C’è voluto qualche giorno per metabolizzare il finale di WandaVision.
Non perché sia particolarmente sconvolgente ed epocale. Anzi, forse proprio perché non lo è stato. Non quanto ci si aspettava, quantomeno, sino all’episodio 7.
Più che altro perché ci si rende conto, da quando esiste Netflix, che forse abbiamo iniziato a giudicare serie con diversa release – episodio settimanale in un caso, tutta la stagione in una botta sola nell’altro – in due modi completamente distinti. Ormai una stagione di dieci episodi guardata in binge watching tendiamo a valutarla nel suo complesso come faremmo con un film; impossibile, invece, non soffermarsi sugli episodi verticali quando dobbiamo colmare l’attesa tra una settimana e la successiva.
E allora viene da chiedermi: avrei giudicato allo stesso modo WandaVision se fosse stata pubblicata tutta in un botto, anziché a spizzichi? Mi sarebbe piaciuta di più, o di meno?
Sono propensa a credere che alcune cose – come la comparsa di Evan Peters, la consacrazione di Wanda a Scarlet Witch (finalmente!), le trovate legate ai vari stili sit-com – mi avrebbero lasciato un gusto talmente divertito, in un’eventuale visione “globale” della serie, da farmi restare un buon sapore in bocca comunque.
Con la pubblicazione a episodi, invece, a molti è rimasto un retrogusto amaro dovuto principalmente al fatto che mentre gli episodi 4, 5, 6 e 7 sono un crescendo epico, i due conclusivi invece risultano un po’ deludenti, frettolosi, pieni e caotici, e fondamentalmente banalizzano i buoni presupposti che sembravano esserci. Poi, di certo, l’attesa tra un venerdì e l’altro ha fomentato le nostre aspettative, cosa che con uno Stranger Things oppure La regina degli scacchi non poteva accadere, per forza maggiore.
D’altro canto, però, l’hype che alimenta il rilascio settimanale non è solo croce, ma anche delizia, ed è un’arma che la Disney tutta e anche altri devono considerare come un medium di per sé, e valorizzarlo. Con WandaVision, in parte, c’è riuscita, più che con The Mandalorian, secondo me: ogni episodio si chiude con un cliffhanger che invoglia ad aspettare il successivo, come nella tradizione della “tavola in basso a destra” dei fumetti. Anche, più intuitivamente, di prodotti che hanno fatto scuola televisiva come Lost, creati a tavolino per essere Sfingi enigmatiche prima ancora di pensare alla soluzione.
Quello che è mancato, forse, è stato un finale col botto vero: quando alzi l’asticella, tutto quello che è al di sotto, o parecchio al di sotto, finisce per sgonfiare l’entusiasmo teso fino al limite (ne sa qualcosa proprio Lost, o ancor meglio Game of Thrones). È sembrato molto strano che proprio la Disney, che sta facendo del fanservice una delle chiavi della sua politica, sia stata tanto di braccino corto proprio sul finale. Al punto da aver fatto ipotizzare che la pandemia abbia rovinato dei piani.
Avete presente la Disney, quella che tratta qualunque prodotto come se fosse uno spettacolo di fuochi d’artificio a Disneyland, piazzati proprio a conclusione della giornata, che si svolgono con un crescendo continuo sino al tripudio finale, fatti apposta per mettere un punto e, allo stesso tempo, farti venire voglia di tornare? Per dire: Avengers: Endgame è stato un fuoco d’artificio finale senza ombra di dubbio, nel bene e nel male.
Quindi ecco: WandaVision è un buon prodotto che però ha mancato l’appello con l’ultimo climax, quello che serviva per chiudere la serie in levare.
Il secondo peccato originale, forse più grave, è quello di aver lasciato diverse trame aperte: va bene che siamo in un universo condiviso, ma l’impressione è che molte di esse resteranno così. Nella migliore delle ipotesi, “fixate” all’ultimo momento – come quella relativa a Fake Pietro/Ralph, un’uscita di scena che definire anticlimatica è il complimento più lusinghiero.
I Pro di WandaVision
Parliamo delle cose belle: le serie MCU sembra vogliano darci un indubbio valore aggiunto, ovvero più tempo per esplorare anche le psicologie dei personaggi. Se Wanda, nei film, era una figuretta quasi pallida in secondo piano, qua riceve finalmente un approfondimento che la rende tridimensionale. Il che ci ha fatto anche scoprire che Elizabeth Olsen è un’attrice ottima, con un grande range espressivo: molte delle battute risultano efficaci proprio perché è lei a interpretarle. Ed è solo una fortuna che accanto a Olsen ci sia un altro attore la cui bravura è invece già conclamata da tempo, Paul Bettany.
La loro recitazione è il maggior carburante alla sospensione dell’incredulità necessaria per la serie. Mettono in scena una delle coppie Marvel più note sebbene bizzarre e lo fanno in modo intenso e credibile, pronunciando frasi che rimangono nel cuore a lungo come: “il dolore per la perdita è solo amore perseverante”.
