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Renato Pozzetto e Jerry Calà: gli Anni Ottanta milanesi come non li avete mai visti (per fortuna)

L’unica cosa che salva questi due film, o almeno ci prova, è la milanesità in cui sono immersi entrambi – perché potrete pure odiarla, ma Milan l’è on gran Milan, sempre. Per il resto, ha senso calarseli solo se si è in un momento di profonda, e per carità giustificatissima, nostalgia per gli spensierati Anni Ottanta made in Italy.

Cominciamo dal più recente: anno 1984, alla regia il dream team Pipolo + Franco Castellano, e nel cast attori del calibro di Renato Pozzetto, Massimo Boldi, Clara Cosimo, Sandra Ambrosini ed un’esotica ma non troppo Donna Osterbuhr. Un Ragazzo di campagna, che poi è lo stesso che dà il titolo al film, si stanca di spalare letame e decide di partire alla volta della metropoli. Solo che, pensa un po’, a Milano gli tocca lavorare, cucinare, tagliarsi le unghie dei piedi (!!!), insomma provvedere a se stesso, per cui alla fine, colpo di scena, decide di accontentarsi della confortevole vita campagnola e di una contadinotta bruttina, ma meno frenetica.

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Tutt’altra musica per Vado a vivere da solo, ma del resto il protagonista è IL re della disco e del trash, nientepopodimenoché Jerry Calà: onestamente, ce lo vedete in un posto diverso da Milano?

In questo film del 1982 Marco Risi – e qui si potrebbe aprire il dibattito sui figli d’arte che per pigrizia o per incapacità non sono in grado di eguagliare le gesta paterne facendo salire l’embolo a tutta quella miriade di registi bravissimi e squattrinati, ma per il momento ci asterremo; Marco Risi, dicevo, trasforma il buon Jerry in uno studente 26enne fuori corso (ah, i gloriosi tempi andati in cui era ancora un’onta gravissima) che decide di lasciare il nido con sommo dispiacere dei genitori, perché siamo pur sempre in Italia, ma ovviamente a loro spese, perché ve l’ho già detto, siamo pur sempre in Italia. Tra coinquilini inaspettati, tra cui spicca un laidissimo Lando Buzzanca, rapine e francesine bisognose di affetto, il nostro si gusterà la sua indipendenza in un loft ante litteram, perché già all’epoca gli affitti delle case vere a Milano erano fuori portata.bloopers3435

 

Che dire, dal neorealismo e dalle commedie all’italiana degli Anni Cinquanta a questo è passato del tempo. Vale la pena vederli come documento storico di un’epoca sfavillante e ormai perduta, perché dal punto di vista cinematografico lasciano il tempo che trovano, per usare un eufemismo. Battute scontate, recitazione senza nessuna variazione di tono – soprattutto nel caso di Pozzetto, ma al punto che al confronto Calà pare abbia studiato all’Actor’s Studio trame banali e quant’altro. Per fortuna che ogni tanto inquadrano il Duomo e ci distraggono con una Milano da cartolina, quando ancora la metro era indicata con MM.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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