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Perché Daredevil è il miglior personaggio del MCU

Questo non vuole essere l’ennesimo articolo su quanto sia oscenamente figa la seconda stagione di Daredevil. Voglio invece condividere con voi un pensiero che mi ha attraversato dall’inizio alla fine di questo secondo capitolo: Matthew Murdock/Daredevil è in assoluto il miglior personaggio di tutto il Marvel Cinematic Universe. E anche della DC, ma tanto quelli mi fanno ridere e quindi non li calcolo nemmeno.

Per capire il perché di questa mia posizione, bisogna partire dal mantra che ha reso la Marvel la più amata e potente fabbrica di supereroi del pianeta: da un grande potere derivano sempre grandi responsabilità. La celebre frase, associata dai più unicamente all’Uomo Ragno (scusate, non riuscirò mai a chiamarlo Spider-Man), è in realtà la matrice sulla quale la Marvel ha costruito e sviluppato la caratterizzazione del suo intero cast di personaggi.

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SUPEREROI CON SUPERPROBLEMI

Il tratto distintivo dei supereroi nati nella Casa delle Idee non sono tanto le loro abilità o il loro look, quanto i sacrifici che devono compiere per adempiere a quelle responsabilità che derivano dai loro superpoteri. Al dolore e alle perdite che sono costretti a sopportare quotidianamente. Perché il cammino dell’eroe è sempre una via colma di fatica e rimpianto, sempre vissuta sul filo del martirio e dell’oscurità. 

Questo aspetto rappresentava l’anima dei fumetti made in Marvel. E perfino io da bambino, nonostante sognassi di volteggiare fra i grattacieli e di proteggere i deboli dalle grinfie dei malvagi, arrivavo a comprendere quanto potesse essere dura la vita dell’eroe.

Prendete appunto Peter Parker (almeno nella sua prima versione anni ’60): senza genitori, ossessionato dal rimorso per lo zio morto, perennemente preoccupato per la salute di sua zia, praticamente senza amici, costretto a fuggire dai suoi cari ogni volta che c’è bisogno dell’Uomo-Ragno, e quindi accusato di essere un codardo, un inaffidabile e un egoista. Costantemente minacciato da un esercito di psicopatici supercriminali che, se gli gira, ti prendono la fidanzata e te la cacciano già dal ponte di Brooklyn. Per una persona che ti applaude altre dieci ti insultano. Mai un grazie, mai una parola gentile.

Dai su, siamo onesti, chi avrebbe davvero voglia di essere Peter Parker? Probabilmente nessuno.

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L’idea dell’eroe che sacrifica sé stesso e la serenità della sua vita per il bene comune si è ridimensionata molto nel passaggio dalla carta al grande schermo. Il Marvel Cinematic Universe, ha infatti puntato maggiormente sull’aspetto cool del supereroe, piuttosto che sui suoi drammi interiori.

Pensateci: chi vorrebbe essere il Tony Stark di Robert Downey Jr.? Ve lo dico io: tutti. Genio, miliardario, playboy e filantropo. Applausi planetari, figa a pioggia, ogni tipo possibile e immaginabile di lusso. Certo, poi ti scappa la Civil War e allora qualche lacrima la devi anche versare, ma essenzialmente credo che ci sia gente più infelice sul pianeta.

Steve Rogers? Uno sfigatello che si è fatto pompare come un cavallo per diventare il soldato perfetto, è andato a combattere i nazisti e poi si è ritrovato nel 21° secolo. Brutto eh, ma c’è onestamente di peggio.

Hulk? Beh, in effetti il povero Bruce Banner di problemi ne ha da vendere, visto che, per via del suo problemino, non può neanche giocare al dottore con Natasha. Però lui non ha scelto di diventare così, quindi più che di sacrificio si tratta di sfiga nera e bastarda.

Insomma, stiamo parlando di supertizi che usano le loro immense possibilità per fare del bene. Bravi eh, però ti viene anche da pensare una roba del tipo “beh, con tutti i poteri che hai, se non li usi a fin di bene allora sei proprio una merda”.

Ecco invece che, quando guardi Daredevil, il pensiero che ti viene in mente è un altro: “ma chi te lo fa fare“?

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IL SACRIFICIO DI ESSERE DAREDEVIL 

Matt Murdock è cieco ma non lo è. Quindi, quando si trova in pubblico, deve fingere di esserlo. E già questo mi sembra un sacrificio che supera quello di tutti gli Avengers messi insieme.

Scherzi a parte, c’è un aspetto fondamentale che rende Matt diverso da i suoi altri colleghi del MCU: grazie al suo super udito, lui è in grado di sentire la sofferenza delle persone. Continuamente, senza sosta, ovunque egli sia e qualsiasi cosa stia facendo. Mentre è a casa a riposarsi, o mentre prova a rilassarsi con Foggy e Karen, in realtà alle sue orecchie arriva tutto il dolore della città in cui vive. Tutti i tormenti e le atrocità che lui avrebbe il potere di impedire.

