Film

Redacted, ovvero De Palma e la verità

La verità ti fa male lo soooo..

Dal momento che si tratta di un discorso piuttosto pesante e  dal momento che dico sempre di voler trovare una morale in ogni film, comincio così e poi basta stronzate.

Per parlarvi di questo film ho bisogno di svelarvi un po’ di cose sulla trama, per cui se ci tenete alla suspense meglio che leggiate a film già visto.

Personalmente mi sono imbattuta in Redacted per ragioni didattiche, e pur apprezzando molto De Palma non avevo mai sentito parlare di questo film. Inoltre diffido modo dei film recenti di registi che si sono realizzati fino allo straordinario ormai anni or sono, ma data anche la breve durata (esattamente 90 minuti) una sera decido di guardarlo.

Che dire, andarci secchi senza avere la più pallida idea di che cosa tratti è piuttosto traumatizzante, non so come altro descrivervelo: ambientato in Iraq, nel 2006, il film ci racconta della vita di un gruppo di soldati che lavora presso i posti di blocco, nonché dello stupro e omicidio, realmente accaduti, che essi compiono.

Se tra voi c’è qualche appassionato di De Palma, saprete che il discorso su quanta verità venga insabbiata per quanto concerne i crimini bellici era già stato trattato in Vittime di guerra, ma qui, invece che limitarsi all’uso del flashback, il nostro spietato regista sceglie un sistema narrativo ancora più efficace e sconvolgente: frappone tra noi spettatori e la vicenda una telecamera, continuamente, giustificandola dal punto di vista diegetico con la presenza dei più disparati media, palesandocela con la presenza della data e l’ora sullo schermo o talvolta, in modo più sottile, attraverso il montaggio e i movimenti di macchina stessi.

Un frame ripreso dalle videocamere di sicurezza
Un frame ripreso dalle videocamere di sicurezza

Quest’ultimo è il caso del documentario presente all’interno del film, Barrage, che ci mostra un’idealizzata immagine soldatesca resa evidente dalla staticità generale e dal sottofondo musicale (la Sarabanda di Haendel) che sembrano voler dare un tono solenne al tutto.

Barrage
L’inizio di Barrage

Questo documentario si contrappone a quello che invece sta girando uno dei soldati protagonisti, Salazar. Intitolato Tell me no lies, si mostra a noi spettatori come esplicitamente amatoriale: manca di montaggio, la ripresa è molto mossa e ogni tentativo di intervista documentaristica da parte di Salazar fallisce, interrotta dai volgari dialoghi tra i soldati, che spesso lo deridono per il suo intento cinematografico. Saranno lo stesso Salazar e la sua videocamera ad essere testimoni involontari del crimine, e da questo momento De Palma dà un vero e proprio schiaffo in faccia all’America, o quantomeno al modo in cui questa gestisce la guerra in senso lato.

Tutta la fase finale del film infatti ci scaraventa in faccia quanto la verità sia la prima “vittima di guerra”, utilizzando i media come testimoni e complici ad un tempo: dai telegiornali ai verbali, appunto, redatti, vediamo come a causa dell’omicidio di Salazar i marines ne escano innocenti (e come a pagare sia stato qualcuno che ha assistito senza essere diretto responsabile, ovvero il nostro regista amatoriale). Tuttavia, ciò che rimane da pagare è qualcosa che forse fa più male della morte stessa: la vicenda infatti si chiude mostrandoci uno dei soldati rientrati in patria, celebrato dagli amici ma dilaniato dai sensi di colpa al punto di scoppiare in lacrime di fronte a tutti loro (ancora una volta magistrale l’uso della colonna sonora, con “E lucevan le stelle” ad accompagnare la scena). Redacted

Probabilmente però il caro Brian non aveva ancora sfogato appieno la sua rabbia, e conclude il proprio film mostrandoci una serie di fotografie recante il titolo Collateral damages, che mostra foto reali di vere vittime di guerra, tutte con gli occhi cancellati, esattamente come cancellate sono le parole sui verbali.

Insomma, un film che si concretizza esattamente come una mazzata sulla testa: complice la breve durata, nella quale si condensa tuttavia un messaggio forte narrato attraverso fatti altrettanto, De Palma realizza un prodotto che definire efficace è poco. L’uso straordinario dei media impedisce a chi guarda un qualsiasi tipo di identificazione, così da poter porre in evidenza non solo quanta ingiustizia vi sia di fronte ai crimini bellici, non solo quanta follia si insinui nei soldati nel vivere quel tipo di vita, ma anche quanto i media non posseggano più la propria funzione di “fonte di verità”, ma anzi siano diventati uno strumento alienante e occultante. Infine, un po’ più velatamente, il regista sembra però volerci dire che forse il cinema, che per definizione si basa sulla messa in scena, sia invece diventato in grado di dare importanza alla realtà nuda e cruda, e di portarla allo spettatore, qualunque sia la sua reazione.

Gaia Cultrone

1994, ma nessuno ci crede e ancora bersi una birra è complicato. Cinema, libri, videogiochi e soprattutto cartoni animati sono nella mia vita da prima che me ne possa rendere conto, sono stata fregata. Non ho ancora deciso se sembro più stupida di quello che sono, o più furba; pare però che il cinema mi renda, quantomeno, sveglia. Ah, non so fare battute simpatiche.
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