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Perché Breaking Bad e Death Note si somigliano un sacco?

Breaking Bad e Death Note: due capolavori tanto diversi, ma – sotto parecchi punti di vista – tanto simili. Venite a scoprire cosa lega queste due eccellenze.

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All’incirca sono passati tre anni e mezzo da quando Breaking Bad (qui c’è la mia sentitissima recensione) ha chiuso i battenti. Tre anni e mezzo e non sono ancora riuscito a trovare una serie che sia vagamente paragonabile a quell’immenso capolavoro. Oddio True Detective (prima stagione, sia chiaro!) mi ha deliziato, Black Mirror è un capolavoro, Stranger Things una lietissima sorpresa, Sherlock mi ha solluccherato, Il Trono di Spade è un’annuale iniezione di goduria, ma quel qualcosa in più che ha Breaking Bad non l’ho trovato da nessun’altra parte… o quasi. Ma andiamo per gradi.

Comincio con un grosso mea culpa, un grosso e doverosissimo mea culpa. Sì, perché se – in buona sostanza – scopri quel fenomeno dell’animazione giapponese chiamato Death Note solo nel 2017 (inoltrato!) allora meriteresti una cenetta a lume di candela con lo scudiscio, un rocambolesco tête-à-tête con lo scapaccione (o in alternativa col robusto zoccolo di mammà). Durante questi anni non so quante fette di prosciutto mi sia inconsapevolmente schiaffato sulle orecchie per non sentirne nemmeno parlare, sta di fatto che quando il resto della redazione (nazista) di questo sito (nazista) è venuto a sapere della mia mancanza mi è toccato farmi un giretto nel Boschetto della Vergogna. Sì, è stato orribile, grazie della vostra solidarietà. Veniamo a noi adesso.

Ok, trattatemi pure da pecorella stupidella, bullizzatemi, ma guardare Death Note non sapendone ASSOLUTAMENTE NIENTE è stata un’esperienza mistica che auguro a chiunque. I 37 episodi dell’anime sono volati via nel giro di pochissimi giorni, rivelandomi un mondo scritto e descritto in modo assolutamente divino da quei due mostri sacri di Tsugumi Oba e Takeshi Obata. Dio vi abbia in gloria. Come dicevo, guardare Death Note è stato come fare un bagno caldo nel brodo di giuggiole, interrotto, di tanto in tanto, da un piccolo tarlo che dava una rosicchiata lassù, dalle parti del mio cervelletto zuppo di shinigami e quaderni mortiferi. “Dov’è che ho già visto questa roba?” mi chiedevo, “Cos’è che mi ricorda tutto ciò?”.

A un certo punto l’abisso di nebbia si è dischiuso di fronte a me, rivelandomi l’origine di quel tarlo rosicone che disturbava la mia visione. Capii: gran parte dei meccanismi e delle tematiche di Death Note le avevo già godute durante la visione di Breaking Bad, tanto da aspettarmi che in un qualsiasi momento partisse questa…


AVVISO: D’ORA IN AVANTI CI SARANNO SPOILER A PROFUSIONE SIA PER QUANTO RIGUARDA DEATH NOTE CHE PER BREAKING BAD. PROSEGUITE SOLO SE SIETE VERAMENTE SICURI DI VOI STESSI.


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Le parabole: da Walt ad Heisenberg, da Light a Kira

Primo punto di contatto tra le due serie sono i due personaggi principali. Walter White e Light Yagami in un certo momento della loro vita vengono investiti da “un potere speciale” (il coraggio di diventare cuoco di metanfetamina per Walt, l’incontro casuale col Death Note per Light) che li costringerà a crearsi un’identità segreta: Heisenberg e Kira. Ecco, a mio modo di vedere sia Breaking Bad che Death Note sono in sostanza il racconto di due parabole umane tendenti alla malvagità e all’egoismo. Da bonario professore di chimica e studente modello, Walt e Light vengono a poco a poco consumati dalle loro seconda identità che ne rappresentano allo stesso tempo l’esatto contrario e la sublimazione.

Heisenberg e Kira sono tutto ciò che Walt e Light avrebbero potuto essere in potenza da tutta la vita, ma che non avevano mai avuto il coraggio di tirare fuori; il loro lato oscuro, perfido, cinico e geniale che nessuno dei loro famigliari aveva mai visto, e che proprio per questo li renderà insospettabili per parecchio tempo. Heisenberg e Kira sono due demoni sepolti nelle profondità di due esseri umani apparentemente buoni e incorruttibili, due elementi sani della società che – a un certo punto della loro esistenza – deviano verso una china tenebrosa.

