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Saw – L’enigmista: l’enigma di un successo horror planetario

Pochi giorni fa la Lionsgate ha annunciato di aver dato il via libera per la produzione dell’ottavo film della saga di Saw, attualmente intitolato Saw: Legacy. In occasione della notizia andiamo a rispolverare il primo capitolo di quella che è ancora oggi la saga horror più importante degli anni Duemila.

Ottobre 2004: Valentino Rossi ha appena vinto il suo sesto titolo mondiale, i Boston Red Sox tornano a vincere le World Series dopo 86 anni di astinenza e il cinema horror continua il suo lento, agonizzante trascinarsi nel nuovo millennio. Sequel dopo sequel, remake dopo remake, sembra che quel genere reso grande prima in Italia da Bava, Fulci e Argento e poi nel mondo da Romero, Carpenter, Craven e tanti altri sia ormai rimasto imprigionato in un arido deserto creativo e qualitativo dal quale sembra impossibile uscire.

In questo clima di sfiducia nei confronti del genere horror,  l’uscita di Saw (In Italiano Saw – L’enigmista) film low cost di genere e dalle modeste pretese uscito poco prima di Halloween negli U.S.A. e poi nel resto del mondo, viene accolta come l’arrivo del Messia dal pubblico e dalla stampa specializzata. Il successo della pellicola è sconvolgente: costato poco più di un milione di dollari, il film ne incassa 18 solo nel primo weekend, raggiungendo poi l’incredibile cifra mondiale di 103 milioni di dollari. Un successo planetario che nessuno poteva anche solo minimamente sognarsi. Benché meno la Li37542_pplons Gate e la Twisted Pictures, che si ritrovarono fra le mani un biglietto vincente della lotteria che non sapevano nemmeno di aver acquistato. Nel giro di un attimo fu messo in cantiere il sequel per l’anno seguente, e l’anno dopo uscì il terzo capitolo che raggiunse il record di incassi per la saga: 164 milioni di dollari (a fronte di un investimento iniziale di 10). Dal 2004 al 2010 saranno ben sette i sequel di Saw, usciti a cadenza annuale il weekend prima di Hallowen. In tutto la saga incasserà 859 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando la saga horror più redditizia di tutto i tempi.

Ma com’è nato questo piccolo, sanguinoso e truculento miracolo? Saw viene ideato dai poco più che ventenni James Wan e Leigh Whannel, amici di lunga data che avevano frequentato insieme la scuola di cinema e che decisero di unire la loro comune passione per l’horror per creare la loro prima fatica. Essendo squattrinati come ogni giovane artista che si rispetti, i due pensarono fin da subito ad una storia che non necessitasse di un budget eccessivo, cominciando a lavorare all’idea di due uomini bloccati in una cabina di ascensore. L’idea evolverà poi con il corso del tempo: i due uomini rimarranno, ma invece dell’ascensore si ritroveranno incatenati dentro un bagno sporco e decadente, e saranno coinvolti in un gioco perverso che metterà in palio le loro vite. La natura “familiare” del film si rileva anche dal fatto che Whannel, sceneggiatore del film, prenderà parte alla sua creazione recitando la parte di Adam, uno dei due uomini legati e vittime del sadico gioco dell’Enigmista, mentre a James Wan andrà la regia della pellicola.

Ma come mai il film ebbe una presa così immediata e travolgente sul pubblico? Semplicemente,  Wan e Whannel riescono nell’impresa di dare una ventata d’aria fresca all’ormai banale e grigio mondo dell’horror. Dopo tanti anni, ecco apparire sulla scena una nuova figura iconica del cinema dell’orrore: Jigsaw. Un serial killer che sceglie le sue vittime fra coloro che non apprezzano il dono della vita, sprecandola nei vizi, nella depravazione, nell’egoismo e nella crudeltà, per metterli al centro di un gioco sadico e crudele che avrà in palio la loro stessa esistenza. Un’idea geniale, folgorante nella sua semplicità, in grado di adattarsi con semplicità ad ogni terribile tortura che possa venire in mente (questo aspetto sarà sempre più evidente nei successivi capitoli della saga, che rappresenteranno un vero e proprio climax ascendente dal punto di vista del gore e dello splatter). Il film è tuttavia meno violento di quanto ci si potrebbe aspettare dalle premesse. Wan infatti non induce più del necessario sulle scene di tortura e di violenza, concentrandosi maggiormente sull’aspetto psicologico. Più thriller che horror quindi, tanto che all’epoca della sua uscita non furono pochi coloro che provarono ad accostare Saw al cinema di David Fincher e più in particolare a Seven. Ovviamente un paragone del genere non sussiste a livello di qualità cinematografica, però è indubbio che il gioco ad incastri messo su da Wan e Whannes sia originale ed efficace per tutta la durata del film, che Adamriesce ad intrattenere pur emancipandosi da un eccessivo utilizzo della violenza, nonostante nella sua parte centrale Saw patisca un leggero calo di ritmo.

