
Schegge di follia: il fascino perverso della dissacrazione
Facciamo un salto indietro nel tempo, precisamente nell’inverno del 2011. Era un pomeriggio piovoso e annebbiato dalla febbre quando mi sono imbattuto in un passaggio televisivo di Schegge di follia, un film che potrebbe addirittura apparire di dubbio gusto, ma di cui mi sono innamorato al punto da affiancarlo a roba come Spring Breakers di Harmony Korine per come riesce a canzonare un intero strato antropologico. Pur riconoscendone gli evidenti e grossi difetti, mi è praticamente impossibile parlare male di questa pellicola, ma ora scopriamo perché.
Veronica (Winona Ryder) è una sedicenne insicura, cannibalizzata dalle sue “amiche” meschine e altezzose, le tre Heather. Un bel giorno scoppia la passione per l’ultimo arrivato al college, il tenebroso e affascinante Jason (Christian Slater in un’interpretazione che richiama i personaggi belli e dannati del Jack Nicholson dei primi anni), e insieme a lui decide di dare una scossa alla sua esistenza, intraprendendo la strada della violenza. La noiosa routine del college inizia inesorabilmente a macchiarsi di bizzarri suicidi, ma ben presto Veronica troverà il coraggio di ribellarsi al turbinio di follia da lei stessa scatenato…
Per prima cosa, partiamo con una piccola lezione di storia del cinema.
Schegge di follia (o Heathers, che forse è meglio) arriva in un momento storico in cui la figura dell’adolescente nei film aveva subìto una notevole evoluzione. Negli anni Sessanta le pellicole sugli adolescenti erano patinati concentrati di sabbia e successi musicali del momento; negli anni Settanta essere adolescente voleva dire più o meno eccedere in imbecillità neurale e finire massacrato male durante un orgasmo in uno dei mille derivati slasher di Halloween di Carpenter. Giunti infine negli anni Ottanta, arriva John Hughes a rimescolare le carte, e con capolavori assoluti come Sixteen Candles e Breakfast Club, questo spesso sottovalutato regista è riuscito a farsi attribuire il merito di aver mostrato i giovani per come sono in realtà, evidenziandone pensieri e turbamenti.
Heathers prende spunto da un po’ tutte e tre le correnti di cui sopra, e la butta sulla commedia dark dalle atmosfere malsane che vomita cattiveria da ogni singolo frame.
Negli odierni anni degli universi condivisi sui supereroi e del blockbuster cazzone in cui viviamo, un film come Heathers non vedrebbe mai la luce, dotato com’è di un irresistibile fascino perverso. Heathers in questo senso ha tutto: un protagonista disadattato, imbottito di esplosivi e sadismo, col volto di un Christian Slater che per firmare un’altra interpretazione così riuscita e magnetica dovrà aspettare Lars von Trier; una sedicenne Winona Ryder cinica e dannata da rasponi brutali (l’espressione poco delicata era dovuta); battute e situazioni talmente paradossali da poter essere verosimili; e una sfilza di personaggi uno più grottesco dell’altro davanti ai quali le risate a denti stretti sono inevitabili.
Nessun meschino hollywoodiano di oggi con un minimo di fiuto economico (dettato dal politically correct) acconsentirebbe alla realizzazione di una storia tanto scomoda, in cui gli (anti)eroi ammazzano i propri coetanei senza star a badare alle conseguenze, o tentano di far esplodere la scuola con la dinamite come atto di “protesta” contro la società, soprattutto dopo le mille tragedie della recente storia americana come l’11 settembre. Sebbene il concept di Heathers faccia effettivamente venire i brividi, il tutto è venato di sarcasmo, di volontà di prendere per i fondelli, e ne esce un meraviglioso esempio di tagliente ritratto di un’intera generazione americana senza scopo.
Come molti suoi cloni, Heathers tratta l’ambiente liceale americano con perizia psicologica e antropologica, riuscendo ad andare addirittura oltre: cheerleaders di facili costumi, quarterback idioti, nerd bullizzati, professori hippie fuori tempo massimo… ogni stereotipo che fa parte di questa tipologia di pellicole è preso in esame e dissacrato in ogni sfumatura, fino al midollo. Ma il miracolo di questa immane presa per il culo generazionale si fa con le Heather che danno il titolo al film, tre ragazze ossessionate dalla popolarità al punto da mettersi sotto le scarpe la loro personalità. Il fatto che poi condividano lo stesso nome e lo stesso improbabile gusto in fatto di moda non fa che sottolineare con maggior crudezza questo aspetto.
Di conseguenza il personaggio di Veronica diventa fondamentale, una ragazza intelligente ma insicura e in cerca di sé stessa con cui sarà difficile non empatizzare sebbene sulle prime si voglia prenderla pesantemente a schiaffi, che col passare dei minuti acquista la consapevolezza della propria personalità, di quanto fosse infida e frivola la sua vita fino a quel momento. La storia d’amore con Jason è una metafora perfetta, ovviamente portata ai suoi estremi più brutali, del viaggio interiore nei propri lati oscuri con tanto di catarsi, e l’epico ed esplosivo (letteralmente) finale è lì per sbattercelo in faccia. Semplicemente meraviglioso.
Dopo tutto questo panegirico farà strano sapere che, in realtà, Heathers, cinematograficamente parlando, non è granché. La regia non brilla per eccessive intuizioni (difatti il regista Michael Lehmann, dopo questo suo primo film, si è praticamente perso nel labirinto del dimenticatoio), pur non mancando di diversi momenti davvero ispirati, per non dire clamorosi, soprattutto da metà film in poi; gli stessi attori, salvo la Ryder e Slater, sono parecchio impediti nella recitazione, anche se dotati di una spontaneità a dire il vero calzante per il progetto.
Al banco degli imputati potremmo far sedere pure lo sceneggiatore Daniel Waters, reo di aver seminato in fase di sceneggiatura tutta una serie infinita di buchi narrativi e incongruenze davanti ai quali si potrebbe rimanere indispettiti (a dire il vero sono poca cosa rispetto alle voragini infernali viste in pellicole ben più blasonate e ambiziose di questa, vero Batman v Superman?). Laddove invece Waters brilla è nella messa alla berlina sardonica e acida degli stereotipi, dello squallido opportunismo coprofago dei media pronti a fare degli eventi più crudi un pretesto per ottenere visibilità, dell’odio verso il prossimo e del suicidio tra gli adolescenti; tutte tematiche che avevano spinto Waters a proporre il film a nientepopodimeno che Stanley Kubrick.
Che dire in conclusione, senza spoilerare le mille altre splendide allusioni che è solo un piacere cogliere in corso di visione? Heathers è un concentrato di cattiveria nichilista affrontata con il tono della commedia nera gradevolmente underground che regala a Winona Ryder (bellissima, già detto?) il ruolo della sua vita e, a noi spettatori, un bel film di cui soppesare ogni singola scena, ogni dettaglio e ogni frase.
In America Heathers ha raggiunto lo status di cult grazie all’home video; qui in Italia è già tanto se viene riproposto in tv a ogni morte di papa. Da riscoprire, rivalutare e amare.