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Ci sono da operare anche dei distinguo però: il lato oscuro di Walter White emerge molto più lentamente rispetto a quello di Light, senza contare che le motivazioni del professore interpretato da Bryan Cranston – almeno in partenza – sono nobili. Al contrario l’arrivo del Death Note e di Ryuk spalancano quasi immediatamente la porta segreta nel cuore di Light, che si “trasforma” in Kira nel giro di pochissimi giorni e con motivazioni molto meno “umane” di quelle di Walt. Il suo scopo è infatti quello di creare un mondo perfetto debellando il crimine e dove chi sbaglia paga con la vita. Una specie di Utopia, dunque, un sogno il cui prezzo è un bagno di sangue. Il Marco Travaglio Super Sayan God, insomma. Su, su, si scherza, si scherza…

Altra differenza riscontrabile tra i due è che, a un certo punto della storia, Walter cede all’avidità, non si accontenta più di lasciare i soldi alla sua famiglia, ma desidera unicamente diventare il numero uno, abbattendo tutti i nemici che – uno dopo l’altro – gli si parano di fronte: dai Salamanca a Gus Fring, dal Cartello alle bande di motociclisti nazi, da suo cognato Hank a Jesse Pinkman. Light al contrario non perde mai di vista il punto di arrivo, il mondo perfetto da lui sognato, e colpisce solo chi (secondo lui) se lo merita oppure chi cerca di opporglisi.

In entrambe le serie – come avrete ormai capito – è sostanzialmente impossibile parlare dunque di buoni e cattivi, protagonisti e antagonisti, eroi e villain, e forse sta proprio in questo il maggior elemento di interesse: non ti basta sapere chi prevarrà sull’altro, ma in che modo. La domanda che, almeno personalmente, mi ha spinto durante la visione è stata: fino a che punto Walt/Light sarà disposto a scendere a patti col demonio pur di raggiungere il suo scopo?


Familiari contro

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Sia Light che Walt, in quanto fuorilegge, hanno a che fare con poliziotti che indagano su di loro e – guarda caso – si tratta per entrambi di loro congiunti. Per quanto riguarda Walt a indagare sul caso Heisenberg è suo cognato Hank (che, involontariamente, gli ha mostrato quanto fosse redditizio cucinare meth); Light invece è tallonato dal suo stesso padre, Soichiro Yagami, sovrintendente della polizia giapponese e incaricato del caso Kira. Entrambi i malfattori sfruttano spesso e volentieri la vicinanza ai loro ignari avversari per carpire informazioni utili sull’indagine in corso e per mettersi al riparo da eventuali passi falsi.

Il fatto che a indagare su Walt/Light siano membri della loro famiglia è un altro motivo che spinge lo spettatore a bersi le due serie, aggiunge pathos, thrilling e fa affondare ancor di più il dito nella piaga: qual è il vero volto di Walter e Light? Quello che conoscono i famigliari, oppure quello che risponde al nome di Heisenberg o Kira? E, in quest’ultimo caso, quanto farà male scoprire la verità?

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Breaking Bad e Death Note, o di marionette e marionettisti

Sia Walt che Light sono personaggi memorabili soprattutto per le loro doti da marionettisti: grandissimi oratori, cinici, calcolatori, sanno usare alla perfezione le persone che li circondano giocando sulle loro debolezze e desideri nascosti. Sfruttando la logica, la loro capacità di mentire, prevedere le mosse altrui e sapendo cogliere le occasioni al volo, si trasformano in versioni criminali di quello che Machiavelli descriveva nel Principe. I novelli Cesare Borgia agiscono sempre col fine ultimo dell’utile personale, della loro causa, abbattendo ed elevando, uccidendo e salvando a loro totale discrezione.

I due personaggi che più spesso vengono manovrati dai due marionettisti sono Jesse Pinkman (Breaking Bad) e Misa Amane (Death Note), rispettivamente socio/ex-alunno di Walter e fidanzata/alleata di Light. I due, che non possiedono affatto la capacità di previsione, il cinismo e soprattutto la spregiudicatezza di Heisenberg e Kira, si riducono molto spesso ad essere pupazzi nelle loro mani, inconsapevoli esecutori del loro volere.

Anche qui c’è da distinguere tra Misa e Jesse: la prima obbedisce consapevolmente al volere di Light essendone innamorata alla follia e spesso si fa trattare come una pezza da piedi utile solo quando Light lo decide (magico potere del femminismo, vieni a me).

[Momento di riflessione estemporanea: nel corso dell’anime viene detto che Misa si dimezza la vita per ben due volte scambiandola per gli occhi dello Shinigami. Supponendo una durata di vita media intorno agli 80 anni, 80 diviso due fa 40 che, diviso per due un’altra volta fa 20. Questa a vent’anni doveva crepare. Fine della riflessione estemporanea.]

Jesse al contrario è un irriducibile sostenitore della propria indipendenza, detesta che Walt lo usi e cerca sempre di fare di testa propria (spesso rovinando tutto quello che il socio aveva accuratamente predisposto). Questo suo carattere ribelle lo rende molto più difficile da controllare, risaltando di converso le grandissime doti di marionettista di Heisenberg che – rispetto a Light con Misa – ha un socio più difficile da manovrare.

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Da piccoli dettagli derivano grandi problemi

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Al di là della grandiosa caratterizzazione di tutti i personaggi, primari e comprimari, che rende meravigliose entrambe le serie, ciò che eleva il loro livello al di sopra di tutte le altre è la scrittura: Breaking Bad e Death Note sono due congegni a orologeria, scattano quando devono scattare, ogni dettaglio è funzionale al procedere della trama, a distanza di molti episodi tornano questioni, personaggi e oggetti apparentemente insignificanti.

