Stavolta i Marvel Studios sono stati di parola: sui presupposti costruiti dalla serie Loki prenderà il via la Fase 4. Che, se dobbiamo dar retta ai rumor riguardanti il secondo Doctor Strange e il terzo Spider-Man con Tom Holland, esplorerà il multiverso, realtà parallele, più versioni degli stessi personaggi e così via.
Insomma, un casino, che già a livello fumettistico è sia un passe-partout capace di svecchiare molte saghe e giustificare incongruenze, sia una patata bollente di difficile gestione. Il pubblico dei fumetti, poi, è tendenzialmente molto più specializzato di quello del cinema. Riuscirà dunque la Marvel nell’impresa di far digerire il multiverso al pubblico generalista?
Tornando a Loki, la serie sfrutta l’escamotage di prendere un personaggio la cui sopravvivenza cinematografica è interamente basata sull’eccezionale vastità del fandom che è riuscito a ritagliarsi, nell’interpretazione di Tom Hiddleston, e inserirlo in un contesto esistente nei fumetti ma per lui e noi nuovo, quello della TVA, l’agenzia di controllo delle linee temporali.
Non si tratta del Loki che avevamo lasciato (morto) in Infinity War, ma di una sua diramazione precedente: quella che, in Endgame, ruba il Tesseract piovutogli ai piedi e taglia la corda. Con questo gesto, si trasforma in una “Variante Loki” e scopriremo, nel corso della stagione, che è solo l’ultimo di una lunga schiatta.
La serie, molto attesa, ha vistosamente risentito della pandemia, come vedremo più avanti. Ha diversi punti a favore al suo arco: un bello stile che cita i telefilm di fantascienza degli anni Sessanta e Settanta, buone interpretazioni attoriali, un nuovo personaggio che ci ha fatto completamente rivalutare Owen Wilson (chi nega mente) e indubbiamente l’epilogo funge da importante tassello, nell’MCU, forse più di quanto abbiano fatto WandaVision e Falcon and the Winter Soldier.
Anche se, non pigliamoci in giro: nessuna delle tre serie Marvel Studios è così essenziale da non poter essere saltata. Arricchiscono la narrazione, certo, ma non penso che il non averle viste renderà i prossimi film incomprensibili. Sarà facile digerire sia i nuovi “ruoli” di Wanda e Sam Wilson, sia la rottura del multiverso come dato di fatto.
Recentemente, è trapelata notizia che Loki potrebbe continuare a fare da ponte con Doctor Strange in the Multiverse of Madness comparendo nel film, ma nel momento in cui scrivo non è ancora chiaro se si tratterà di un semplice cameo, oppure di un ruolo più rilevante.
Loki, però, ha molti, troppi problemi come serie. Per praticità, presento qui un breve elenco *squaderna il rotolo di pergamena*.
Quello non è Loki
La presenza di Loki, e di Tom Hiddleston che lo interpreta per la – settima? – volta, è puro fanservice. Se al suo posto, in questa stessa identica storia, ci fosse stato Topo Gigio, non sarebbe cambiata di una virgola. Alla luce dell’ultimo episodio, è chiaramente una marchetta al fatto che il personaggio sia così amato dal pubblico, non arricchita da ragioni ulteriori per la sua presenza che provengano dalla scrittura.
Inoltre, questo Loki non è il Dio dell’Inganno. Mi dispiace. È un semplice protagonista, fondamentalmente buono e un po’ sfigato, con un arco di redenzione veloce come il fulmine e tanto più irrealistico se si pensa che è il Loki post Avengers, non quello post Thor: Ragnarok. Non c’è praticamente nulla di ingannevole nelle sue azioni e la sceneggiatura ci ricorda pure su basi regolari che un mezzo incapace.
Di base, ho il sospetto che Kevin Feige non riesca proprio a mettere un personaggio protagonista senza renderlo un buono tout court.
Sylvie eroina Disney numero mille
Avevo già scritto un articolo in passato riguardante questo problema e vedo che non si è molto migliorato nel frattempo: la Disney non ha ancora capito che “femminismo” vorrebbe dire presentare personaggi femminili ben scritti e sfaccettati che non siano lì solo per essere il love interest di qualcuno. Umane, chiaroscurate. Ritiene invece al contrario che significhi mostrare sempre e solo donne senza macchia, perfette, invincibili, indomite.
Sylvie (interpretata da Sophia Di Martino) non fa eccezione: dovrebbe essere una variante di Loki ma non ha assolutamente niente di Loki, potrebbe essere una variante di Rey Skywalker e sarebbe persino più credibile.
Ovviamente, come Rey, lei è speciale, unica, tutti i Jedi, tutti i Sith, la Loki più Loki di tutti i Loki (no), etc. Mostrano innumerevoli varianti di Loki ma ci tengono a dire che lei è l’unica variante femmina, perché sia mai che fosse un poco meno speciale. Questo, tra l’altro, manda a bagno tutto il discorso del Loki genderfluid, visto che in pratica ci hanno detto che essere maschio è la “norma” per la categoria dei Loki, di cui lei è la sola eccezione esistente.
