
Sabrina: una deliziosa Audrey Hepburn indecisa tra due corteggiatori molto diversi
Ammettiamolo: tutte noi cinefile abbiamo un po’ una passione per Audrey Hepburn, sia per la sua eleganza ineguagliabile, sia per le sue indiscutibili doti d’attrice – spesso messe in secondo piano, oscurate dal mito del suo stile.
Tutte abbiamo sognato di indossare i suoi abiti di Givenchy, di fare colazione da Tiffany e di saperci truccare e acconciare come lei: poi abbiamo realizzato che al massimo possiamo permetterci i tubini di H&M, che il caffè lo beviamo al volo ustionandoci mentre rincorriamo il bus, che l’eyeliner non lo sappiamo mettere e che il taglio alla maschietta che ad Audrey dona tanto, a noi fa somigliare a Ringo Starr.
Sabrina Fairchild/Audrey Hepburn, figlia dell’autista della ricchissima famiglia Larrabee, è da sempre innamorata di David/William Holden, secondogenito e playboy impenitente, il quale non le presta la minima attenzione.
Disperata per quest’amore non corrisposto, Sabrina tenta il suicidio: salvata in extremis da Larry/Humphrey Bogart, fratello più grande e assennato di David, il giorno dopo parte per Parigi, dove frequenta un corso di alta cucina.
Dopo qualche tempo, la ragazza torna in America, decisamente cambiata nel look e nell’atteggiamento: ciò non sfugge agli occhi di David, che si invaghisce di Sabrina tanto da compromettere il fidanzamento con una ricca rampolla dell’alta società.
La famiglia Larrabee è contraria all’idillio e architetta uno stratagemma per rispedire la giovane a Parigi; nel frattempo, rimasto vittima di un buffo incidente, David è costretto a letto e quindi Sabrina si trova a trascorrere molto tempo in compagnia di Larry: non è così noioso come sembra, mentre l’altro è così fatuo…
Sabrina (1954) è un classico della commedia romantica americana diretto dal re della commedia romantica americana, il meraviglioso e insuperabile Billy Wilder.
La star è senz’altro la Hepburn, su cui il regista concentra la sua quasi totale attenzione: è lei la voce narrante, lei che ha il controllo di entrambi i corteggiatori, lei che dirige i giochi, sotto quella patina di ingenuità che farebbe sciogliere anche il più freddo dei cuori.
Sabrina però non nasce femme fatale e questo ce la rende più una vicina simpatica: vittima di un’infatuazione adolescenziale che la acceca sulle sue doti, deve acquistare la consapevolezza di essere una donna che vale, percorso non facile per nessuna di noi.
Se William Holden è un adorabile gigione, un perfetto dongiovanni – nella finzione così come nella realtà -, e quindi splendidamente azzeccato per il ruolo di David, qualche dubbio in più potremo averlo su Bogey: in effetti, pare che la prima scelta del regista fosse il più sentimentale Cary Grant.
Io adoro Bogart e tutto sommato lo apprezzo in questo inedito ruolo romantico: non è però difficile notare talvolta l’incertezza dell’attore stesso nell’indossare dei panni che non gli calzano a pennello. L’impermeabile un po’ gli manca, si capisce benissimo.
Oltre all’elemento romantico, un po’ come in tutte le commedie di Wilder, in Sabrina non mancano le frecciatine e battute al vetriolo contro la società americana dell’epoca, nettamente classista e discriminatoria: un sistema così rigido da far dire al saggio padre di Sabrina, umile autista che «Nessun povero è mai stato chiamato democratico per aver sposato un ricco».
La nostra eroina ha quindi un bel po’ di barriere, emotive sì ma anche sociali, da superare…