
Predestination è la fantascienza di cui abbiamo bisogno
Predestination è un gioiello sconosciuto, passato sotto silenzio, ma che rappresenta quella fantascienza “sana” a cui tutti vorremmo essere più abituati
La buca del Bianconiglio
Avete presente quando finite un film e vi guardate attorno basiti, tra lo scioccato e l’allibito. Sì amici, sto parlando del caro, vecchio effetto “Ma-Che-Cazzo-Ho-Appena-Visto”.
Predestination (arrivato, ovviamente, tardissimo da noi) è uno di quei film che piacciono a me: quelli che usano gli stilemi di un genere per raccontarti una storia che sfrutta lo stesso genere da sfondo, da copertura, da nascondiglio. Predestination è una meravigliosa buca del Bianconiglio, dove perdersi è una cazzo di goduria. Uno di quei film che ti fanno capire quello che sta succedendo, ma non perché sta succedendo, e tu non puoi fare altro che aggrapparti come un naufrago allo schermo, andando sempre più a fondo nel Paese delle Meraviglie.
Il gusto del paradosso
Predestination racconta una storia di ricerca del proprio Io, dell’ineluttabilità degli eventi che ti trascinano in balìa di te stesso, dei tuoi difetti, di quegli errori che commetteresti cento volte.
Ok, abbiamo capito che è un film geniale, ma di che parla?
Viaggi nel tempo miei cari. Viaggi nel tempo e paradossi temporali, soprattutto. Non viaggi nel tempo à la Ritorno al Futuro, non vedrete Grandi Almanacchi Sportivi e DeLorean volanti, non ci saranno astronavi, alieni e spade laser, ma – gente – se vi piacciono i paradossi temporali questo è il film per voi.
La storia parte in quarta per poi rallentare bruscamente: assistiamo al lungo racconto di un personaggio, un racconto intenso, vivido, che ci straccia l’anima, che ci piace anche se non capiamo perché ce lo stanno raccontando.
“Ma che ce frega?”
Ce frega che il racconto fa da preludio a un secondo tempo che sconvolgerà ogni fragile certezza che avevate accumulato. Resterete preda di quel fuoco d’artificio che esplode ininterrottamente per tutta l’ultima mezzora.
Plot-twist e MacGuffin
Il film si muove sulla sottile linea del ricordo, piano, affonda lentamente come un coltello nella carne, separando il vero dal falso, il bianco dal nero. Alla fin fine, a poco a poco, quello che appare sullo schermo ci sembrerà sempre più coeso, il filo verrà riannodato, anche se solo alla fine si riuscirà ad avere in mano le due estremità. La totale integrità.
Ecco. Adesso parliamo del plot-twist (rigorosamente SENZA spoiler).
Nel caso di Predestination temo che “plot-twist” sia una definizione un tantino limitante. Come facciamo a incasellare quella splendida meraviglia in un banale “colpo di scena”? Anzi, ad essere sinceri il film si muove in quella direzione fin dall’inizio, fin dall’inizio cerca di comunicarci i suoi segreti, ma noi non siamo pronti a comprendere. Prima di riuscire a digerire un pasto così sostanzioso dobbiamo mandarlo giù a piccoli bocconi, dobbiamo assaporarlo per goderne la fine.
I due registi, i fratelli Spierig, si ispirano al racconto …All you Zombies di Heinlein (1959) per intessere una trama finissima, fatta di dialoghi, regia e sceneggiatura sublimi, che si muovono come un orologio svizzero
A questo proposito non possiamo non citare l’enorme MacGuffin che sottintende all’intera vicenda.
La storia ha per protagonista un agente senza nome (interpretato da Ethan Hawke) che si avvale di uno strumento per viaggiare nel tempo e prevenire i delitti (una cosa simile a Minority Report, tanto per capirci). In uno dei periodi da lui visitati si finge un barista che aspetta una persona, quella stessa persona che inizia a raccontare una storia pazzesca, dalla quale non ci separeremo più.
Il fine del personaggio di Hawke, però, sembra essere la cattura del terribile terrorista Fizzle-Bomber, una specie di misterioso bombarolo che si diverte a far saltare per aria dei palazzi senza (apparentemente) motivo. E’ questo il nostro MacGuffin ragazzi. O forse no, a voi la scelta.
Quella fantascienza…
Parlare di Predestination senza fare il minimo spoiler è faticosissimo ragazzi, ma non voglio dirvi di più. Come al solito il film se lo sono cagato in tre, ma se vi fidate del sottoscritto è praticamente impossibile che rimaniate delusi.
Finalmente torniamo a vedere un film di fantascienza che scuote qualcosa lì sotto, nella pancia. Finalmente un film che vi rimarrà impresso, marchiato a fuoco nel cervello, perché riesce a mettere su un casino meraviglioso con tre attori, una regia sapientissima e una sceneggiatura da mordersi le mutande.
Ethan Hawke e (soprattutto) Sarah Snook sono perfetti, eccellenti: dolente e ombroso lui, sconfitta e toccante lei. I due concertano splendidamente, si mescolano quasi, portando sulle spalle un film incredibile, che dovrebbe rimanere nella storia della fantascienza, ma che probabilmente verrà dimenticato. Inghiottito dalla massa informe di CGI e “Bum bum” che vanno tanto oggi in un genere, quello fantascientifico, che non punta più a far ragionare, scuotere le coscienze, raccontare storie, ma punta a intrattenere, mostrare i prodigi della tecnica, a farsi le seghe davanti ai colori insensati e alle esplosioni senza scopo.
Quello che esplode in Predestination è l’emozione dello spettatore, che empatizza con tutto e tutti e alla fine si sente stanco, come se avesse sofferto anche lui, come se quei salti nel tempo li avesse compiuti anche lui. Perché quando tutto torna, quando i fili sono annodati, l’ingranaggio ha compiuto il suo ultimo scatto, quello che rimane è un senso di assoluta compiutezza, di totale integrità. Il film è compiuto alla perfezione, più integro e unico di quello che sto cercando di non dirvi, o forse solo di suggerirvi.
Una fantascienza sana, una fantascienza rude e primitiva quasi, che punta tutto sulla scrittura, sulla regia, sull’interpretazione e quasi niente sull’effetto speciale, bandito come un caino. Una fantascienza scabra, diretta e affascinantissima, molto più vicina a Blade Runner che ad Indipendence day. Una fantascienza, insomma, ancora in grado di far innamorare, far riflettere, una fantascienza ancora degna di esistere.