
Richard Jewell: Clint Eastwood e gli stereotipi
CLINT EASTWOOD, FILM n°38: un’altra grande Storia vera in sala
Ormai possiamo dirlo, quante volte Clint Eastwood ha davvero mancato il bersaglio? Davvero poche.
Se parliamo di storie scelte, perché in fin dei conti è su questo aspetto che andiamo sempre a guardare, il regista raramente ci ha deluso.
Ignorando completamente quello che il pubblico si sarebbe aspettato dall’eroe della trilogia del Dollaro o da Harry la Carogna, Eastwood non si è mai fatto scrupolo di affrontare praticamente qualsiasi genere potesse permettergli di raccontare la storia che aveva scelto. Dal Western alla Fantascienza, dal Giallo al Romantico, dalla Commedia al Thriller, dal Musical al Biografico.
Sebbene si sia concentrato maggiormente su quest’ultimo genere, il nostro ha saputo spaccare il capello del biopic approfondedolo attraverso ogni sua più piccola sfaccettatura. La Storia vera diventa un film di Eastwood, diventa un racconto epico moderno, di grande intrattenimento e con una profondissima morale sociale (ad ogni spettatore la libertà di trovare la sua). Dal bellissimo J. Edgar fino ad arrivare a quest’ultimo Richard Jewell, Eastwood ha saputo raccontare con un’eleganza fuori dal comune e con un tocco unico, delle favole vere tutte americane dai colori più vari (arriviamo persino a sfiorare l’iconoclastia con J. Edgar).
Favole vere americane che, curiosamente, finivano per trovare più consenso nel continente europeo.
La carriera del nostro Eastwood ha avuto giusto un paio di punti bassi. Il recente Attacco al treno è uno di questi. Attorno ad un piccolo atto di salvataggio, il regista costruiva un film fin troppo lungo e celebrativo dei suoi tanto amati eroi per caso. Sebbene ci fosse la grande tecnica, e un fortissimo amore per la storia che stava raccontando, alla fine dei giochi ci trovavamo di fronte ad un film stupendo dal punto di vista della tecnica e delle intenzioni, ma maledettamente povero per quanto riguardava la sostanza.
Ma, appunto, siamo al 38° film, senza contare i cortometraggi e il documentario Piano Blues. Abbiamo un’opera composta da almeno otto capolavori (tra cui i recenti Sully e Il corriere) e da film imperdibili o comunque interessanti. Possiamo anche perdonare qualche scivolone.
Il 38° film di Clint Eastwood è il settimo biografico di fila, Richard Jewell.
A quale evento si è ispirato stavolta?
AVVENNE AD ATLANTA, NEL 1996
Il protagonista della nostra storia è un vero e proprio eroe per caso (in modo simile al Tom Hanks di Sully): durante un concerto al Centennial Olympic Park, Richard Jewell, nelle vesti di agente di sicurezza, trova sotto una panchina uno zaino incustodito con dentro una bomba.
Per una serie di eventi, tra cui l’allontanamento delle persone dal punto di detonazione della bomba, viene evitata una carneficina: Jewell è un eroe.
In cerca di un colpevole di cui non sembra esistere alcuna traccia, l’FBI comincia a compiere degli accertamenti su Jewell, in quanto il suo profilo psicologico sembrerebbe corrispondere. La notizia trapela e la stampa si mette in moto. E mentre il colpevole, che verrà ritrovato solo sei anni più tardi (e almeno tre attentati dopo), è a piede libero, il povero Richard dovrà lottare contro la stampa e le forze dell’ordine che cercheranno di inchiodarlo con tutti i mezzi.
“SOLO” UN BEL FILM?
Come abbiamo già detto, quel che più ci colpisce di Eastwood è la storia scelta. Questo perchè, in fin dei conti, la tecnica è più che consolidata. Lo vediamo con registi come Woody Allen, ormai una caduta di stile da quell’aspetto quasi non ce l’apettiamo più (quasi…). E il nostro non ha saputo toppare nemmeno con Attacco al Treno o Firefox.
In questo Richard Jewell non ci troviamo solo davanti ad un “film ben confezionato”.
Il ritmo è perfetto, due ore e più volano che è una bellezza, gli attori sono in forma e il copione segue la storia senza mai eccedere e con una lente davvero intrigante. Seguendo, la vicenda per lo più dal punto di vista di Richard, assistiamo ad un vero e proprio assedio al cittadino americano. Un cittadino, come ben sappiamo, innocente. Bloccato in una rete talmente grande e intricata che nemmeno chi lo vuol “pescare” riesce manovrare.
La tensione è tenuta seguendo le lezioni dei migliori maestri della suspense. E anche “la sorpresa” (ben diversa dalla suspense) è incombente e davvero inaspettata. La violenza dell’attentato è rappresentata con tutta la potenza di cui ha bisogno e con altrettanta ferocia è rappresentata la persecuzione del governo e delle forze dell’ordine.
ANDARE OLTRE L’APPARENZA
Sebbene in modo diverso, e magari meno incisivo, Eastwood fa anche in questo Richard Jewell un lavoro davvero interessante con i suoi personaggi, aiutato, come sempre, da un cast eccezionale. Tra cui segnaliamo un cinematogrficamente giovane Paul Walter Hauser (esordio 2010) nel ruolo del protagonista.
Abbiamo sul tavolo una serie di “maschere” classiche del Cinema hollywodiano.
C’è “l’eroe ingenuo“, completamente sprovveduto di fronte alle difficoltà con il governo e le forze dell’ordine, quasi capriano. Abbiamo poi “il giornalista odioso“, desideroso di successo e “il detective ostinato“, deciso, più che mai, ad inchiodare il protagonista con ogni mezzo. Ci troviamo persino con il classico eroe eastwoodiano, disilluso, ironico e determinato (interpretato da un magnifico Sam Rockwell, nel ruolo del legale di Richard Jewell).

Tutte queste maschere non fanno che creare determinate aspettative in noi, come accadeva con quelle della commedia dell’Arte. Alla fine Pantalone è sempre avido, Arlecchino sempre combinaguai e Colombina sempre innamorata. Questo porterà loro a quadretti precisi, a situazioni tipiche.
Tuttavia basta poco per rovesciare questo processo mentale dello spettatore. Basta dare un’anima alle maschere. Ricordare che quelli che stiamo guardando in scena sono degli esseri umani e non dei pupazzi.
Ecco quindi che il detective ostinato (qui rappresentato da un agente dell’FBI interpretato da Jon Hamm), si rivela un Uomo senza la benchè minima traccia che, deciso a non trovarsi per le mani un caso insoluto, si aggrappa con tutte le sue forze ad una pista più che plausibile (il profilo di Jewell), che non fa che procurargli frustranti risultati negativi.

Il giornalista odioso (interpretato da Olivia Wilde), fa di tutto per ottenere notorietà. Cinica e rapace, spreme il caso per ottenere il maggior materiale possibile. Ma una determinata svolta ci porterà a trasformare un feticcio d’odio in un essere umano che, finora tranquillizzato dall’idea di torchiare un colpevole, realizza di aver finito per alzare un polverone inutile e doloroso.
In fondo è anche su questo che Richard Jewell verte: superare l’apparenza, lo stereotipo. Capire che dietro ad una figura, che sia odiosa o inquietante e sospetta, si nasconde una persona, che può rivelare lati anche più innocenti o umani.