
Le relazioni pericolose: sfida alla seduzione
Le relazioni pericolose è un gioco in cui si vince o si muore.
La Marchesa de Merteuil, ricca nobildonna della Francia del XVIII secolo, sfida l’amico/nemico, il Visconte Sébastien di Valmont, in una gara di seduzione. Per vendicarsi di un ex amante, ora promesso alla giovane Cécile, la Marchesa chiede all’amico di sedurla, così che il promesso marito trovi una sorpresa la prima notte di nozze. Il Visconte è un noto playboy e non si tira di certo indietro di fronte alla gustosissima sfida, ma per tenersi occupato punta anche in alto, alla casta Madame de Tourvel, tanto più che il premio per una simile conquista sarebbe una notte con la Marchesa stessa.
Il più grande passatempo della Marchesa e del Visconte, infatti, è giocare con le vite degli altri, divertendosi ad umiliarli grazie ai loro formidabili inganni. Saltando da un letto all’altro, i due tramano e pianificano beffe ai danni degli inconsapevoli amanti, raccontandosi i progressi per via epistolare (è pur sempre il 1700). Solo che man mano che la sfida va avanti, la purezza della Tourvel mette a dura prova il cuore di pietra del Visconte, che finirà per dover scegliere una delle relazioni con lei e la Marchesa.
Tratto dallo “scandalosissimo” – per l’epoca – romanzo di Choderlos de Laclos, composto dalle lettere di botta e risposta tra i due protagonisti, Le relazioni pericolose è diretto in maniera magistrale da Stephen Frears. La pellicola ci trasporta dentro i saloni e i giardini delle magnifiche ville della nobiltà francese, tanto bella ed elegante fuori quanto corrotta dentro. Donne annoiate si aggirano per i corridoi, con l’unico passatempo di ascoltare gli uomini parlare per poi fare tesoro dei pettegolezzi; uomini che si credono potenti usano questo potere per avere tutte le donne che vogliono.
Amore, gioco e seduzione creano il triangolo pericoloso che la coppia di protagonisti mette in scena con un amante di volta in volta diverso. La Marchesa, una superba Glenn Close, raggira il povero Danceny (Keanu Reeves) all’insaputa del Visconte (John Malkovich nella sua migliore interpretazione di sempre); il Visconte finisce per innamorarsi della Tourvel (Michelle Pfeiffer) scatenando l’ira della Marchesa; e ancora la Marchesa chiede al Visconte di… ehm… insegnare alcune cose alla sposina Cécile (Uma Thurman) prima di farla sposare con un altro. Non c’è scampo per nessuna delle pedine che i due muovono divertendosi, ma non si rendono conto che non ci sarà scampo, alla fine, nemmeno per loro. Da carnefici a vittime, fino alla grandiosa disfatta finale.
I costumi ricchi e sfarzosi (tra l’altro premiati agli Oscar, insieme alla sceneggiatura e alle scenografie) ci trasportano in un’epoca lontana – quasi due secoli e mezzo fa! Eppure la spregiudicatezza delle relazioni tra i protagonisti si accorda perfettamente ai tempi moderni, creando uno spettacolare dramma contemporaneo, nel quale la concezione della Donna – e dei suoi ruoli – non è purtroppo molto diversa da quella attuale.
Infatti, in un bellissimo monologo la Marchesa spiega perfettamente le ragioni che la spingono ad agire in maniera così machiavellica: lei è una donna, e come tale è nata per stare zitta e obbedire ciecamente. Ma la Marchesa non ci sta e anno dopo anno sviluppa la sottile arte dell’osservazione e dell’ascolto: non quello che mi dicevano, che non era di nessun interesse, ma tutto quello che la gente cercava di nascondere.
E così capiamo che la donna, freddissima e distaccata da tutto e da tutti, è così perché da tutta la vita difende se stessa (e in generale il suo sesso) dal potere dell’uomo. Il suo avversario non è il Visconte in sé, l’amico sfidato e a sua volta pedina inconsapevole, ma il Maschio, colui che sottomette e gioca a proprio piacimento con le donne. Allo stesso modo, Glenn Close interpreta non solo la Marchesa ma tutte quelle donne che, private di ogni diritto, usano l’unico potere che hanno dalla nascita: il potere della seduzione. Alla fine del film Isabelle de Merteuil ci appare come un’anti-eroina femminista: ci è impossibile trovarla simpatica o parteggiare per lei, ma è impossibile non provare anche una punta di orgoglio femminile di fronte alle volontà di ferro di una simile creatura.
Imparai a sembrare allegra, mentre sotto la tavola mi piantavo una forchetta nel palmo della mano e finii per diventare una “virtuosa nell’inganno”. Non era il piacere che cercavo, era la conoscenza; e consultavo i più rigidi moralisti, per la scienza dell’apparire, i filosofi, per sapere cosa pensare, e i romanzieri, per capire come cavarmela; e alla fine io ho distillato il tutto, in un principio meravigliosamente semplice: “vincere o morire”.