
Project Power: un buddy cop movie con i superpoteri
Vi ricordate Limitless, il thriller del 2011 di Neil Burger con protagonista Bradley Cooper? Quel film parlava di una pillola che, se ingerita, sbloccava il 100% delle capacità cerebrali e trasformava chiunque in un piccolo genio. Ecco, immaginiamo di sostituire l’intelligenza con qualcosa di un po’ più frizzante come i superpoteri. Ciò che otterremo sarà Project Power, action movie rilasciato su Netflix lo scorso agosto.

Nella New Orleans di un futuro non troppo lontano, inizia a circolare una nuova droga chiamata “Power”. Il motivo per cui è tanto speciale è che dona per 5 minuti (esatti) abilità sovrumane mutuate dal mondo animale. C’è quindi chi riesce a regolare la propria temperatura corporea fino ad incendiarsi, chi diventa invulnerabile ai proiettili, chi si mimetizza con l’ambiente circostante, e così via. Purtroppo ci sono anche degli effetti collaterali: chi va in overdose esplode, letteralmente.
Ad indagare sul traffico di questa sostanza ci pensa Frank Shaver (Joseph Gordon-Levitt), poliziotto idealista ma consumatore lui stesso di Power. La sua spacciatrice di fiducia è la giovane Robin (Dominique Fishback), ragazza di colore povera in canna, con madre malata al seguito e la passione per il rap. Nel frattempo in città arriva il misterioso Art (Jamie Foxx), ex militare in cerca della figlia scomparsa e legato in qualche modo allo sviluppo della pillola miracolosa. Le strade dei tre si incroceranno presto, dando avvio a una serie di eventi che li porterà a scoprire chi c’è dietro la creazione della droga.

Project Power è un mix di poliziesco e film di supereroi intrigante sulla carta, ma povero nell’esecuzione. L’idea alla base non è male, ma la sceneggiatura è poco ispirata. Quel che Mattson Tomlin (co-autore anche del prossimo The Batman) prova a fare è proiettare in un contesto fantascientifico l’ormai consolidata formula del buddy cop movie. Abbiamo così una coppia di protagonisti agli antipodi (Frank e Art), uno bianco e l’altro nero, il primo poliziotto e il secondo criminale, dapprima insofferenti l’un l’altro ma poi costretti a collaborare per conseguire un obiettivo comune. Contiamo pure la ragazzina e ci troviamo davanti a uno script che grida Shane Black da tutti i pori.

Peccato che Tomlin non sia lo sceneggiatore di Arma Letale e Kiss Kiss Bang Bang. Se togliamo i poteri dall’equazione ciò che rimane è una pellicola di genere abbastanza scontata e piena di cliché, con pochi guizzi, alcuni passaggi affrettati (a Frank basta mezza riga di dialogo per convincersi a fidarsi di Art) e villain pressoché dimenticabili (ad esclusione di un Rodrigo Santoro piacevolmente sopra le righe). Non aiuta il fatto che il concept stesso ricordi molto da vicino quel Code 8 distribuito sempre da Netflix pochi mesi prima.
Dove lo script zoppica, tenta di compensare la regia di Ariel Schulman e Henry Joost (già dietro la mdp di due Paranormal Activity e Nerve). Sfortunatamente anche questa è altalenante. Sequenze visivamente d’impatto e al limite dello psichedelico (i dettagli sull’attivazione dei poteri, per esempio) si alternano a scene d’azione il più delle volte confusionarie o concepite in maniera discutibile. Mi riferisco in particolare al piano sequenza del combattimento nel locale… in cui non si vede il combattimento! Insomma, che senso ha impegnarsi a realizzare un long take se poi l’azione me la metti sfocata e sullo sfondo e preferisci concentrarti su una donna che diventa un ghiacciolo?

C’è da dire che almeno il ritmo è incalzante. I 111 minuti di durata scorrono veloci e senza intoppi, a volte pure troppo. Di sicuro Project Power non è un film noioso, ma dove brilla davvero è in altri campi. Innanzitutto negli spettacolari effetti speciali, che danno il meglio di sé (ovviamente) nella messa in scena dei superpoteri. Ciò che colpisce di tali sequenze è l’originalità: rispetto ai millemila cinecomic usciti finora, qui assistiamo a trasformazioni corporali molto “organiche”, realistiche e cronenberghiane, che hanno pesanti conseguenze sul corpo umano. Probabilmente la cosa più vicina a ciò che aveva in mente Josh Trank per il suo Fant4stic, prima che fosse “castrato” dalla Fox.

Promossa pure la colonna sonora elettronica di Joseph Trapanese (Tron: Legacy, Fire Squad), così come gli interpreti principali. Il duo formato da Joseph Gordon-Levitt e Jamie Foxx (doppiato per l’ultima volta dal compianto Roberto Draghetti) è leggermente sbilanciato verso quest’ultimo, tuttavia entrambi forniscono delle convincenti prove attoriali. Tra parentesi, ho apprezzato quei tre o quattro momenti quasi metacinematografici in cui i due si trovano a dover “recitare” per circuire i cattivi. In ogni caso, il loro carisma è sufficientemente elevato da eclissare per fortuna la presenza della Fishback, che per quanto brava a rappare, porta in scena uno dei personaggi più odiosi ed irritanti visti in un lungometraggio dai tempi di Jar Jar.

Godibile a mente spenta ma tutt’altro che memorabile, Project Power è un film che convince a metà. Sfortunatamente non riesce a sviluppare nel migliore dei modi il suo brillante soggetto e, cosa ancor più grave, fatica a rimanere impresso a fine visione. Tuttavia non dirò che è brutto, perché non lo è. Per quanto potesse venir fuori meglio, la pellicola di Schulman e Joost resta un B-movie onesto e divertente, l’ideale per chi cerca un intrattenimento senza molte pretese. E per gli standard medio-bassi di Netflix questo è già qualcosa.