Sia mai.
Il selfcest? Che, davvero?
“Qualcuno pensi ai bambini!” Tranne che se si tratta di un maschio e una femmina, lì tutto è lecito e family friendly. Persino presentare una storia d’amore tra due versioni della stessa persona.
Che, da un lato, fa super ridere e sarebbe pure in character: Loki che si innamora soltanto di se stesso.
Dall’altro, però, è anche oggettivamente creepy. Mi chiedo con che scioltezza la Disney abbia potuto presentare con serietà, oltre che per scherzo, una dinamica del genere, visto come di solito vada coi piedi di piombo nel mostrare qualunque relazione sentimentale deragli dalla consuetudine. Cioè: Sylvie e Loki hanno avuto gli stessi genitori – sia biologici che adottivi -, la parola “incesto” è tipo il minimo sindacale nel loro caso. È come se fossero gemelli separati alla nascita. Aggiungici poi che SONO LA STESSA CAZZO DI PERSONA e ci tengono pure a ripetercelo, ogni tanto (sia mai che non abbiamo ancora rimesso il dessert).
Battute sull’autoerotismo a tutto spiano.
Poi, ovviamente, la spiegazione che mi do è sempre quella sopra: per la Disney basta che siano un maschio e una femmina e va tutto bene.
Prossima coppia Disney, a questo punto, Cersei e Jaime Lannister.
Mancanza cronica di spiegazioni
Uno dei difetti più in vista di questa serie è una sceneggiatura pigra e sciatta che, quando incontra un nodo problematico, semplicemente lo aggira e obbliga i personaggi a non parlarne – anche se le più basilari regole di buon senso imporrebbero che facessero delle domande.
Per esempio: se la TVA preserva un’unica linea temporale falciando tutte le ramificazioni, e se il Loki protagonista è stato arrestato dalla TVA non appena ha usato il Tesseract perché stava immediatamente rischiando di dare origine a un evento Nexus, perché esistono varianti Loki così diverse da lui – una donna, un Loki nero, un Loki coccodrillo? Non avrebbero dovuto essere cancellati alla nascita, anziché essere lasciati liberi per anni prima di venire sfrondati?
I problemi qua sono due: il primo è che questa componente così importante non viene mai spiegata, la seconda è che Loki non ponga mai tale domanda a nessuno. L’intento di fornire al pubblico solo spiegazioni vaghe e generiche è sin troppo evidente: molto è presentato come dogma, vediamo i personaggi accettare questo dogma passivamente con l’aspettativa che il pubblico faccia altrettanto. Forse questa illusione può attecchire sul pubblico meno attento, ma è parecchio spiazzante per chi aspetta in grazia che certe questioni così fondamentali vengano chiarite, senza successo.
Mancanza cronica di motivazioni
Il regista Billy Wilder diceva che puoi far fare ai tuoi personaggi quello che vuoi, quello che più ti serve che facciano, basta che ti inventi una motivazione sensata per cui lo stanno facendo.
Per esempio: voglio che il lupo di Cappuccetto Rosso, in un dato momento della storia, si vesta come la nonna della bambina. Perché lo farebbe? La motivazione è che così la bambina, scambiandolo per la nonna, si avvicinerà a lui, anziché scappare non appena lo vede.
Resta improbabile che una bambina sia così rincoglionita da confondere un lupo con la cuffietta per la nonna, ma almeno con questa trovata ho fornito una spiegazione alla dinamica proposta.
In Loki, esattamente perché Colui che Rimane, alias Kang, si inventa l’inganno dei tre Custodi robot? Non poteva semplicemente rivelarsi ai seguaci come capo della TVA? In fondo abbiamo visto che gli agenti come Mobius seguivano l’agenzia perché credevano genuinamente di preservare in tal modo l’ordine, è dunque immaginabile che avrebbero fatto altrettanto sapendo che nel rilasciare il Caos si annidava una grande minaccia.
Quindi qual è la motivazione sensata per cui Kang si celava e si è inventato delle marionette al suo posto? Io non la vedo. Se non quella di creare un colpo di scena a metà serie, fine a se stesso.
Molto fanservice, poco arrosto
La Marvel cinematografica ha trovato una formula senza dubbio vincente: potendo attingere a un patrimonio fumettistico sterminato, può disseminare i suoi film e serie di strizzate d’occhio a particolari personaggi, iterazioni o albi, senza sviluppare appieno il riferimento ma lasciandolo più come una sorta di citazione. Un esempio famoso è l’utilizzo del titolo “Civil War” per un film che raccontava più che altro lo screzio tra Iron Man e Captain America e che rimandava a una saga su carta completamente diversa e molto più corale.