Lo spettatore viene subito gettato nel cuore dell’azione assieme alle due sfortunate vittime, legate per le caviglie da possenti catene all’interno di un misterioso bagno nel quale si sono risvegliate dopo essere state tramortite dall’Enigmista. Da questo momento in poi il film si preoccuperà di ricostruire le storie delle due vittime e di unire a mano a mano i pezzi del puzzle tramite un gran numero di flashback, che cambieranno i punti di vista della vicenza a seconda dei personaggi narranti. Il tutto andrà a formare il quadro completo che solo nel finale apparirà allo spettatore in tutta la sua chiarezza e in tutta la sua crudeltà. Wan è bravo nel trasmettere all’intera pellicola un malsano senso di sporcizia che caratterizza tutte le ambientazioni nelle quali è situata la storia, facendo muovere i suoi personaggi in interni fatiscenti, quasi che l’intero film fosse ambientato sei piedi sottoterra, a metà strada fra le fogne e l’inferno. Dove il film pecca è nei dialoghi, non sempre brillanti e tendenzialmente in linea con i modesti canoni del cinema horror contemporaneo. La recitazione invece, pur non raggiungendo livelli di imponderabile grandezza, si mantiene accettabile, anche se forse da attori di esperienza come Danny Glover, interprete del Detective Tap, era lecito attendersi qualcosa di più.

Tuttavia, probabilmente non staremo qui a parlare del successo di Saw se non fosse per quell’insospettabile, incredibile e scioccante colpo di scena finale, che fa entrare la conclusione de l’Enigmista nel pantheon dei finali a sorpresa più riusciti delle ultime decadi. Poche volte un film era riuscito ad ingannare con tale maestria lo spettatore, portandolo per tutta la sua durata a guardare il dito invece della Luna. È questione di in un secondo; mentre Wan fa salire leggero l’indimenticabile tema musicale composto da Charlie Clouser, che ha contribuito enormemente al successo della saga, fino a farlo deflagrare al momento della rivelazione finale, il film cambia totalmente marcia. Lo spettatore si ritrova a pietrificato di fronte ad un montaggio ormai impazzito che riunisce davanti ai suoi occhi tutti i frammenti e le informazioni che Wan e Whannel hanno magistralmente sparso nell’arco del film, e non appena è riuscito a comprendere la complessità di quanto ha appena visto, cala il sipario, fra le urla e l’oscurità. Game over.

Come è facilmente prevedibile, il successo planetario del film aprì le porte della notorietà anche per i suoi due giovani autori, i quali furono inondati di offerte per continuare a lavorare sulla loro creatura. Tuttavia le strade dei due si divisero momentaneamente. James Wan decise di abbandonare definitivamente la sua creazione per dedicarsi ad altre idee, rimanendo nel progetto Saw solo in veste dimaxresdefault (1) produttore, forse intuendo la deriva qualitativa che avrebbe presto preso la saga da lui iniziata (e che saga non voleva essere). Il clamoroso successo del primo capitolo avrebbe infatti costretto la realizzazione di sequel realizzati a brevissima distanza l’uno dall’altro, intrappolati sempre nello stesso schema di efferate torture e twist finale, solo portati sempre più all’eccesso ad ogni nuovo capitolo. L’aspetto thriller che permeava il primo Saw sarebbe stato eroso sempre di più dalla necessità di mostrare la violenza come probabilmente mai era stato fatto al cinema, inaugurando un nuovo sottogenere dell’horror che prese presto il nome di torture porn e produsse innumerevoli figli illegittimi dell’opera di Wan (su tutti la saga di Hostel ideata da Eli Roth). Questa deviazione dallo spirito iniziale dell’opera non fu apprezzata dagli amanti dell’horror tradizionale, benché meno dai suoi massimi esponenti. Su tutti il compianto Wes Craven che disse la sua su come si era evoluta la saga di Wan e Whannel tramite un dialogo affidato ad una delle vittime di Scream 4, proseguendo la caratteristica destrutturante della sua serie di maggior successo nei confronti del cinema horror:

