Film

Power Rangers: il ritorno dei “ragazzi come noi”

Come membro della fortunata generazione che ha avuto il privilegio di crescere nei mitici anni ’90, anche io ero fra coloro che non sapevano bene come accogliere l’arrivo di questi nuovi Power Rangers. Il rilancio del celebre franchise che ha conquistato il mondo una ventina di anni fa aveva infatti l’ingrato compito di accontentare sia i fan della prima ora, per i quali i Power Rangers e l’infanzia rappresentano una cosa sola, sia le nuove generazioni, cresciute nel pieno boom del genere supereroistico e quindi più difficili da stupire e da soddisfare.

Da una parte c’era quindi la speranza che il film riuscisse a riportare alla memoria le indimenticabili emozioni provate durante l’infanzia, dall’altra c’era il fondato timore che l’esigenza di rendere digeribile al pubblico odierno una roba naïf come i vecchi Power Rangers avrebbe portato ad uno snaturamento dello spirito originario della serie.

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Nel mondo dello spettacolo come nella vita, c’è un tempo per tutto, e come diceva il mio buon collega Federico nella recensione del mitico film del 1995, i Power Rangers erano il prodotto perfetto per un decennio in cui per suscitare il tanto inseguito “effetto wow” (feat. Chris Pratt in Jurassic World) nel pubblico non è che ci volesse poi molto. Prendi dei “ragazzi come noi“, dagli i superpoteri, le armature colorate, le armi fighe, e aggiungi a tutto questo dei robot giganti a forma di dinosauro che possono unirsi per formare un Megarobot gigante e hai già conquistato il pianeta di base.

Al giorno d’oggi purtroppo, in un mondo ormai abituato a tutto, le cose sono un po’ più complesse.

La domanda era quindi la seguente: nel 2017 i Power Rangers hanno ancora una ragione di esistere?

Lo ammetto, temevo di no. Temevo che questo nuovo film si rivelasse una porcata di livello cosmico. Magari non ai livelli di Fantastic 4, ma comunque sufficientemente brutta da ferire profondamente il cuore ad uno che è cresciuto con i giocattoli di tutti i Power Rangers, e che una volta ha fatto scoppiare una merda all’asilo perché ha spaccato sulla testa di un altro bastardello il Falconzord del White Ranger (ma lui aveva aperto le ostilità armandosi vilmente di una lampada di Aladino che faceva un male cane, e quindi pigliati sto’ Zord sul cranio).

Quando poi è uscita la prima immagine delle armature dei nuovi Rangers, il timore della stronzata è diventato una semi-certezza, e la rete si è sollevata all’unisono in un coro di risate e pernacchie al quale non ho potuto non unirmi, anche se con un po’ di tristezza.

Che va bene che siamo nell’era della tecnologia e tutto quanto, ma non mi puoi fare i Power Rangers che sembrano degli sgherri sfigati di Iron Man, e per di più senza rombi bianchi, che è forse la cosa più grave della nuova armatura. Piuttosto inventati una tuta del genere, che è allo stesso tempo moderna e maledettamente figa.

E soprattutto ha i rombi.

Insomma, tutto questo per dire che, quando mi sono seduto sulla poltroncina del cinema, avevo già in mente il titolo col quale avrei stroncato il film il giorno successivo. Non è che partivo proprio prevenuto, ma poco ci mancava.

Beh, non sono mai e dico MAI stato più felice di sbagliarmi.

Power Rangers versione 2017 è una figata. Ma non è che è figo solo perché riesce a far rivivere il ricordo dell’opera originare, è figo perché è proprio un bel film, scritto con cuore, coraggio e intelligenza.

E sì, è così figo che alla fine del film pure le armature da Iron Man sono diventate fighe. Rendetevi conto.

RANGERS CON SUPERPROBLEMI

La regia viene affidata a Dean Israelite, trentatreenne sudafricano che all’epoca aveva girato solo il modesto Project Almanac. Appena ho letto la notizia, ho subito pensato al solito regista-schiavo che le grandi produzioni scelgono per poterlo comandare a bacchetta. Quando poi Israelite ha annunciato in un’intervista che in Power Rangers si sarebbero visti per la prima volta un supereroe gay e uno con dei problemi autistici ho subito pensato ad una mossa simpatia studiata per puro marketing e lo ammetto, mi sono girate un po’ le balle.

