
Revolutionary Road, il dramma e l’aborto
Ovvero come “aborto” non significhi solo perdere un bambino
Sono sempre stata quel tipo di persona che, dopo aver visto un film, volendo recensirlo o consigliarlo a un amico, non è in grado di raccontarne la trama ma riesce solo a ricordare le sensazioni percepite durante la visione, le tematiche affrontate e le scene più emozionanti. (Un po’ per mia attitudine, un po’ perché ho una memoria di merda).
E quindi, anche quando ho provato a scrivere questa recensione, sono riuscita a focalizzarmi solo sulle mie percezioni.
Perciò, la mia non sarà una recensione ordinaria (e tantomeno perfetta) ma una riflessione sulle impressioni lasciate da questo film.
Il film in questione è il tostissimo Revolutionary Road di Sam Mendes (2008), tratto dall’omonimo (e altrettanto figo) romanzo del 1961 di Richard Yates.
La trama
Ambientata nel 1955, la vicenda si concentra sulle dinamiche relazionati di Frank e April Wheeler (interpretati dai bravissimi, nonché migliori best friends del mondo, Leonardo DiCaprio e Kate Winslet), una giovane coppia del Connecticut che abita nel quartiere residenziale di Revolutionary Hill.
I due, per quanto si sentano diversi dall’ambiente apparentemente conformista del loro vicinato, e per quanto provino a emanciparsi, vivono una vita tutt’altro che perfetta: April sogna di diventare un’attrice famosa e trasferirsi a Parigi, mentre Frank tollera un lavoro che odia solo grazie all’alcool e a una relazione extraconiugale con una giovane collega.
Oppressi da un mondo che ben presto si rivela pieno di ipocrisie, la coppia affronta le stesse ipocrisie anche nel loro matrimonio, che poco a poco va in rovina. (La trama era doverosa ma, ovviamente, non è interamente frutto della mia memoria)
Durante tutta la durata del film il caro Mendes riesce a farti sentire l’inadeguatezza e il disagio di April Wheeler nei confronti di una società che non è ancora pronta ad accogliere le ambizioni delle donne, e di un marito che finisce per tenerla in gabbia, annullandole l’esistenza.
L’aborto, nelle sue varie forme
Il vero filo conduttore che collega tutta la vicenda è l’aborto.
All’inizio vediamo “l’aborto” della commedia teatrale di April e, di conseguenza, il fallimento della sua carriera di attrice.
Abortite sono anche le aspirazioni della protagonista, la quale, dopo il flop lavorativo, non è in grado di emanciparsi e, come accadde a molte donne negli Anni ’50, finisce per vivere all’ombra del marito, in solitudine, e alla disperata ricerca di una felicità irrangiungibile.
La relazione tra Frank ed April è anch’essa un aborto; non vi è più alcun sentimento ma solo tradimento, incomunicabilità, ipocrisia.
Vi è inoltre l’aborto dei sogni e dei desideri: con l’annullamento del viaggio a Parigi svanisce anche la possibilità di una nuova vita insieme e il legame tra i coniugi diventa irrecuperabile.
Questi continui insuccessi conducono, verso la fine del film (a-ha! Spoiler alert!), al vero aborto, quello fisico, quello che segna la fine di tutto, la fine della frustrazione verso il sogno americano, tanto promesso quanto irrealizzabile. April cerca volontariamente l’aborto e scorge nella morte il fine ultimo, la liberazione. Frank, invece, continuerà a vivere con sconforto e rimpianto, fingendo un’apparente serenità per amore dei figli.
E qui vorresti goderci un po’ per lui, ma ti fa troppa pena.
Quindi, perchè guardarlo?
Ho adorato questo film e il modo in cui il cazzutissimo regista è riuscito a trasmettere un’incessante e tremenda frustrazione in ogni singolo frame. Revolutionary Road rappresenta un punto di vista forte e incisivo sul ruolo della donna nella società e sulle difficoltà di coppia.
Nonostante l’ambientazione nel passato, questa storia ci ricorda come certe cose, ahimè, non cambiano col passare del tempo.
Vi raccomando la visione di questo film e spero possano restarvi impresse le stesse sensazioni che ho provato. Beh, sicuramente, ve lo ricorderete molto meglio di me!
