
Pelle: freak show nudo, rosa e sublime dei nostri giorni
Quando abitavo a Bologna, alla fermata del bus a pochi passi da casa mia c’era una delle scritte metropolitane più celebri della città:
Potrebbe essere questa la migliore descrizione per Pelle, il disturbante film d’esordio del ventiseienne (ciao, vado ad asciugarmi le lacrime con la pergamena della laurea) Eduardo Casanova, disponibile su Netflix per gli spettatori meno schizzinosi e impressionabili – se siete miei affezionati lettori, sapete benissimo che una descrizione del genere non mi si applica minimamente; eppure, per quanto non vi nascondo che sia stata un’esperienza molto sui generis, vi dirò che Pelle mi è piaciuto molto. Poi dai, a entusiasmarsi con le cose belle e mainstream sono capaci tutti.
A proposito di cose più o meno mainstream, a primo impatto vi direi che Pelle sembra una puntata di Black Mirror girata da Wes Anderson sotto allucinogeni molto potenti. L’estetica (l’estetizzazione, anzi) è quella: c’è simmetria, c’è un ordine e una cura dei dettagli impressionante, ci sono i primi piani, e soprattutto c’è il rosa, tanto rosa, che insieme al lilla è il colore dominante di tutto il film. Rosa come la pelle, rosa come molte etichette dei prodotti di bellezza, rosa come lo zucchero filato, la carta da parati a fiori, i vestiti delle bambole: tutte le cose più leziose che possiate immaginare (anche gli unicorni, ovvio) vengono ribaltate e rimodellate come inquietante scenografia di questo film che è l’ibrido perfetto tra horror, drammatico, commedia romantica e probabilmente un’infinità di altre cose.
Pelle schiaccia perfettamente uno dei nostri nervi più scoperti: il dramma dell’apparire, e dell’apparire diversi. La ricerca del difetto e dell’imperfezione condiziona la nostra vita perché ci fa guardare noi stessi con gli occhi degli altri. Solo dall’esterno si può essere definiti diversi, inadeguati, inaccettabili. Solo dall’esterno può arrivare l’idea che ogni cosa che si discosta dalla norma, qualsiasi norma, sia mostruosa. Il brutto anatroccolo non è triste perché è brutto: è triste perché si sente lo scarto dei cigni bianchi, imparagonabile a questi come a qualsiasi altro animale.
Mi hanno consigliato Pelle facendomi vedere come anteprima una scena super classica: lui e lei a cena, lei infastidita che dice a lui “tu stai con me solo per il mio fisico”; un cliché narrativo che non invoglierebbe poi tanto a proseguire la visione, se non fosse per un particolare: chi parla non è una bellezza statuaria, ma una donna con la metà del viso letteralmente sciolta, come gli orologi di Dalì.
Ed è solo la prima dei personaggi che compongono questo catalogo del disturbante, non molto diverso dai freak show dei circhi novecenteschi, che facevano della deformità, della malattia e dell’intersessualità l’oggetto di intrattenimento per folle sempre più ampie: in Pelle troviamo una ragazzina senza occhi, fatta prostituire fin da piccola da una grassa maitresse che riceve i clienti nuda; un’adolescente con l’apparato digerente invertito che si ritrova l’ano al posto della bocca e viceversa (lo so che vi è già venuto in mente tutto il meraviglioso campo semantico di “la faccia come il culo”, ma fidatevi, lasciatelo perdere); un ragazzo che sogna disperatamente una coda da sirena, al punto di volersi amputare quelle gambe che non riconosce come proprie. E poi ancora: pedofilia, feticismo, scene di sesso super grafiche, e un sacco di contenuti espliciti su tutto ciò che dal corpo può entrare e uscire. Pelle potrebbe essere benissimo l’altra faccia della medaglia di Manuale d’amore: personaggi diversi che intrecciano le loro piccole storie di sofferenza quotidiana, raccontate con leggerezza e umorismo, che strappano ora conati di vomito, ora risate nervose e liberatorie, ora qualche lacrima.
Potrei arrischiarmi a dire che Pelle è sublime nel senso romantico del termine: è l’orrendo che affascina, è la frustrazione e lo smarrimento di fronte all’inspiegabile, è la contemplazione del fenomeno spaventoso e pericoloso, è la mente che prende coscienza del proprio limite razionale, è l’esperienza emotiva del capire che esiste altro. L’effetto che fa Pelle, al di là dello schifo (sì, tralasciando tutta la filosofia, fa anche tanto tanto schifo), è proprio questo. Ci mette a nudo di fronte al sentimento del perturbante, ci rende come i nobili di quelle corti dove si coltivava il gusto per l’orrido e il piacere di soddisfare la vista con qualcosa di grottesco, ci fa sentire a disagio, perché mentre lo guardiamo riaffiora sempre di più una verità che vorremmo tanto nascondere a noi stessi e non riconoscere più come familiare: la nostra pelle, il nostro corpo, è allo stesso tempo il nostro involucro protettivo e la nostra prigione.
Ve lo consiglio? Non ve lo consiglio? Onestamente, non saprei che dirvi, se non questo: non è un film da popcorn e coca cola. Assicuratevi di essere digiuni da almeno tre ore, come per fare il bagno. Mangerete dopo, ammesso e non concesso che riusciate a guardare il cibo allo stesso modo. Comunque, vi rassicuro sul fatto che finisce bene – un bacio finale del genere non lo avete mai visto, e, con un po’ di fortuna, non lo rivedrete mai più.
Ehi, dico a te, dove pensi di scappare?
Ormai sei circondato dalla tua pelle.
Pelle sacra, pelle glabra,
l’unica pelle che hai, sotto le stelle.
A volte vorrei lasciarmi, ma non saprei con chi altro andare.
(Ex-Otago – La nostra pelle)