A volte sogno di mettere nella stessa stanza Vince Gilligan e il misterioso Tsugumi Oba e di farmi spiegare per filo e per segno tutto quanto. Ogni svolta di trama, ogni colpo di scena, quando hanno deciso di usare quell’elemento…

Oba e Gilligan rendono onore al vecchio adagio di Cechov sui racconti (e la narrazione in generale):

Se nel primo capitolo dici che c’è un fucile appeso al muro, nel secondo o terzo capitolo devi assolutamente farlo sparare. Se il fucile non viene usato, non dovrebbe neanche starsene lì appeso.

I fucili con cui Oba e Gilligan disseminano le stanze di Breaking Bad e Death Note sparano tutti, nessuno escluso. E la cosa ci fa godere come ricci.

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Sia Walt che Light sono ostacolati per gran parte della storia da un avversario che a poco a poco assume i tratti della nemesi. Stiamo parlando ovviamente di Gus Fring ed L, ovvero gli avversari perfetti per Heisenberg e Kira: glaciali, imperscrutabili, capaci di improvvisi slanci di gentilezza e cortesia, così come di cattiveria. Simili, ma dissimili ai loro opposti, personaggi magnifici, che catalizzano sempre la scena e creano tensione costante.

Sia Breaking Bad che Death Note dedicano buona parte dei loro episodi al confronto tra i protagonisti e le loro due nemesi, presentandoci però lo sviluppo/declino di due rapporti strani, nient’affatto manichei come ci si aspetterebbe. In un primo momento Walt e Gus vanno d’accordo e c’è un clima sereno che si incrinerà sempre più, fino a sfociare in una guerra fredda che durerà fino all’esplosione alla fine della quarta stagione. Al contrario L e Light, nonostante i sospetti del primo verso il secondo, diventano amici, tanto che – alla morte di L – ci rendiamo conto per davvero di quanto sia profondo il baratro di malvagità nel quale è precipitato Light.

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È la fine fin dall’inizio

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Eccoci qui dunque: Light e Walter White sono simili anche nella fine che fanno, una fine tragica, violenta, prevedibile fin dall’inizio delle loro storie. Sì, perché nonostante la loro genialità, la loro capacità di svicolare dai guai all’ultimo minuto, di essere sempre un passo avanti agli altri, nonostante il loro cinismo, la capacità di manovrare il prossimo e primeggiare sempre e comunque, il destino di Light e Walt era segnato fin dall’inizio. Lo aveva predetto Ryuk che un giorno non lontano avrebbe scritto il nome di Light sul suo quaderno; lo sapeva anche Walt che, cancro o non cancro, alla fine di quel tunnel fatto di soldi, sangue e metanfetamina non ci sarebbe stato altro che la morte ad attenderlo.

La bellezza di Breaking Bad e Death Note sta anche nell’ineluttabilità di una fine evitata tanto a lungo da pensare di averla scampata. E invece no, perché Light e Walter erano condannati fin dall’inizio, anche se non per questo rinunciano ai loro scopi, non per questo cederanno.

Qual è la differenza ultima, ciò che davvero li distingue? Che nonostante la brutta fine che fanno entrambi, Light muore accecato dalla sua stessa genialità, incapace di vedere i suoi limiti, sconfitto da Near e tradito da un errore altrui. Lui, che tanto aveva desiderato diventare un dio, involontariamente distrutto dal più fedele dei suoi seguaci. Ironia della sorte. Walt invece è il vero vincitore: dopo aver saldato i conti con gli assassini di Hank e aver liberato Jesse, muore serenamente in un laboratorio di meth, spira nel luogo dove aveva avuto finalmente la possibilità di dimostrare a tutti la sua grandezza, riscattando una vita mediocre. Walt fa pace anche con sé stesso: dopo aver fatto in modo che la sua famiglia ricevesse i soldi da lui guadagnati con il suo impero criminale, riesce ad ammettere una volta per tutte che tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto per sé, per sentirsi vivo ancora una volta.

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Alla fin fine sta tutta qui la grandezza di queste due storie tanto diverse, ma tanto simili: nella capacità di tenere avvinghiato lo spettatore alla sedia dalla prima all’ultima puntata, facendolo empatizzare con un protagonista sempre più spregevole e spietato, che però non si riesce a odiare, perché ci si affeziona, fosse anche allo stile meraviglioso con il quale sbaraglia i nemici e trionfa su tutto e tutti grazie alla sua intelligenza, alla sua prontezza di spirito, alla sua capacità di manovrare il prossimo, combattendo con le unghie e i denti una battaglia tragica, perché persa dall’inizio, ma che non impedisce a noi che ce la godiamo di apprezzarne fino in fondo tutta la cinica, algida e indissolubile bellezza.

 


P.s. Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici di Breaking Bad – Pagina Italiana!

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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