L’enorme successo de La casa di carta è sfociato in paragoni con serie tv più blasonate come Breaking Bad e Prison Break.
Ok, La casa di carta è una serie tv che merita tutto il successo che ha riscontrato. Lo merita anche al netto di una terza stagione evitabilissima. Però, quando qualcosa sembra andare alla grande, spesso la critica cade nell’errore di dover per forza fare dei paragoni a volte esagerati. Un po’ come accade nel Calcio, dove pare basti essere alto circa 1,70 m ed essere mancino e magari pure argentino per poter ottenere di diritto l’etichetta di “nuovo Messi”.
Ecco, questo è ciò che è successo alla serie tv ispanica, che dopo l’insperato boom dovuto principalmente ad una scelta più che mai indovinata di Papà Netflix (ormai Mamma Rai ha perso lo smalto di un tempo), si è vista al centro di accostamenti importanti (e in parte giustificati) con prodotti di gran lunga superiori come Prison Break o, addirittura, con una delle migliori serie di sempre come Breaking Bad !!!
Partendo dal presupposto che il confronto con Breaking Bad è fuori da ogni logica (no, non basta notare come il Professore abbia una capacità di estrarre conigli dal cilindro nei momenti clou molto simile a quella di Heisenberg per avere questa licenza), risulta invece più giustificabile quello con Prison Break, altro gioiellino a stelle e strisce disponibile sul catalogo Netflix, che presenta molti parallelismi sia per quanto riguarda la trama che per quanto concerne i comportamenti e le attitudini di alcuni personaggi.
Prison Break è uno show che come La casa di carta dimostra una certa forma di distacco nei confronti della politica attuale. Una politica fatta di complotti e prese di potere che, nel caso della serie made in Usa, vedono interessati i fratelli Michael J. Scofield e Lincoln Burrows.
Lincoln viene coinvolto in un procedimento penale per l’uccisione del fratello del Vicepresidente degli Stati Uniti e riceve una condanna per omicidio che prevede un soggiorno presso il Penitenziario di Stato di Fox River (Illinois) e che culminerà con l’inevitabile esecuzione della sedia elettrica.
Qui entra in gioco Michael, brillante ingegnere strutturale che, convinto dell’innocenza del fratello, studierà un piano tanto impossibile quanto meticoloso, che prevede il suo arresto con reclusione a Fox River e una fuga dal carcere assieme al fratello prima della sua esecuzione. Il tutto tramite delle istruzioni prontamente tatuate sul suo corpo durante la fase di studio del piano.
Vi ricorda qualcosa? Questa volta non ci saranno ladri professionisti con tute rosse e maschere di Salvador Dalì e nessuna Zecca di Stato ma un altrettanto inviolabile penitenziario ed un piano di fuga studiato minuziosamente dalla mente di un ingegnere e non da quella di uno che si fa chiamare “Professore” ma che in realtà non lo è.
Sì ma sempre di evasione si tratta.
Un’evasione spinta da un amore fraterno in Prison Break e che ne La casa di carta nasce più per un discorso quasi di ereditarietà tra padre e figlio.
Sostanzialmente è qui che troviamo la prima, grande differenza tra le due serie che caratterizzerà tutto l’evolversi degli eventi: se da una parte Michael sarebbe disposto a tutto per difendere suo fratello, dall’altra il Professore pur di realizzare il piano ideato dal compianto padre, sarebbe disposto a mettere a repentaglio la vita di decine di persone tra ostaggi e squadra operativa, la carriera di rispettabili poliziotti, l’amore di una mamma malata di Alzheimer e se potesse, anche la vittoria in una finale di Champions del Real Madrid (Anzi no, quello è impossibile anche per lui).
Potremmo continuare parlando della somiglianza tra alcuni personaggi tra i quali i presuntuosi T-bag (Prison Break) e Berlino (La casa di carta) oppure tra le innamoratissime Sara Tancredi (Prison Break) e Raquel Murillo (La casa di carta) e perchè no, tra i petulanti Bellick (Prison Break) e Arturo “Arturito” Romàn (La casa di carta) ma quello che conta è che le due serie partono da un principio comune, individuato nell’evasione, che però in Prison Break viene trattato come mezzo per raggiungere la libertà ma soprattutto la verità e non come obiettivo finale grazie al quale spassarsela con un cospicuo “bottino di guerra”.
In questo, La casa di carta ricorda di più Ocean’s Eleven.