Abbiamo seguito l’edizione 2018 del RIFF di Sestri Levante e abbiamo tutti dovuto ancora constatarne la grande organizzazione, la moltitudine di contenuti e la qualità dell’intrattenimento. Arrivederci al prossimo Riviera International Film Festival.
Bellissimo.
Lo so che siamo ripetitivi, dopo averlo detto l’anno scorso e aver ripetuto anche quest’anno che ci aspettavamo molto, ci dobbiamo ripetere ancora una volta. Siamo davvero sicuri che abbiano davvero organizzato una cosa del genere in un paesino di mare della Liguria?
Il Riviera International Film Festival del 2018 è stato un successo, senza se e senza ma. E se l’anno scorso il nostro plauso era stato dato dalla sorprendente qualità dei contenuti proposti, quest’anno siamo passati al livello successivo. L’atmosfera del piccolo paese di pescatori, in quei giorni, era elettrizzata, elettrizzante, eccitante… si sentiva nell’aria, tra l’odore di salsedine, di acciughe fritte e qualche belin di troppo urlato ad un amico non troppo bravo a briscola. Questo abbiamo trovato Io, Marco, Federico e Rosa, inviati speciali per il sito, presente in qualità di Media Partner. Siamo stati tutti sorpresi in maniera diversa da questo festival. È per questo che il seguente articolo non sarà un articolo normale. Vogliamo fare tutti insieme un piccolo dialogo per farvi capire il Riviera International Film Festival 2018:
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Ragazzi come avete trovato il festival in generale?

Rosa:
Che posso dire? Ho sentito spesso affermare che nessuno si sarebbe immaginato che il RIFF, alla sua seconda edizione, sarebbe stato un successo così schiacciante. Nel mio caso però, io di aspettative ne avevo, e anche tante. E sapete cosa? Sul red carpet, il primissimo giorno, tra una chiacchierata con tanto di giravolta con Matthew Modine (cioè uno che ha lavorato con STANLEY KUBRICK, dovevate vederlo, apriva la porta alle signore anziane) e un abbraccio con Cote de Pablo, mi sono resa conto che stava succedendo qualcosa di più.
Un paesino di mare come Sestri Levante non è cambiato, ma ha incluso nel suo paesaggio qualcosa di nuovo. Dopo un paio di giorni non sembrava più così strambo incontrare un sorridente Ed Solomon al bar, o mangiare una pizza gomito a gomito con uno dei giovani registi, che ormai chiami per nome. E la ragazza in bicicletta che ieri ti chiedeva indicazioni oggi è la direttrice della fotografia che va a ritirare il suo premio. Questa può essere la magia del Grande Cinema. Per cinque giorni, tutto è rimasto uguale, pur essendo completamente diverso! e tu Federico?
Federico:
Io? Sincero sincero? Quando l’anno scorso hanno organizzato la prima edizione ho pensato “Un festival cinematografico a Sestri Levante? Ma chi vuoi che se lo caghi?”. Beh, devo ammettere che quest’anno, dopo aver respirato in prima persona l’aria del festival, ho iniziato a razionare quel pensiero in diversi bocconi. L’avevo sparata troppo grossa per rimangiarmelo tutto insieme (e credo che ne avrò ancora per una paio di pranzi fuori casa).
Mai mi sarei aspettato un clima così familiare e spensierato. L’organizzazione degli eventi? Impeccabile per essere in una piccola cittadina di provincia. I vip? Tutti molto disponibili e alla mano. Nessun dio sceso in terra: solo uomini tra gli uomini. Un evento che nel suo piccolo può

vantare di aver fatto cose grandi anche in soli due anni di storia. Dalla cura dei contenuti fino alla valorizzazione del territorio. Nulla da aggiungere. Chapeau!
Marco:
Anche io mi aspettavo molto, avendo già avuto notizia di chi fosse presente nelle giornate, ed ero davvero curioso! Mi colpiva la varietà degli ospiti: dal Cinema, alla televisione, alla letteratura, ai premi Nobel (Nigel Tapper, premio nobel per l’ambiente ha tenuto una conferenza). Mi colpivano gli obbiettivi del festival: dare voce a giovani registi, ai documentari, alle problematiche ambientali. Quel che mi sono trovato di fronte superava persino le mie aspettative più rosee.
È stato possibile incontrare ospiti e concorrenti in città e poterci discutere. FirstBorn, I’m truly a drop of sun on earth, Gutland sono solo alcuni esempi degli interessantissimi film di finzione proposti in queste giornate. Come il festival si proponeva, erano in concorso anche documentari sull’ambiente. Sia quelli dall’animo ambientalista, come Blue, sia quelli con un’idea davvero “diabolica”, come Death by design.
Riccardo:
Avete ragione, infatti non ho molto da aggiungere. Posso solo dire che, da unico che ha visto il festival l’anno precedente, alla prima edizione, la cosa che più mi ha fatto piacere è stata l’esplosione del pubblico presente, sia in termini quantitativi che qualitativi. Vedere la gente venire al cinema di mattina, fare domande ai registi, incuriosirsi e partecipare è stato meglio di qualsiasi cosa.
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Ci sono stati quattro eventi, oltre alle proiezioni, che hanno scandito il festival. Come le avete trovate?
Federico:
Intendi le masterclass? Ah sì, meravigliose. Ho seguito la fantastica lezione di Cote De Pablo, attrice di NCIS. Guarda, te la descrivo in sei parole:
Disponibile: ha voluto dedicare un minuto a tutti i fans che attendevano con ansia il suo arrivo in Baia del Silenzio.
Fortunata: supportata dai genitori fin da piccola, è riuscita ad approdare alla Tv appena ventenne.
Umile: condurre una “Master-class” la spaventava, perché non si sentiva all’altezza. Ha accettato unicamente perché le piace avere il contatto con le persone.
Nostalgica: considera gli anni passati sul set di NCIS i più belli della sua vita e le manca il personaggio di Ziva David. Andarsene dalla serie è stato come lasciare la propria casa e la propria famiglia.
Solare: da quando è adolescente la prima cosa che fa appena si sveglia è ridere e la sua regola numero 1 nella vita è fare quello che la rende felice.

