
Polar – Il Pulp secondo Netflix non è poi così Pulp
Sono sempre stato stregato e affascinato dal filo conduttore tra le grapich novel e il Cinema. Dal più importanze “romanzo disegnato” di sempre, l’iconico Watchmen, fino a storie sorprendentemente a fumetti come Era mio padre o Atomica Bionda, io impazzisco per ogni pagina di quelle opere che prendono vita sul grande schermo. Oh, anche noi italiani ci abbiamo provato recentemente, con discreti risultati: La profezia dell’armadillo vi dice qualcosa?
Neanche a un mese pieno nel nuovo anno e Netflix decide di regalarci un suo inedito tratto da una graphic novel: Polar. Mads Mikkelsen fa un killer misterioso ormai in pensione… e già questo vale tutta la mia attenzione. In regia, il batterista svedese Jonas Åkerlund, deadmau5 a comporre la colonna sonora e un trailer tanto ignorante da far impallidire un P-goldino.
Sento odore di tamarrata.
John Wick sotto acidi e senza Stahelski
Duncan Vizla è un freddo e spietato assassino ormai giunto all’età della pensione; quello che non sa è che la società per cui lavorava vuole intascarsi la liquidazione da oltre 8 milioni di dollari dopo averlo ucciso. Piano davvero idiota, considerando che il Kaiser Nero era il miglio killer della compagnia.
Polar porta sul piccolo schermo il Baba Jaga di Netflix, scritto da un fumettista spagnolo e condito con un’estetica dai colori iper-saturi e un alone patinatissimo. Fin dalle prime battute, Åkerlund presenta i suoi freaks uno a uno in stile Suicide Squad: una banda di assassini dal QI simile a quello di una scimmia. Sul filone di Smokin’ Aces e di tutta quella cultura post-tarantiniana, Polar è più che altro un B-Movie cazzone e caciarone, incapace di essere pulp fino infondo e che vagamente intrattiene lo spettatore più sadico.
Senza mai prendersi sul serio (e ci mancherebbe altro), il film si regge tutto sulle spalle di un sempre monumentale Mads: la sua presenza scenica vale tutto il mediocre cast, dove figura per troppo poco pure Richard Dreyfuss. Una perfetta macchina da combattimento, tormentata da alcune ombre dal passato e nel bel mezzo di un mondo sotto effetto di LSD. Peccato però che nonostante tutte le similarità del caso con John Wick (senza la vendetta a farci compagnia), Polar manchi completamente di mordente in più punti della pellicola. Le scene action hanno anche un loro perché, specialmente nella seconda parte… ma l’escalation di violenza, pur divertendo, è gestita senza una mano eccellente come quella di Stahelski o Leitch. Gli autori di John Wick per intenderci.
La piaga della mediocrità
Polar è il perfetto esempio che conferma la mia teoria su molti prodotti straight outta Netflix: un film dagli intenti promettenti che viene tramutato in una sequela di stereotipi, dando quella sensazione di “già visto” anche un po’ fastidiosa. Esistono anche eccezioni che confermano la regola, ma non è questo il nostro caso. Senza una vera e propria identità, Polar si allontana parecchio (da quel poco che ho visto) anche dal bianco e nero della graphic novel da cui è tratto.
Oltre all’esaltazione per lo scontro tra Duncan e l’A-Team, o per il personaggio del Kaiser stesso, rimane poco altro: il “cattivo” è una macchietta insopportabile, il colpo di scena finale è più telefonato di un’interurbana per l’Australia e la durata troppo eccessiva vuol dire solo ripetere situazioni identiche tra loro. Alla fine Polar è un “voglio ma non posso”, un film che pigia a tavoletta sul pedale della tamarraggine e prova a farsi spazio tra i colossi del Cinema degli assassini citandoli un po’ tutti. Solo io c’ho visto un po’ di Léon?
Il vero pulp lasciatelo a chi lo sa fare.