo, evitatela serenamente perché è il suo punto di forza. Per tutti gli altri: viva i gattini sulle bandiere pirata. Ahr!