Professionale: sostiene che è fondamentale per un attore non smettere di fare formazione.
Una donna coi contro coglioni.
Riccardo:
Io ho amato alla follia invece quella di Ed Solomon. A parte che Men In Black è uno dei capisaldi della mia infanzia, come credo lo sia di molti. È riuscito a dare dei suggerimenti concreti sulla professione di sceneggiatore, ma aprendosi completamente allo stesso tempo. Ha parlato dei suoi inizi, della difficoltà di cavarsela in quel mondo e, soprattutto, ha parlato della cosa più importante per uno scrittore: la capacità di gestire i fallimenti.
È stato veramente umano, dipingendo la sua carriera come un mezzo disastro, con una dozzina di successi in mezzo a migliaia di progetti respinti, caduti, falliti. Ha spiegato come funziona l’industria delle sceneggiature, come si lavora a un progetto, come gestire e sfruttare le mille critiche degli altri operatori del settore. Ha parlato di come limitare il proprio ego, aumentando la metacognizione di sé. La frase che mi ha colpito di più? “Lavorare bene significa oscillare tra sicurezza di sé e autoanalisi”
Marco:
Avete ragione: le masterclass sono state condotte con un’atmosfera davvero particolare. Non si aveva l’impressione di trovarsi davanti a degli illustri ospiti, ma a dei professionisti che coinvolgevano il pubblico in un viaggio nella propria carriera. Io ho seguito molto bene il panel di Erri de Luca sul rapporto tra le parole e le immagini. Parlando del Cinema, ha sottolineato il bisogno di raccontare i feriti e non solo i vincitori e i vinti. Ha elogiato quel Cinema che “incalza il suo tempo”, andando coraggiosamente contro la retorica.
Un’arte, quella del Cinema, che riassume le altre, collettiva, a differenza delle precedenti. “Il più grande regalo mai fatto al 1900”. Una definizione illuminante.
Rosa:
Io invece ti dico solo una cosa: quando ci siamo ritrovati all’aperitivo vip dopo la cerimonia di premiazione, alla fine non sono riuscita ad andarmene senza aver stretto la mano a Peter Zeitlinger, direttore della fotografia di fama internazionale. Al di là di tutte le foto, le interviste e gli autografi, l’essenza del Festival è un’altra e per me è stato molto importante poter avere un momento per dirgli che la sua masterclass e il modo che ha di parlare del suo lavoro è stata davvero fonte di ispirazione.

Il mio momento preferito è stato quando ci ha mostrato dei filmati di alcune scene di film a cui ha lavorato, permettendoci di vederle con l’occhio dello spettatore, per poi riproporceli, identici ma senza audio, commentando ogni sequenza. Ci ha raccontato di cosa significa girare una scena, di quali scelte si celano dietro ogni minuscolo dettaglio dell’inquadratura o dei colori
e delle ombre. Siamo entrati dentro il film! Ed è stato a dir poco fantastico.
Ma non solo.
Marco: Non c’è stato solo questo ad animare il festival. Abbiamo visto laboratori di cinema per bambini (Harry Potter, Pixar, ecc.) e per adulti (Cinema Muto, Alfred Hitchcock). Un evento, quello su Hitchcock, per il quale noi del Macguffin non potevamo certo marcare visita. In modo semplice ed immediato una relatrice appassionata scavava nell’intricato sistema dietro le geniali idee del maestro, e dava a voce al pubblico per commentare e contribuire. Abbiamo visto un Panel sulle donne al cinema e abbiamo assistito a una eccitante premiazione in stile Hollywodiano ( a proposito, vince il festival Filthy, commovente pellicola slovacca, che la regista 24enne, Tereza Nvotova, ha usato,

pensate, come tesi di laurea).
Rosa: Infine, come vi dicevo, ci siamo imbucati come star all’aperitivo finale in terrazza, che, sempre sull’onda di quell’atmosfera amichevole, ma patinata di glamour quel tanto che basta, ha confermato quello che è e sta diventando questo festival: una perla rara.
Riccardo: Insomma, aspettiamo con ansia il 2019.