Ogni volta che sceglie di lasciare nell’armadio la sua tuta da Diavolo, lui sa che qualcuno ne pagherà le conseguenze. Se Thor e la sua cumpa possono permettersi ogni tanto di fare bisboccia e di posare i panni dei supereroi, Matt non può farlo. Perché i suoi sensi non gli permettono mai di dimenticare le sue responsabilità. Lui è ben consapevole del fatto che, mentre si sta riposando, delle persone stanno morendo. Perché le sente morire.

Pensando a questo, mi è venuto in mente un dialogo che Giorgio Faletti fa pronunciare all’assassino nel suo romanzo Io uccido:

“Tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no, io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai”.

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Matt Murdock non ha la possibilità di sentirsi stanco perché i suoi poteri e la sua coscienza non glielo consentono. Ecco quindi che per gli amici, l’amore e il lavoro non c’è più spazio. Perché lui è Daredevil, e lo è 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E quando veste i panni di Matt Murdock è costretto a mentire per la maggior parte del tempo. A mano a mano, la sua vita nei panni di supereroe erode tutto il resto, lasciando agli altri solo le briciole.

Potrebbe benissimo ignorare i lamenti che gli arrivano alle orecchie, ma non lo fa. Perché lui considera la sua serenità e la sua stessa vita un giusto prezzo da pagare in cambio della possibilità di salvare la sua città. Ecco cos’è il sacrificio.

In tutto questo, non si può parlare dell’altro aspetto che rende Daredevil un personaggio così vero e umano: escludendo i super sensi che gli permettono di supplire alla cecità, lui è essenzialmente un uomo che si è allenato come una bestia per diventare un combattente. Tipo un Batman senza una lira.

Se avete visto la prima stagione lo saprete benissimo: Matt va in giro vestito con una semplice calzamaglia nera, senza alcuna protezione, armato solo dei suoi pugni e del suo coraggio. Ogni scontro per lui può essere mortale. E infatti, almeno nella prima stagione, Matt passa la metà del tempo con la faccia sull’asfalto. Sanguinante, malmenato, ridotto letteralmente a brandelli. Un autentico martirio.

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E, nonostante il dolore e la fatica, si rialza sempre.

CONTRO IL DOLORE, CONTRO LA FATICA, CONTRO LA MORTE

Impossibile non citare ora la clamorosa e ormai storica scena della rissa nel corridoio, nella quale Matt si scontra contro un gruppo di criminali che hanno rapito un bambino. Ve la posto, riguardatela attentamente.

Matt è esausto, ferito, ansima, si regge a malapena in piedi. I suoi pugni sono spesso deboli, tanto che i suoi avversari si rialzano più volte nonostante siano già stati colpiti. Spesso si ritrova al suolo semplicemente perché ha perso l’equilibrio, o perché le gambe gli hanno ceduto. Colpisce, viene colpito, schiva, cade a terra, si rialza e ricomincia. E poi vince.

Cazzo, questo sì che è essere eroi.

Ogni volta che esce in strada, per lui può davvero essere l’ultima. Certo, ora che ha il costume super figo la situazione è decisamente migliorata, ma se poi ti ritrovi contro dozzine di ninja de La Mano non è così facile salvare la pelle.

Ecco perché, per chiudere, voglio citare un’altra scena. Una scena che racchiude un particolare secondo me fondamentale, che merita di essere notato ed apprezzato. Seguono piccoli SPOILER.

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12° puntata della seconda stagione. Matt, infiltratosi in una base de La Mano per salvare Stick, si ritrova accerchiato da nemici. Viene chiuso all’angolo, non riesce a reagire alla tempesta di colpi che lo stanno schiacciando. Sta per cedere. Tuttavia, grazie all’aiuto di Stick, Matt riesce a ribaltare la situazione. Li stende in pochi secondi e poi, finita l’opera, libera un urlo barbaro di vittoria.

Ve lo giuro, quando ho visto questa scena ho urlato pure io.

Ed è proprio quell’urlo che ti fa capire quanto sia maledettamente umano il personaggio di Daredevil.

Perché quell’urlo non è equiparabile alle sbruffonate di Iron-Man o di Thor, ma è il ruggito di un leone, di un guerriero che vive costantemente ad un passo dalla morte e che tuttavia continua ad attaccare, senza mai mollare un centimetro. Un eroe che è ben consapevole di essere vulnerabile, e che per questo ha probabilmente paura (nonostante il suo soprannome dica il contrario) ma che è comunque disposto a sacrificare tutto ciò che ha per difendere i più deboli.

Ecco perché Matt Murdock incarna alla perfezione l’ideale eroistico di casa Marvel, fondato sul sacrificio, sull’altruismo e sul coraggio. Ed ecco perché, secondo me, Daredevil è di gran lunga non solo il miglior supereroe, ma addirittura il miglior personaggio di tutto il Marvel Cinematic Universe.

Avengers? Fighissimi e anche tanto tanto simpatici, ci mancherebbe.

Ma io mi tengo stretto il Diavolo di Hell’s Kitchen tutta la vita.

P.s. Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici di Netflix dipendenti!

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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