
Pomodori verdi fritti alla fermata del treno: donne vere, senza sbandierarlo
In tempi di #metoo, potere alle donne e rivendicazioni semiserie, o meglio, serissime nelle intenzioni e drammaticamente ridicole all’atto pratico, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno è uno dei pochi film che potrebbe essere eletto a manifesto femminista. Il motivo? Perché non ne parla mai apertamente. E non ha quel tono a metà tra la cantilena e il rosario delle diciotto. Al contrario, vi farà parecchio ridere. E commuovere, anche. Ma vi terrà pure sulle spine. Ecco, forse è il caso di cominciare dal principio.
Tratto dal molto meno famoso libro di Fannie Flag, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno è ormai un cult della sua epoca; girato nel 1991 da Jon Avnet, come prima scena ci presenta nientemeno che Kathy Bates nei panni della mesta signora Couch. La serenità è all’incirca la stessa che sfoggiava in Misery non deve morire, solo declinata in modo diverso. Casalinga ovviamente disperata, naturalmente in sovrappeso, ma non ancora del tutto rassegnata, si sta recando assieme al dimenticabile marito a trovare la zia di lui all’ospizio. Va bene che siamo in America, ma sono certa che persino lì ci sono modi migliori di passare il pomeriggio, soprattutto se la zia in questione ha come massima espressione di cordialità il lancio dei piatti verso gli ospiti. Onde evitare una faccia da pugile, la povera Evelyn Couch si rifugia nella sala d’aspetto, dove incontra per caso Ninny Threadgoode (Jessica Tandy), una tenera vecchietta con una gran voglia di chiacchierare. E dopotutto, che altro ha da fare la nostra signora Couch?
Da questo momento, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno ci racconta due storie parallele: da un lato l’amicizia crescente tra Evelyn e Ninny, dall’altro i ricordi di gioventù di quest’ultima. Un caso, in particolare, che aveva scosso la cittadina di Whistle Stop: Alabama, Anni Trenta, autunno, e un furgoncino che riemerge dal fiume. A fare da contorno, due donne parecchio moderne per l’epoca: Idgie Threadgoode, guarda un po’ che coincidenza, e Ruth Jamison, rispettivamente Mary Stuart Masterson e Mary-Louise Parker. Idgie è ribelle, scanzonata, burbera, ma con un cuore d’oro; Ruth è, beh, adorabile. Innamorata del fratello di Idgie, morto prematuramente, ritrova la quasi cognata dopo qualche anno: qualche screzio iniziale, poi una grande amicizia, e forse anche qualcosa in più.
Ma si sa, siamo negli Anni Trenta, e Ruth deve assecondare i suoi doveri di ragazza perbene: un matrimonio rispettabile, una casa con la veranda, e così via fino alla fine dei giorni. Noiosetto, e deve averlo pensato pure suo marito, che non trovando di meglio da fare pensa bene di picchiarla ogni tanto. Fortuna che certi legami sono duri a morire: e allora fuga con Idgie, cambio di vita, e via con un locale alla fermata del treno di cui vi lascio indovinare la specialità, gestito da due donne e un sacco di neri in barba al Ku Klux Klan. Già, ma se fosse così semplice Ninny avrebbe ben poco da raccontare …
Se fosse una storia di amore e amicizia sullo sfondo della provincia americana di inizio Novecento, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno sarebbe già godibilissimo; ma Kathy Bates non può limitarsi a fare la comparsa, vi pare? Due vicende parallele, dicevamo: eh sì, perché a forza di sentir parlare di quel vulcano di Idgie, Evelyn a poco a poco ci si trasforma. Dapprima impercettibilmente, con goffi tentativi di seduzione e autoerotismo, poi sempre di più, fino a trovarsi un lavoro e, soprattutto, a prendersi qualche rivincita dalle parti del supermercato cittadino – la scena del sedicente incidente con le due ragazzotte nel parcheggio da sola vale il film.
Inutile dire che i pomodori dei giorni nostri sono quelli più esilaranti, mentre quelli del secolo scorso mischiano tragedia, giallo, commedia e pure un po’ di denuncia sociale, ma senza mai perdere in delicatezza e grazia. Gli uomini nel migliore dei casi sono delle amebe, quando non addirittura dei mentecatti, mentre le donne di ieri e di oggi sono le protagoniste assolute: e sono forti, coraggiose, gagliarde, ironiche. Soprattutto, non hanno mai bisogno di dirselo; bastano i fatti. Femminista senza bisogno di urlarlo ai quattro venti, ricordate? Un po’ come The Hours o il più recente Big Little Lies, ma con un sacco di joie de vivre in più.
Qualcuno ha visto una pecca nella commistione di generi tanto diversi; a me pare, più semplicemente, che Pomodori verdi fritti alla fermata del treno rifletta quel groviglio di pensieri, avvenimenti ed emozioni che risponde al nome di vita.