Film

Regali da uno sconosciuto – The Gift

Le piccole sorprese che ogni tanto ti regala il cinema

Non sapevo bene cosa aspettarmi da questo The gift, arrivato in Italia con l’obbrobrioso titolo Regali da uno sconosciuto. Quando una volta al cinema ho visto la locandina, così tetra e oscura, ho subito pensato al solito horror da ignorare. C’è però che con il tempo sono giunte al mio orecchio delle lodi mica da ridere per questo filmetto, tant’è che ho preso una decisione: andiamolo a vedere al buio. Niente trailer, niente recensioni. Solo tanta tanta fiducia per la Settima Arte.

Mi sono presentato così in sala senza avere la minima idea di cosa stavo andando a vedere. Una sensazione tanto rara quanto bellissima, perché ti permette di goderti anche la sorpresa più piccola, non avendo la più pallida idea della piega che potrà prendere il film. Proprio per questo, ero già stupito quando dai titoli iniziali ho scoperto che il film, oltre che interpretato, era anche scritto e diretto da Joel Edgerton.

Ma che mi combina Joel! Dopo aver dato corpo e volto ad un campione di MMA in Warrior e ad un Ramses bamboccione in Exodus, film che assieme a Gods of Egypt detiene il titolo di peggior puttanata degli ultimi dieci anni, il ragazzone si è letteralmente creato un film con le sue mani. E già questo è un particolare che mi fa rizzare le orecchie, poiché è difficile che da queste premesse venga fuori un film fatto senza passione o impegno.

In ogni caso, inizia il film: I coniugi Simon (Jason Bateman) e Robyn (Rebecca Hall) si sono appena trasferiti a Chicago, città natale di lui, quando fanno un incontro con uno strano tipo. Il soggetto in questione è tal Gorgon, detto Gordo (Joel Edgerton), vecchissimo compagno di scuola di Simon. Dall’incontro iniziale, Gordo diventerà sempre più invadente nella vita di Simon e Robyn, mettendo la coppia in uno stato di perenne agitazione.

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Trama molto semplice quindi, e che ha, secondo i miei gusti, tutti gli ingredienti giusti per andare a costruire un angosciante thriller psicologico. Ed è proprio ciò a cui si assiste per tutto il primo tempo del film: un continuo senso di malessere. Ad ogni visita indesiderata di Gordo, ad ogni suo regalo lasciato alla porta di casa, il film sale di intensità. Edgerton è bravo ed efficace nei panni dell’enigmatico Gordo, trasmettendo al suo personaggio una costante ed indecifrabile ambiguità che lo rende estremamente inquietante.

Dove Edgerton dimostra però di aver fatto i compiti a casa e nella regia. Il suo film striscia sotto la pelle dello spettatore come un serpente. Lento e sinuoso, si insinua dritto dritto allo stomaco, facendoti stringere la poltroncina del cinema senza che tu te ne renda conto. La stessa colonna sonora, estremamente minimale, è usata con parsimonia, lasciando prevalentemente ai silenzi il compito di creare l’atmosfera. Obiettivo riuscito in pieno, e me ne rendo conto anche osservando le reazioni del pubblico, che si rivela non solo silenzioso, ma anche preso dal film, nei pochi scambi che mi è capitato di sentire. Non vuol dire un cazzo, ok, però zittire una sala mezza piena non è roba da tutti. Mettici poi un paio dei jump scare meglio gestiti degli ultimi anni, e il pubblico è tuo.

Ora lo so che farò tirare più di una bestemmia a qualcuno di voi, ma io nelle atmosfere cupe e nella capacità di trasmettere disagio e angoscia ci ho visto molto di Hitchcock e del primo Polansky, soprattutto se ripenso a Rosemary’s Baby o a L’inquilino del terzo piano. Lo so, lo so, non vi agitate. Non sto paragonando quei due capolavori della madonna a questo Regali da uno sconosciuto. Però sono pronto a scommettere che Edgerton li conosce a memoria tutti e due, e lo rivela il modo in cui gira, i tempi che si prende per creare la suspence.

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Tutto questo nel primo tempo. Poi a mio avviso il film cala un po’. Non voglio fare spoiler, ma fare un discorso generale sulla piega che prende il film nella sua ultima parte. Quindi vedete voi se continuare a leggere. Male che vada fate come me quando sono indeciso se continuare la lettura: leggete strizzando gli occhi. Non serve a un cazzo, lo so, ma non so perché quando lo faccio mi sento più al sicuro. Ok, va bene, la smetto di dire stronzate.

Ok, dicevo, secondo tempo. Perché dico che il film secondo me cala? Perché Edgerton decide di dare una spiegazione alla vicenda, di costruire un passato a Simon e Gordo. Ed è proprio quel passato a cambiare totalmente le carte in tavola. Edgerton mette in dubbio le certezze dello spettatore, e se a beneficiarne è sicuramente l’azione e il ritmo del film, Regali da uno sconosciuto smarrisce in parte quell’atmosfera di snervante senso di attesa che aveva caratterizzato la prima parte.

Non so voi, ma io preferisco sempre che queste storie siano caratterizzate da una sorta di nonsense che ne amplifichi l’inquietudine. Non è molto più terrorizzante pensare che chiunque di noi potrebbe ritrovarsi con uno stalker del genere ad infestare la nostra vita? Così, senza spiegazione, da un giorno all’altro? Va detto in ogni caso che il discorso di critica che decide di intraprendere Edgerton è sicuramente interessante e non merita di essere preso con leggerezza. Il film cambia, se nel bene o nel male, sarete voi a deciderlo.

In ogni caso, Edgerton tiene sempre saldo il timone, aiutato da una bravissima Rebecca Hall e da una prova davvero convincente di Jason Bateman, che, dopo una carriera intera passata nel mondo della commedia, negli ultimi anni sta sperimentando sempre di più la sua vena drammatica. Alla fine, seppur con qualche turbolenza sparsa, Regali da uno sconosciuto arriva a destinazione con il finale più giusto per la china che aveva preso la vicenda, e alla fine del film sono tutti piacevolmente soddisfatti.

Edgerton mette così a segno una tripla doppia, raggiungendo il suo obiettivo sia da regista che da sceneggiatore ed attore. E non so voi, ma io il suo nome me lo segno, perché su uno così secondo me vale la pena scommettere per il futuro. Nel frattempo, se già prima odiavo i vicini impiccioni che suonano alla porta e invadono il tuo sacro spazio vitale, da oggi in poi credo che passerò direttamente a cospargere il campanello di sangue infetto delle peggio malattie.

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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