Film

Quel bravo ragazzo: Herbert Ballerina e il suo film all’insegna della demenza

Stavo per entrare alla Fiera del Disco di Genova, giuro. Ci stavo proprio per entrare. Avevo già ritirato un’ingente quantità di danaro al fine di far scorta di un po’ di buona musica. Ma purtroppo, proprio in quell’istante, un mio amico di nome Ludovico (che potrei tranquillamente anche chiamare Satana) mi ha tentato con questa frase: “Monta (soprannome di chi scrive), andiamo a vedere il  film di Herbert Ballerina?”. Prima risposta, a sangue freddo: “Caro Ludovico, esattamente, tu, che problemi hai? Sarà una cazzata cosmica, non spendo dieci euro per una minchiata del genere”.

Fotogramma successivo: il sottoscritto si ritrova davanti alla macchinetta dei pop corn del cinema Space di Genova e non vede l’ora di entrare in sala per godersi un po’ di sano e purulento trash.

Ma iniziamo con le presentazioni. Quel bravo ragazzo si tratta dell’ultima “fatica” di Enrico Lando (già regista de I soliti idioti), ma sin da subito è necessario precisare che, ovviamente, Quel bravo ragazzo non si tratta di un film di Enrico Lando, che ha qui la funzione di mero regista “di servizio”, ma si tratta, invece, del film di Luigi Luciano, in arte meglio conosciuto come “Herbert Ballerina”, un personaggio che, anche grazie alla preziosa collaborazione più che decennale istituita col signor Maccio Capatonda, è riuscito negli ultimi anni a ritagliarsi un ruolo preminente all’interno della comicità televisiva italiana, divenendo spalla fidata (appunto) del buon Capatonda, e riuscendo a creare una serie di battute divenute, in particolare fra i giovani italiani consumatori voraci – e decennali – di serialità demenziale televisiva, dei veri e propri “must” con cui interagire col prossimo. Dai, se avete un’età compresa tra i 15 e i 25 anni e nella vostra – inutile – vita non avete mai urlato per strada “HO VISTO TUTTO!”, oppure “HA FATTO UNA BOTTA FENOMENALE… COME UNA CATAPULTA!”, o siete delle persone tristi (in tal caso, se volete farla finita, basta che prendiate il porto d’armi e vi spariate una pallottola nelle cervella, grazie), oppure siete dei “cinefili topi da biblioteca ritardato-lesi”.

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Dunque, come Capatonda un anno fa circa aveva provato a farsi strada nel mondo del grande schermo con la parabola di Italiano medio (che non era nient’altro che un’estensione prolungata di alcuni suoi sketch, condita con un piccola trama utile a far sì che i novanta minuti proiettati non risultassero un assemblaggio deframmentato di sequenze slegate l’un l’altra – che poi, purtroppo, è proprio quello che ne è risultato -, ma, piuttosto, un’opera omnia che provasse a rilegare tutto in un unicum), a sua volta, Ballerina, prova a sbarcare sul grande schermo facendo leva sul suo folle e assolutamente idiota umorismo, e ci riesce in maniera discreta e, senza ombra di dubbio, migliore di Capatonda.

Chiariamoci. Quel bravo ragazzo non aggiunge assolutamente niente all’interno di quel filone filmico nel quale si vuole inserire (la commedia demenziale), ma si tratta, nella sua ordinarissima regia, scevra di alcun virtuosismo tecnico, semplice e lineare nella costruzione dell’immagine, di un prodotto assolutamente godibile e ben costruito.

Il pretesto è davvero dei più classici. Un capo-mafioso muore e suo figlio, un allocco cresciuto in un orfanotrofio e devoto chierichetto (interpretato, ovviamente, da quel fuori di testa di Ballerina) deve prendere le redini della famiglia. La riunione per eleggere “il Capo dei Capi” è vicina, e il compito degli scagnozzi dell’ormai defunto boss è quello di educare lo stupidissimo Leone a diventare un capo famiglia coi controcazzi, in grado di guadagnarsi il rispetto degli altri clan.

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Aggiungiamoci poi la Polizia, che riuscirà praticamente sin da subito a farsi gioco del povero Leone, e il gioco è fatto.  Infatti, grazie all’apporto dell’agente Sonia (una splendida figa di nome Daniela Virgilio), il povero Leone verrà infinocchiato sin da subito e spiato dalle Forze dell’Ordine in ogni sua mossa.

Sebbene risulti così semplice e ovvia nell’intreccio, la sceneggiatura di Quel bravo ragazzo, costruita ad hoc per sfruttare al meglio le enormi capacità comico-espressive di Ballerina, si tratta, invece, del punto forte del film, che funziona, facendo sorridere dall’inizio alla fine e palesandosi come un “prodotto filmico” vero e proprio (piuttosto che un susseguirsi di sketch a compartimenti stagni).

Ballerina, anche grazie all’apporto catalizzatore di alcuni nomi davvero importanti, primo fra tutti Ninni Bruschetta, che chi ha visto Boris non può non ricordare – la sua interpretazione di Duccio credo sia già passata alla storia della serialità televisiva italiana – ma anche Tony Sperandeo ed Enrico Lo Verso, degni interpreti di personaggi simpaticissimi, si eleva a protagonista di una commedia divertente ed innocente, che certamente piacerà a chi, almeno una volta nella vita, ha avuto l’occasione di poter sorridere di fronte a uno sketch dell’attore originario molisano, ma che non necessariamente verrà disdegnata da chi non ha mai avuto occasione di avere a che fare con questo tipo di comicità.

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Ricordando la parabola di Johnny Stecchino (modello diretto del personaggio di Leone), Ballerina, senza alcun tipo di pretesa e grazie a un copione semplicemente ben strutturato e ad una demenzialità devastante e “sfruttata” egregiamente, grazie alla sua comicità irreplicabile e isolata soltanto alla sua folle persona, dà volto a una commedia superficiale, ma degna di menzione, ordinaria, ma al contempo unica nel suo genere, adatta, anche grazie alla quasi totale assenza di parolacce (cosa rara di questi tempi), a grandi e piccini.

Ps: per chi se lo fosse chiesto, Capatonda partecipa in un piccolo ruolo, sì. E fa morire dal ridere.

Visione consigliata dopo una bottiglia di Cynar scolata in solitudine. Sconsigliato andare al cinema con lo squaraus. Se vi viene da ridere (cosa probabile) gli sfinteri potrebbero cedere e iniziare a lavare le vostre mutandone.

Lorenzo Montanari

"Il ragno rifugge dal bugigattolo, ma è ben attento alla preda. Sarà l'ora di fare un bagno, Edison?" Sestri Levante, Genova, Italia.
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