Altro valore positivo è tutto il lavoro mastodontico fatto sulla messa in scena, per la resa stilistica delle varie epoche. Anche in un eventuale rewatch, la serie risulta divertente proprio per queste innumerevoli “trovate”, dagli spot televisivi – quello di YoMagic mi avrebbe terrorizzata, da bambina, e mi resterà nella retina a lungo – fino alle sigle e… vogliamo omettere la sequenza su Agatha Harkness con la sua canzoncina catchy, tanto nonsense ed esagerata da diventare sublime? Altro personaggio che sarebbe risultato molto semplice se non fosse stato estremamente ben recitato dalla sua interprete, Kathryn Hahn.
Mi è piaciuto anche che tutta la serie sia una grande allegoria dell’elaborazione del lutto e di come questa diventi estremamente difficile da gestire nelle mani di qualcuno che ha più potere della norma. Apprezzo che, con Wanda, abbiano tirato fuori un topos che mi è sempre piaciuto, il paradosso della “troppa potenza” che spesso è uno dei pochi escamotage narrativi in grado di rendere interessante i personaggi overpowered.
Ah: un plauso anche al fatto che, dopo aver incespicato un po’ proponendo modelli femminili troppo perfetti e irrealistici, in cui è letteralmente impossibile identificarsi – come la Rey di Star Wars e Carol Denvers di Captain Marvel -, la Disney stia gradualmente prestando attenzione a che ne vengano scritti di sfaccettati, chiaroscurati. Parlo, ovviamente, di Wanda e della Black Widow degli ultimi film – che spero di ritrovare all’altezza anche nel suo capitolo in solitaria.
Cose interessanti
La retcon su Wanda: nei comics, Wanda Maximoff è una X-Men, quindi nata mutante. Quando però i diritti cinematografici degli X-Men erano in mano Fox, l’MCU ha sempre evitato di proporre supereroi umani dotati di poteri dalla nascita e Wanda e suo fratello sono stati introdotti nella storia come “potenziati” in laboratorio. Inizialmente, l’MCU ce l’ha venduta come una donna normale che aveva acquisito i poteri in seguito a esperimenti. Dopo l’acquisizione Fox da parte Disney si è cambiato rotta drasticamente: in questa serie scopriamo infatti, per la prima volta, che le immense capacità di Wanda sono innate e uniche.
Pure l’idea di “Scarlet Witch” introdotta qui è nuova, anche rispetto ai fumetti: lì era semplicemente il suo nome da eroina, mentre qua diventa un vero e proprio concetto, un po’ come i Super Sayan in Dragon Ball: una strega leggendaria più potente di qualunque altra.
La cosa più interessante da segnalare in questa sezione sarebbe potuta essere l’avere Pietro Maximoff interpretato da Evan Peters (come nei film degli X-Men) e non da Aaron Taylor-Johnson, ma è un aspetto che hanno sminchiato sul finale. Si vede che Kevin Feige, il capoccia dei Marvel Studios, odia quei film e voleva dimostrarlo perculandoli apertamente. Non so che altro pensare.
Anche se… magari questo Pietro potrebbe essere un altro indizio messo lì quasi per caso, come il J. Jonah Jameson nella scena bonus di Spider-Man: Far From Home, per comunicare che si sta aprendo, piano piano, impercettibilmente, ai multiversi?
No, non devo farmi altre teorie. Basta illusioni. Ci hanno scottato già troppo.
I contro di WandaVision, brutti in modo assurdo
Il più grande inganno di questa serie è stato che, per come era impostata, sembrava avere un lato mistery ben più preponderante di quello che poi si è rivelato: se prendiamo l’articolo che avevo scritto precedentemente, che mi serve quasi da promemoria per ricordare quali generi di domande ci facevamo, mi rendo conto di quante cavolo di linee narrative sono finite nel nulla. Peggio: non hanno mai avuto un valore.
L’amico ingegnere? Darcy? Il tizio sotto protezione testimoni? Il postino? Dottie? Il vicino di casa? Ralph/Fietro? QUEL POVERO APICOLTORE?
L’ultimo arrivato in ordine di tempo, pure: il Visione bianco? Che poi, ricordiamo: sarebbe il Visione reale, sulla carta. Do’ sta? Che fa? ‘Ndo va? Perché nessuno si pone il problema?
Sul Fake Pietro abbiamo già detto: delusione, e disprezzo manifesto per il personaggio, pari solo al Mandarino di Iron Man 3.
Talmente tante linee narrative aperte che sento gli spifferi sul collo.
Ok, forse ci siamo troppo fomentati noi, ma oltre una certa quantità di personaggi e battute lasciate cadere nel vuoto scientemente, non è più una scusa valida.
Ah e il costume da supereroina di Wanda è molto bello e lo cosplayerei anche adesso. Tuttavia, la trasformazione in cui si acquisiscono anche i vestiti ad hoc magicamente continua a fare effetto Sailor Moon.
Per il resto, morto un Papa se ne fa un altro: la Fase 4 è ufficialmente iniziata e il 19 marzo arrivano Falcon and the Winter Soldier, che promette più botte da orbi e meno seghe mentali inutili. E se finisse per rivelarsi il contrario? Odino ce ne scampi.
E voi che ne avete pensato della serie? Nel complesso siete contenti, o siete delusi? Oppure l’avete presa con tanta sportività che ribaltereste i tavoli come alcuni miei colleghi di redazione (che desiderano fortemente restare anonimi)?
Diteci la vostra!