Film

Rocks in My Pockets, o quanto fidarsi di un sasso

Un giorno, per errore, potrebbe accadere di fidarsi delle sensazioni sbagliate e che queste sensazioni si trasformino in sassi. In via del tutto fortuita, questi sassi potrebbero cadere nelle tasche di qualcuno che si è fidato di essi. E se ciò accadesse, questi avrebbe l’acqua fin sopra gli occhi e aspetterebbe, sperando che i sassi lo trascinino là dove il sole non batte da un pezzo. Rocks in My Pockets (2014) parla di sassi che sono in realtà errori, e delle persone che sfortunatamente li prendono con sé.

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Ci sono voluti quattro anni a Signe Baumane, scrittrice ed illustratrice lettone, per realizzare e sostenere questa pellicola indipendente che è tutto fuorché un errore. Rara combinazione di ironia e sensibilità artistica, Rocks in My Pockets affonda le radici nella genealogia della stessa Signe, sollevando il tema della malattia mentale con un’eleganza più che gradita.

Qualcosa non va nella giovane Signe, preda di fantasie ricorrenti che la vedono togliersi la vita. Dopo un ricovero forzato all’interno di una clinica per svitati, la ragazza decide di mollare lo strizzacervelli e cercare risposte nel proprio codice genetico. Nonostante i parenti continuino a negarlo, la storia di nonna Anna, vissuta ai tempi della guerra, e quella delle cugine LindaIrbe e Miranda sembrano essere legate da una sorta di tragico destino. Fino a che punto si è vittime del proprio sangue? Perché ostinarsi a seppellire la verità? Come si guarisce dalla malattia mentale?

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Il film è stato realizzato alternando la tecnica di stop-motion a quella del disegno tradizionale, più fresca e digeribile. Non è affatto un caso: nella sua piccola indagine, la saggia Baumane riesce ad essere ingenua ma non sprovveduta, soffocante e al tempo stesso delicata.

Una visione che consiglio ardentemente perché in grado di coinvolgere nel modo più profondo che esista. Senza mettere alcun sasso nelle tasche.

Chiara Leoni

Germoglio appena ventisettenne, vive infestando riviste, siti internet e cartelloni pubblicitari. Naturalmente propensa a turbare la quiete pubblica in modo sempre più variegato, oltre a posare come modella scrive articoli, disegna e, a discapito di innumerevoli marinai dispersi, canta.
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