Beh, ora non posso fare altro che rimangiarmi tutto e ammettere di aver fatto una figura da fesso a pensare ad una cosa del genere. Perché il maggior pregio di questo Power Rangers è proprio l’attenzione e lo spazio che riesce a dedicare ad ognuno dei cinque giovani eroi (che riprendono i nomi dei Rangers originali: Jason, Billy, Zack, Kimberly e Trini).

Israelite sembra far suo il motto “supereroi con superproblemi” della Marvel, e ci presenta un gruppo di ragazzi totalmente diversi l’uno dall’altro, sia per carattere che per etnia, ma che allo stesso sono uniti dal macigno di preoccupazioni che si portano sulle spalle.

Dean Israelite, da grande fan della prima ora dei Power Rangers, ha il merito di aver capito quanto la caratteristica principale del supergruppo sia proprio quella di essere formato da teenager nel pieno della loro maturazione, totalmente immersi in un periodo della vita in cui confusione e senso di smarrimento regnano sovrani. Il regista decide quindi di rimarcare questo aspetto, regalando ad ognuno dei suoi protagonisti una vita piuttosto travagliata: c’è la giovane promessa del football che ha sputtanato il suo futuro per via di una ragazzata finita male, c’è quello che deve accudire la madre malata, c’è la cheerleader caduta in disgrazia per via di brutte storie che non vi spoilero, e poi ci sono appunto il nerd emarginato con un leggero disturbo autistico e la ragazza che è chiamata a mettere in discussione chi è veramente.

La scelta di improntare la caratterizzazione dei protagonisti su una serie di problemi così umani permette agli spettatori di provare subito una forte empatia verso il gruppo di Rangers, e nasconde inoltre un messaggio forte e totalmente in linea con lo spirito della serie originale: “non importa quanto pensi di essere caduto in basso, dentro di te ci sarà sempre un eroe, se solo avrai il coraggio di farlo uscire allo scoperto”.

Quando affidi ad un film dalle modeste pretese come può essere Power Rangers una serie di tematiche del genere, il rischio di farla fuori dal vaso è sempre dietro l’angolo. Se questo non succede è grazie alla grande abilità di Israelite, dello sceneggiatore John Gatis e degli attori, che riescono nel miracolo di creare un’alchimia profonda e sincera fra i protagonisti, suscitando di conseguenza una grande partecipazione emotiva negli spettatori.

Il tutto è poi diluito da una forte ironia che attraversa il film, con la quale Power Rangers si aggancia ai canoni del divertimento fissati dal Marvel Cinematic Universe. Questa ironia però, a differenza di prodotti come i film della DC o come l’ultimo King Kong, non è mai troppo invasiva, e si lascia apprezzare per la sua spontaneità, riuscendo ad offrire più di un siparietto riuscito, soprattutto quando fa leva su citazioni e riferimenti alla cultura nerd odierna.

L’IMPORTANZA DI NON AVERE FRETTA

Una delle critiche che sono state rivolte a questo Power Rangers è che, alla fine della fiera, i Rangers in azione si vedano per poco tempo. Secondo me questo non è un difetto, ma un pregio che raccoglierà i suoi frutti nei prossimi sequel. Questo è un tipico film sulle origini, e come tutti i film sulle origini è costretto a sacrificare parte dell’azione finale sull’altare dell’approfondimento psicologico dei personaggi, sul quale Israelite e Gatis hanno lavorato con cura, senza mai farsi tradire dalla fretta di mostrare, e prendendosi tutto il tempo necessario per far montare l’attesa.

 

Il fatto poi che le armature saltino fuori così tardi non è solo un modo per far salire la carogna allo spettatore. Cioè, in parte sì, ma ha alla base una ragione che non è da sottovalutare: “pensavi che trovare per terra una gemma colorata ti garantisse i poteri illimitati dei Power Rangers? Col cazzo, quei poteri te li devi meritare!”. Per diventare un vero Power Ranger non basta essere stato scelto, ma occorre provare di esserne degni, e di aver capito cosa significa sacrificare sé stessi per difendere i più deboli.

Questi Rangers sono, come quelli del 1993, una vera famiglia, fondata sull’amicizia, sulla lealtà e sul lavoro di squadra. Ed è proprio su questo profondo legame fra i suoi membri che si basa il vero potere dei Power Rangers, poiché senza di esso la squadra non potrebbe esistere (a differenza di un supergruppo come ad esempio gli Avengers, in cui ognuno va un po’ dove cazzo gli pare).