La serie Loki è zeppa di omaggi a varie saghe: abbiamo, per esempio, l’apparizione del Loki classico con tanto di costume della sua prima versione fumettistica, il Thor rana (inquadrato per un breve istante in un barattolo sepolto sottoterra), Lady Loki che è anche Sylvie l’Incantatrice, Kid Loki, e ultimo ma non meno importante Colui che Rimane, che fonde in sé lui pure un altro personaggio molto atteso, Kang nella versione Immortus. Kang, tra l’altro, è già stato annunciato come villain di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, quindi moltissimi fan speravano in una sua apparizione in Loki come capo della TVA e sono stati dunque esauditi.
Il problema, anche qui, è che si ha l’impressione che tutto questo interesse a spargere fanservice per i lettori di fumetti come fossero noccioline finisca per camuffare le molte dilatazioni e mancanze della sceneggiatura. Un po’ come infiocchettare di decorazioni una struttura architettonica per nascondere il fatto che sta su a malapena.
“Da quante altre serie e saghe copiamo?” “Sì.”
TVA vuol dire possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio, quindi i riferimenti ad altre note saghe che hanno a che fare coi viaggi nel tempo si sprecano. Molti penseranno a Ritorno al futuro, ovviamente, ma a mani basse la saga che Loki saccheggia impunemente è senza dubbio l’eterna Doctor Who, al punto da richiamarne anche l’estetica anni Sessanta delle prime stagioni, gli effetti speciali televisivi e casalinghi. Chi la conosce ricorderà che un’intera puntata di Doctor Who era ambientata a Pompei e che proprio in quella sede si spiegava una sorta di dogma della serie, ovvero che la storia dell’universo poteva essere cambiata tranne alcuni “punti fissi nel tempo”, come l’eruzione del Vesuvio, che non era possibile modificare. La questione delle apocalissi come punto cieco nello spazio-tempo è diretto cugina di quel concetto, anche se resta una bella trovata.
Altra serie che può essere avvicinata agli spunti offerti da Loki può essere la tedesca Dark, ma negli ultimi episodi a farla da padrone è la prossimità a un telefilm cult, Lost, talmente palese da rasentare il plagio. Fumo nero assassino? Un personaggio alla ricerca di un successore per un compito alto e difficile?
Mi sembrava di essere in un loop temporale.
Effetto Covid: distanti, fermi e seduti
La serie ha molte lunghe scene di dialogo e questo non necessariamente è un male. Salta agli occhi però, dopo un po’, come tali scene si svolgano sempre in un contesto abbastanza ripetitivo: i personaggi sono seduti attorno a un tavolo o una scrivania, e parlano. Molte volte si ha la sensazione di una carenza di personaggi e in generale di comparse. Questa situazione, reiterata molte volte, finisce per rendere l’insieme molto statico e poco vario, come se la regia sapesse mettere in scena i confronti tra i personaggi solo in un modo.
Viene il solido dubbio, guardando, che la pandemia ci abbia messo lo zampino e che questa staticità sia stata dovuta proprio alla volontà di ridurre al minimo le scene affollate ed elaborate. Solo che la produzione avrebbe dovuto essere abbastanza brava da mascherare questa necessità, che invece finisce per risultare palese e appesantire la narrazione.
Tra le componenti che mi sono piaciute, c’è sicuramente Tom Hiddleston che nel bene o nel male ormai è padrone del personaggio. Non è così frequente per un interprete cinematografico portare avanti un ruolo continuativamente per più di dieci anni e per giunta, essendo a ogni film cambiati registi e autori che lo scrivevano, si è creata una sorta di anomalia per cui in questo particolare caso l’attore è la persona che conosce meglio il background del personaggio. Prima di iniziare le riprese di Loki, è stato lo stesso Tom Hiddleston a tenere delle lezioni preliminari allo staff che sarebbe andato a scrivere la serie.
Altro pro, l’abbiamo detto, è il personaggio di Mobius interpretato da Wilson, un serio e brillante impiegato della TVA con una passione viscerale per le moto d’acqua. I primi due episodi in cui i due personaggi instaurano una sorta di dinamica alla buddy movie sono quelli che ho preferito.
Una necessaria menzione d’onore va anche alle varianti Loki, su tutti Loki alligatore – ribattezzato subito impropriamente ma carinamente dai fan “Croki” -, ma soprattutto Classic Loki interpretato da Richard E. Grant. Lui sì, il Loki più Loki di tutti i Loki: il più autentico Loki di questa serie.
Nella scena bonus finale, dopo un evidente cliffhanger, è arrivato l’annuncio che quella che abbiamo visto non è una miniserie, ma una prima stagione. Non ci resta dunque che attendere cosa riserverà la seconda parte – e chissà che non ci faccia l’enorme regalo di fornire qualche spiegazione più circostanziata riguardo tutti quei punti finora un po’ buttati lì.
E voi, siete meno severi di me riguardo a Loki? Quale delle tre serie Marvel avete preferito finora? Avete visto Black Widow? State attendendo con trepidazione What if…? Fateci sapere!
PS: Che sfiga ha avuto la Marvel a dover impiegare così tanto il termine “variante” proprio in questo periodo? Immagino Kevin Feige con l’esaurimento nervoso, ormai.