
Pallottole su Broadway: Shakespeare è un gangster!
Nell’ultimo periodo sto cercando di completare parecchie filmografie di registi con i quali sono cresciuto. Tra questi amatissimi registi non poteva certo mancare il mio migliore amico (anche se lui non lo sa) Woody Allen, regista del quale mi mancano davvero poche pellicole per poterlo spuntare definitivamente dalla lista dei registi esplorati e visti totalmente in ogni loro lavoro, nel bene e nel male, nella salute e nella malattia (sono ancora qui a domandarmi se To Rome With Love l’abbia girato davvero lui, Woody che è successo?). Partiamo dal presupposto che per il sottoscritto Allen è un regista che raramente ha sbagliato e anche quei film giudicati “minori” o “non alla sua altezza” oppure quelli definiti “…eh, ma non è più l’Allen di una volta” a me non sono mai dispiaciuti e riesco sempre a trovarci qualche cosa che mi emozioni (tranne To Rome With Love, quello davvero è indifendibile).
Tra le pellicole che però mancavano all’appello c’era Pallottole su Broadway, film del quale avevo spesso sentito parlare, con giudizi molto positivi sia dal pubblico che dalla critica (numerose candidature ai premi Oscar e una statuetta portata a casa da Dianne Wiest, tanto per dire); trovata finalmente l’occasione per vederlo, doveva assolutamente essere mio. Un film che lega la realtà del teatro con quella della criminalità gangster newyorkese. Ecco come è andata.
L’antefatto
New York, 1928: David (John Cusack truccato da Woody Allen con un po’ più di capelli, ma con le stesse fobie croniche) è un autore teatrale che dopo svariate musate riesce a convincere un produttore a realizzare il suo spettacolo tratto un testo inedito ed originale scritto da lui. Tutto sembra procedere per il meglio, gli attori sono motivati, le prove procedono bene e David può finalmente sperare in una sistemazione migliore per lui e la sua amata che non sia una vecchia e polverosa topaia. Un giorno però, un gangster esige che la sua tipa sia una delle attrici dello spettacolo e non si può certo dire di no a un gangster anche se la sua tipa non è poi così brava a recitare. Per controllare che tutto vada bene, il gangster fa vigilare la sua donna da un losco malvivente di nome Cheech, che assiste silenzioso ed annoiato a ogni sacrosanta prova; e così tutto si complica: David si innamora dell’attrice principale (e intanto la sua amata lo tradisce con il suo migliore amico, un classico) e il losco tipo che presenzia alle prove inizia ad intromettersi e a proporre cambiamenti consistenti sul testo teatrale ed ogni sua proposta è semplicemente geniale: Cheech è semplicemente il nuovo Shakespeare, in tutto e per tutto, ogni sua intuizione teatrale è un vero colpo di genio e lo spettacolo ha un clamoroso successo grazie alle sue idee (e pensare che quando non è impegnato a teatro il suo lavoro consiste nel freddare persone, ottimo).
Cosa fare quindi se il nuovo Shakespeare è un criminale? Poi il film prosegue ma sta a voi vedere che risolti tragicomici ha in serbo Allen per gli spettatori.
Geni si nasce o s’impara ad esserlo?
Quante volte abbiamo invidiato quel nostro compagno di classe che pur senza studiare (e soprattutto copiare) era capace di prendere voti che noi potevamo solo sognare in un’altra vita? Quel compagno che grazie al suo genio innato svolgeva con sicurezza i compiti di matematica e fisica senza aver aperto libro mentre noi che avevamo speso soldi in ripetizioni e tempo della nostra misera esistenza non eravamo in grado di fare neanche 2+2 (e avevamo pure il permesso di usare la calcolatrice, per dire).
Ecco, il senso del film si potrebbe riassumere il questa tragica e drammatica similitudine: David è un ottimo conoscitore del teatro e di tutte le tecniche necessarie per realizzare uno spettacolo dignitoso, è un uomo colto che sa come muoversi nel suo ambito ma gli manca una semplice cosa: il Genio. Cheech, il gangster, uccide persone e passa le sue giornate al pub a giocare a biliardo, non ha alcuna conoscenza riguardo la storia del teatro o di come posizionare una luce, una quinta o una scenografia ma ha il Genio: Cheech sa quale dialogo può far emozionare lo spettatore, ha il senso della narrativa nel sangue, della passione e della suspance, tutte cose che ha innate dentro di sé e che ha avuto modo di vivere sulla sua pelle nel suo essere gangster (come il mio compagno di banco che aveva innati tutti i teoremi matematici dentro di sé), mentre David è semplicemente un grande conoscitore della teoria e della forma ma nulla di più (come me, che ero a conoscenza di ogni tipo di strategia per copiare ma puntualmente fallivo). Insieme però David e Cheech riescono a creare un vero capolavoro teatrale (io e il mio compagno di banco, insieme, prendevamo 9 lui e 4 io, qualcosa non funzionava proprio bene).
La domanda del film è quindi: geni si nasce o si diventa? Tra le varie tematiche trattate da Allen nei suoi film, questa mi è sembrata molto interessante (come la classica “vale più il Talento o la Fortuna” del film Match Point), soprattutto per via dell’espediente narrativo che utilizza e l’ambientazione teatrale newyorkese degli anni ’20. Quando si parla di ricostruzione storiche, Woody Allen è semplicemente un maestro, così come la scelta di girare con uno stile teatrale con inquadrature statiche e molto lunghe nella durata senza molti tagli di montaggio (che è un po’ lo stile classico di Allen ma faceva figo far vedere che ci ho fatto caso). Il film mostra poi il nostro Cheech sempre più interessato all’esito positivo dello spettacolo che giorno dopo giorno diventa sempre più suo che di David. Cheech è disposto a tutto pur di realizzare quello che ormai è il suo capolavoro teatrale ed è qui che il film entra nella sua dimensione tragicomica.
Woody Allen ha girato davvero molti film, tra alti e bassi, tra capolavori e buone produzioni; credo che questo suo Pallottole su Broadway sia sicuramente tra i più belli ed interessanti della sua filmografia e che in definitiva, siamo un po’ tutti il personaggio di David e sotto sotto sogniamo solo di essere un po’ più Cheech.