Il film ci Israelite ci regala esattamente quel tipo di eroi di cui tutti i bambini avrebbero sempre bisogno.

E alla fine, quando arriva il momento di vedere i Rangers in azione, sei talmente dentro al film che la mezz’ora finale diventa quello che, senza nemmeno rendertene conto, stavi aspettando con tutto il cuore da una ventina d’anni. 

Bene, ora che vi ho fatto una testa così con queste turbe adolescenziali, parliamo di quella che è l’unica cosa che davvero interessa a chi va a vedere un film sui Power Rangers.

E cioè i Power Rangers.

GO GO POWER RANGERS!

                   Ci sarà un momento in cui partirà questa canzone, e allora  ringrazierete il cielo per aver dato fiducia a questo film.

Come dicevo prima, Power Rangers si è preso tutto il tempo di cui aveva bisogno per arrivare al momento della fatidica trasformazione, e quindi quando si arriva all’azione sembra di vedere il delegato di produzione in versione Mazzarri.

Nonostante l’ansia dell’orologio, Dean Israelite riesce a concentrare nel finale tutto quello che un fan dei Power Rangers desiderava ritrovare in questo film. Certo, spiace un po’ la scelta di aver sacrificato la parte dedicata alle arti marziali, visto che tempo pochi secondi e gli Zord sono già arrivati, ma quello che conta è che i Power Rangers, dopo aver funzionato alla grande nella loro versione umana, funzionano da Dio anche in tenuta da combattimento.

Power Rangers Movie It'S Morhin Time GIF by Lionsgate - Find & Share on GIPHY

A partire da un’entrata in scena che levati proprio.

Sì, è vero, Israelite si fa prendere un po’ la mano dai rallenty, ma non lo fa mai in maniera fastidiosa come uno Zack Snyder qualsiasi, di conseguenza l’effetto dà al tutto quel quid pluris che serve affinché i Power Rangers versione 2017 spacchino davvero il culo.

Come da copione, dopo aver eliminato i primi sgherri viene il momento di affrontare il villain del film: l’iconica Rita Repulsa, affiancata dall’immancabile Goldar. La strega spaziale è interpretata splendidamente dalla grande (e purtroppo sottovalutata) Elizabeth Banks, mentre il mostraccio d’oro è un pelo diverso da come ce lo ricordavamo, ma rimane comunque piuttosto figo.

Tutto lo scontro finale è Power Rangers allo stato puro, e questo lo si deve soprattutto grazie al tempo dedicato a sviluppare i rapporti fra i personaggi. I Rangers si comportano davvero come un team, e quando assumo comportamenti da “moriremo insieme” e “tutti per uno, uno per tutti”, che nel 2017 rischierebbero di essere un pelo stucchevoli, nel film di Israelite risultano invece assolutamente credibili ed efficaci. Essendosi posta una base emotiva così forte nella prima parte del film, il resto dell’azione non potrà che essere uno sballo assoluto.

E poi va beh, quando arriva il momento del Megazord, che ve lo dico a fare.

IL FUTURO DEL FRANCHISE: UN NUOVO COLOSSO ALL’ORIZZONTE?  

La missione di riportare in auge il franchise dei Power Rangers nel nuovo secolo può quindi dirsi pienamente riuscita. Con un sequel già in cantiere (p.s. rimanete seduti ad aspettare la scena post credits) e altri quattro che girano già nella mente della produzione, i Rangers puntano a diventare, nei prossimi anni, fra le figure di spicco di un genere attualmente a totale appannaggio dei colossi Marvel e DC.

C’è inoltre grandissima attesa per la serie animata sulla quale sta lavorando Netflix, che riproporrà le prime tre stagioni dei Power Rangers in versione dark ed iper violenta (cosa che tutti i fan chiedono dopo aver visto questo). Un progetto che rischia di diventare una delle più grandi figate degli ultimi anni, e che non possiamo far altro che attendere con speranza e trepidazione.

Al momento non possiamo sapere se gli eroi che abbiamo amato da bambini riusciranno ad imporsi con la stessa forza anche nelle nuove generazioni, ma di sicuro la strada intrapresa è quella giusta.

E direi che già per questo motivo i Power Rangers di Israelite possono considerarsi un autentico successo.


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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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