
IL PICCOLO PRINCIPE : la storia oltre il libro
Quando è uscito il primo trailer ammetto di aver storto il naso appena ho visto inseriti nuovi personaggi, ma ero molto curioso ed eccitato al pensiero di vedere sul grande schermo uno dei miei libri preferiti.
Il film inizia con il tempo che viene scandito da un classico ‘tic-tac’.
È facile ripensare al famoso coccodrillo che insegue cap. Uncino sull’Isolachenonc’è, ma non parliamo di Peter Pan, bensì del Petit Prince, il Piccolo Principe (hanno le stesse iniziali: bizzarra coincidenza o scelta cosciente dell’autore?). Tra le altre cose è facile accostare questo film al fortunato Hook di Steven Spielberg: vedere per credere.
Infatti, se pensate di vedere la trasposizione cinematografica semplice e fedele del racconto di Antoine de Saint-Exupéry, preparatevi perché sarà qualcosa di più grande. Il regista Mark Ozborne ci propone una sua personale interpretazione che va oltre le pagine scritte più di settant’anni fa. È questo che mi aspetto da una trasposizione cinematografica.
Con grande rispetto per l’opera di Saint-Exupéry, Ozborne amplia l’universo del Piccolo Principe toccando tasti scomodi e dimostrandoci quanto questa storia diventi sempre più vera con il passare degli anni.
Il problema non è diventare grandi, ma dimenticare.
Inutile dire che quando leggemmo il Piccolo Principe all’età di otto anni rimanemmo tutti traumatizzati dal triste e spregiudicato epilogo della storia (non tanto diverso da quello di molte fiabe di Andersen e dei fratelli Grimm), ma nonostante questo riuscimmo ad accettarlo come un racconto di fantasia. Crescendo, invece, scopriamo che dietro a ogni parola si nascondono molteplici significati e un libro di sole 125 pagine diventa ricco e corposo come uno di 1000: ciò accade anche in questa versione cinematografica.
Dopo l’azzardo della Disney con Big Hero 6, una delle tematiche più forti del film è quella del lutto: Ozborne è stato capace di trattare l’argomento in maniera audace, ma allo stesso tempo delicata. Non nego di aver lasciato aperti i rubinetti più volte durante la proiezione e all’uscita mi son consolato guardando le facce dei genitori dei bambini a fianco a me: dire che siamo usciti a nuoto è usare un eufemismo. Una piccola prova del fatto che si tratta di un film dedicato agli adulti, più che ai bambini.
Il Piccolo Principe è un film d’animazione a 360°, infatti sono state utilizzate tre diverse tecniche: la classica animazione in 2D (a mano) per i disegni dell’aviatore, la più recente animazione 3D (CGI) per il filo narrativo principale, e uno straordinario stop-motion con personaggi di carta per gli episodi che troviamo nel libro. Mi sembra sia già chiaro che non si tratta di un miscuglio di generi insensato, ma di una attenta ricerca del regista della soluzione più opportuna per raccontare determinati passi della storia.
Scelte registiche precise rendono ancora più incisive le azioni dei personaggi. In particolare consiglio di fare attenzione alle campane di vetro… Cosa ci finisce dentro? Di quale significato si fanno carico?
Alle musiche troviamo l’abile compositore Hans Zimmer, che ad ogni lavoro regala gioie sempre più grandi. Ma ci tengo lo stesso a ricordare la colonna sonora di Allan Jay Lerner per la pellicola del 1974 con Gene Wilder nei panni della Volpe. Due esempi diversi, ma ugualmente efficaci.
Ma ora basta. Non voglio aggiungere altro perché è un film che merita di essere visto e rivisto.
Il libro è il libro (nessuno ce lo può toccare), il film è un’altra cosa e così dev’essere.