Non ho mai nascosto a nessuno il mio amore per Spider-Man. Ne adoro i fumetti, i videogiochi e, ovviamente, i film, che ho visto dal primo all’ultimo rimanendo con tutti, seppur contento o deluso, affascinato dal personaggio dell’Uomo Ragno.
Avrete sicuramente letto il titolo del mio articolo pensando “che ovvietà!”, dato che, paragonati alla trilogia di Raimi, né The Amazing Spiderman né Homecoming reggono il confronto: il punto su cui vorrei focalizzare la mia attenzione, però, è il regista. Per me, l’Uomo Ragno Raimiano è uno degli episodi più belli capitati a tutta la categoria dei cinecomics.
E, per precisare, nello spiegare i motivi di ciò non mi scaglierò contro Spider-Man 3, che, anzi, considero di molto superiore ai due Amazing e Homecoming. Mi dispiace per chi voleva succedesse, ma, se proprio non potete resistere all’attrito del flame, lascio un collegamento diretto all’articolo negativo…
Partirò, nonostante possa sembrare inconsueto, dai cattivi.
I tre film della trilogia sono visibilmente costruiti sul cattivo principale, ad eccezione forse dell’ultimo che, comunque, nell’idea originale, tendeva in quella direzione.
Nel primo, il nemico è Norman Osborn AKA Green Goblin, la nemesi più blasonata di Spider-Man. Raimi può essere considerato a tutti gli effetti un autore, e chi dovesse definirlo non tale, potrebbe chiaramente soffrire di deficit di attenzione: premesso ciò, c’è da dire anche che a chi ama il cinema non interessa vedere su schermo la trasposizione letterale per filo e per segno di qualche opera che si è letta (pensate se Kubrick avesse girato Shining esattamente come lo immaginava King quanto lo avremmo odiato), ma solo ed esclusivamente la visione dell’autore, che è anche lettore, di quel lavoro. Per questo il Goblin non solo va a rappresentare, nella pellicola, il primo grande ostacolo della vita da adulto di Peter, ma è anche il simbolo della conoscenza umana che vuole travalicare i confini dello scibile e tende, dunque, al male per la degenerazione che consegue dall’eccesso, esattamente come sarà per il Dr. Otto Octavius AKA Dr. Octopus di Spider-Man 2, semplicemente il mio cinecomic preferito di sempre.
La differenza tra i due è la redenzione del secondo rispetto al primo nel finale, oltre che la motivazione: mentre per il Goblin lo scopo è il potere, per il dottore il fine ultimo è la conoscenza totale. Discorso diverso va fatto per il terzo, in cui Marko Flint AKA Uomo Sabbia in origine doveva essere il principale nemico, mentre, per volere di produzione è stato inserito anche Eddie Brock AKA Venom, che, comunque, viene citato anche nel primo film, e che, comunque, è meglio del recentissimo Venom di Hardy. Non che ci voglia molto.
I primi due, e, in particolare, Octopus, rappresentano un contrasto potente con il ragno, che ha, non per sua volontà, in qualche modo travalicato i confini imposti dalla natura e che, allo stesso tempo, è allegoria del bene puro e disinteressato. I nemici, invece, sono una sorta di rappresentazione umana messa alla berlina e puntualmente sconfitta. Ed è paradossale, inoltre, che questa visione si colga molto di più dai film di Raimi che dal fumetto, sintomo del fatto che l’interpretazione del personaggio è stata diversa, basti guardare al personaggio di Peter…
…che non è stupido quanto sembra. Ha solo un (grosso) problema espressivo.
Una delle differenze più grandi dal fumetto, non da sottovalutare, è che Peter non sia dipinto come un genio della scienza (nonostante in alcuni momenti sia citato come tale) come effettivamente è, e che, di conseguenza, non si costruisca da solo lo spara-ragnatele: il tutto è fisiologico. La metafora dell’adolescenza nel primo film, con i peli sulle dita che crescono, il fisico che cambia da un momento all’altro, la prima ragnatela che sembra a tutti gli effetti un’eiaculazione, sono sottolineati con trenta linee, diventano il perno centrale della narrazione in cui il personaggio Peter passa in primo piano rispetto al Ragno. Così succede anche nel secondo, in cui il tono è meno “scanzonato” poiché il centro è Mary-Jane e la perdita dei poteri come conseguenza al rifiuto delle responsabilità o le difficoltà della vita, e nel terzo, in cui si guarda alla decadenza dell’eroe che prende coscienza dei suoi poteri e della loro potenza, fino ad obnubilarsi per poi pentirsi.
Raimi traccia, non rinunciando al SUO cinema (la scena dell’ospedale nel secondo film è una chiara citazione al cinema dell’orrore; la presenza in tutti e tre i film di Bruce Campbell, inoltre, è un simpatico riferimento alla sua passata trilogia che lo aveva come protagonista), una storia credibile attorno al suo personaggio, non è nulla troppo sopra le righe, ad eccezione di qualche – ehm, ehm – scena nell’ultimo film, non dimenticandosi, però, di star parlando di un supereroe.
Perché dico, allora, che cinematograficamente lo Spider-Man di Raimi sia il migliore possibile? Andiamo per casi:
- The Amazing Spider-Man: soffre molto una sceneggiatura fiacca, sia per il primo che (in particolare) per il secondo, il cui unico pregio è quello di essere molto più fedele al fumetto senza presentare, però, nessuna visione particolare del personaggio, nemmeno quel patriottismo che tanto mi era stato sul cazzo nella trilogia raimiana.
- Homecoming: mi dispiace dirlo ma lo considero il peggiore, in primis perché non apprezzo la direzione che sta prendendo la serialità Marvel e quindi mi sta sulle palle vedere [SPOILER] tutta la situazione in un film su Spider-Man risolta da Iron Man, cosa che, per quanto possa essere successa nei fumetti, non funziona sul grande schermo, dato che mi fa sembrare Peter Parker ancora più stupido di quanto non sia. In secondo luogo non ho proprio capito il tono così “sciolto” del film, con quell’umorismo tipico dei moderni cinecomic che non farebbe ridere nemmeno sotto tortura.
- La serie Ultimate: dato che ormai non avrebbe più senso ricominciare la storia del Ragno, la recente serie Ultimate del fumetto sarebbe il punto più comodo da cui partire. Ma come portare su schermo (se non facendolo con l’animazione come sarà per il prossimo Spider-Man – Un nuovo universo) successori come Miles, reincarnazioni e viaggi nel tempo? Sembra impossibile, e, probabilmente, lo è, senza scadere nel ridicolo.
Semplicemente, Maguire è il migliore perché è tangibile. In questo caso, Spider-Man è un supereroe uomo, che contiene un’idea e, in quanto tale, veicola messaggi e morale, cosa che, nel cinema moderno, è sempre più rara.