
Pan: viaggio verso un’altra Isola-che-non-c’è
Appurato il fatto che Peter Pan si trova in cima alla lista dei miei libri preferiti, voglio dire che apprezzo sia le reinterpretazioni che lo scavare nelle radici delle storie che tutti conosciamo e che possiamo definire “nostre” fin dall’infanzia. Nello specifico, per quanto riguarda le opere di James Matthew Barrie, amo (come molti) il capolavoro di Steven Spielberg Hook e adoro l’interessante manovra della serie tv Once upon a time, ma questa cosa che è Pan – viaggio verso l’Isolachenonc’è (sottotitolo superfluo, ma siamo italiani) è semplicemente inclassificabile… o per essere più chiari, mostruosa.
Quando uscì il primo trailer ammetto che mi venne la pelle d’oca: un prequel di Peter Pan?! Caaaazzuola e cemento! Dovevo correre a piantare una tenda di fronte al cinema! Nel 2011 Sky provò a fare una cosa simile con Neverland – la vera storia di Peter Pan, una miniserie in due puntate che ben presto si rivelò avere poco e niente da spacciare per vero. Questo prodotto invece dalle prime immagini prometteva benissimo, ma più nei promo venivano mostrate nuove scene, più perdevo la voglia di vederlo. Alla fine la curiosità mi ha fatto cedere ed ecco le mie povere parole in merito.
Come dicevo, è bello scavare nelle storie di personaggi delle fiabe… se parliamo poi di Peter Pan e cap. Uncino ancora di più, ma… pooorchetta e ribollita! Inventiamo dove c’è da inventare, non stravolgiamo completamente la storia perché ci siam dimenticati di toglierci le fette di prosciutto dagli occhi!
Leggendo il romanzo veniamo a sapere già diverse cose sul passato di Peter e Uncino, e da uno sceneggiatore che sa fare il suo mestiere mi aspetterei un ampliamento della storia partendo proprio da quelle basi. Ma no! Questo non è il caso di Pan.
!!!ATTENZIONE SPOILER!!!
La storia che conosciamo tutti è ambientata agli inizi del Novecento, questo invece sarebbe il prequel, eppure è ambientato nientepopodimeno che durante la 2° guerra mondiale.
Partiamo già alla grande…
Stando al libro, Peter Pan finisce all’Isolachenonc’è molto giovane, in fasce direi, e disprezza i suoi genitori. Nel film quando Peter arriva sull’Isolachenonc’è la prima volta ha 12 anni ed è un orfano che desidera ardentemente conoscere la madre.
Proseguiamo alla grandissima…
L’arrivo all’Isolachenonc’è, devo ammettere che è sempre qualcosa di emozionante. E anche questa volta è stata resa in modo speciale e del tutto originale: un’isola circondata da un mare di nuvole. Ma dopo pochi minuti mi son cadute di nuovo le baaaalestre. Motivo? Semplice! Perché i pirati devono cantare a cappella Smells like teen spirit dei Nirvana e Hey! Ho! Let’s go! dei Ramones?!? Non voglio contestare le canzoni di per sé, ma la scelta di far cantare canzoni scritte decenni più tardi con testi che non hanno connessioni con la trama.
Andiamo avanti. Viene raccontata un’interessante profezia che fa del nostro Peter erede diretto del principe delle fate. Peter ha il dono di volare ed è il prescelto destinato a tornare sulla sua terra natia per salvare tutto il popolo fatato dalla morsa dei pirati. Non si tratta sicuramente di una delle più originali storie mai scritte, ma l’animazione che viene utilizzata per raccontarla è molto d’effetto e ben fatta.
In assenza di Wendy c’era bisogno di inserire nella storia una nota dolce. Come si fa a non prendere in considerazione la principessa indiana Giglio Tigrato che nel romanzo trova spazio solo tra gli scogli della laguna delle sirene? Eppure in tutto il marasma non sapevo se era peggio il fatto che avessero scelto di presentarla come un’adulta o che l’amore sbocciasse tra lei e Uncino…
Arriviamo al grande assalto dei pirati all’accampamento indiano. Ora… va bene, visto il target del film, non mostrare scene troppo violente ai bambini in sala, ma sul serio gli indiani devono morire esplodendo in nuvole di polvere colorata?!? Alla fine della battaglia sembrava di essere in una delle scene splatter più famose di un Tarantino che aveva appena finito di fare una cavalcata su un unicorno fino alla fine dell’arcobaleno. Mo-struo-so!
Nella scena clou, ci troviamo di fronte a un muro oltre il quale si nasconde il regno delle fate. La serratura ha cinque buchetti ravvicinati e Peter, che fin dalla nascita porta al collo un ciondolo a forma di flauto di Pan, non sa proprio come aprirla. Ecco che in quel momento arriva cap. Barbanera che gli ricorda come è venuto al mondo…….. Tutti i riferimenti sessuali sono puramente casuali.
Pirati, fate, indiani e sirene c’erano, tutti i rimandi alla storia originale pure… peccato che è stato tutto incastrato male. Le cose interessanti, come per esempio il momento in cui Peter taglia la mano a Uncino e la getta al coccodrillo, non vengono mostrate!
Tra le cose che si salvano è da riconoscere un’ottima prova attoriale del giovane Levi Miller nei panni di Peter Pan e una colonna sonora decisamente buona di John Powell (che se andiamo a vedere la sua filmografia, non è di certo uno sprovveduto).
La fine?
Alla fine Peter, con un improponibile berretto degli alpini, torna a Londra per recuperare i restanti bambini dell’orfanotrofio e fare rotta verso l’Isolachenonc’è. Ma nonostante Edoardo Bennato ci rassicuri cantando…
Seconda stella a destra, questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino.
Non ti puoi sbagliare perché
quella è l’Isolachenonc’è.
… scopriamo che ci vuole poco per finire invece sulla…. prima stella a sinistra!
Abuso di polvere… di fata?