“Saw IV? Fa schifo, non fa paura, è solo sadico. A metà fra splatter e porno. Non interessa nessuno a chi muore, non c’è uno sviluppo dei personaggi, solo squartamenti e fiumi di sangue, bleah”

La pensavano diversamente i fan di tutto il mondo, che ogni anno si riversavano nelle sale per ricoprire d’oro il nuovo episodio di Saw. Al contrario dell’amico James, Leigh Whannel rimase all’interno della saga di Saw. Prima mise la firma sulla sceneggiatura del primo sequel, Saw 2 – La soluzione dell’enigma (anche se in realtà si trattò più che altro di una rielaborazione della sceneggiatura del regista Darren Lynn Bousman, il cui film mai realizzato The Desperate fu riadattato proprio per farlo diventare il sequel de l’Enigmista), poi scrisse anche quella del terzo capitolo, Saw III –L’enigma senza fine, nel quale tornò anche nelle vesti di Adam per un breve cameo. Dal terzo capitolo in poi, Whannel rimase solo in veste di produttore come l’amico James, con il quale ha tuttavia continuato a lavorare anche al di fuori della saga da loro iniziata.

Per prima cosa si lanciarono in un nuovo progetto scritto da Whannel e diretto da Wan dal titolo Dead Silence, horror uscito nel 2007 che non ebbe però il successo sperato. Wan girò poi un thriller con Kevin Bacon dal titolo Death Sentence, nel quale Whannel recitò un piccolo ruolo, tuttavia anche questo progetto fu essenzialmente un fiasco. È solo nel 2010 che i due danno alla luce un nuovo capitolo decisivo per la storia degli horror contemporanei: Insidious. Confermando la coppia vincente di Whannel alla scrittura e Wan alla regia, i due portano nuovamente alla ribalta il tema delle case infestate, attingendo di peso a grandi classici del passato come Poltergeist, tanto da sfiorare l’etichetta di remake mascherato in più di un caso. Il film incassa quasi 100 milioni di dollari in tutto il mondo e, naturalmente, viene presto accompagnato dal sequel, Insidious 2 (In Italia Oltre i confini del male: Insidious 2, ma è  ormai da anni che interrogarsi sulla logica delle trasposizioni italiane non ha più alcun senso). Col il sequel Whannel e Wan fanno il botto, incassando ben 160 milioni di dollari, diventando il miglior successo di sempre per il regista, che tuttavia decide di lasciare la direzione di Insidious 3 proprio all’amico Leigh e venire coinvolto in veste di produttore (il film incasserà comunque 110 milioni). I due amici torneranno nuovamente nelle vesti di produttori del nuovo Saw: Legacy, sperando che il film riesca a tornare sulle affascinanti atmosfere viste nel primo capitolo.

Saw – L’Enigmista ha quindi rappresentato un punto di svolta nel panorama horror contemporaneo, lanciando sulla scena internazionale una coppia di amanti del cinema che ha contribuito negli ultimi anni all’evoluzione di un genere che faticava sempre di più a trovare la sua autorialità. Senza dover necessariamente attribuire al lavoro dei due valutazioni forzatamente entusiastiche, di Wan e Whannel va sicuramente apprezzata la dedizione alla settimana arte e lo studio meticoloso del genere che maneggiano, sintomo innegabile della passione e dell’entusiasmo che contraddistinguono ogni loro lavoro. Pur non essendo un capolavoro, e pur avendo generato una schiera di cloni che hanno infestato il cinema horror come locuste, Saw rimane un ottimo film che ancora oggi intrattiene e stupisce per la sua intelligenza e il suo ritmo incalzante che, unito ad un finale storico, fa dell’opera di Wan e Whannel, se non una diamante, sicuramente un bellissimo minerale. E in un mondo colonizzato da fredde pietre come lo è quello dell’horror, non è cosa da poco.

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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