Martin Basile, si definisce “rapper” (perché fa il rapper), “regista” (perché fa anche il regista) e impostore. The Scout è il suo nuovo cortometraggio: un enigmatico thriller di chiara ispirazione lynchiana.
Eccovi il fantastico cortometraggio del nostro Martin Basile.
1 – Ciao Martin! Cominciamo questa intervista – se così vogliamo chiamarla – dicendoti subito che nel tuo nuovo corto possiamo notare prima di ogni cosa una capacità tecnica fuori dal normale. La tua regia sembra molto più matura di quella di numerosi corti di tuoi omologhi e coetanei, la fotografia rasenta la perfezione e anche il montaggio è chiaro e pulito. Avendo a disposizione gli strumenti della moderna tecnologia pensi che nel 2017 sia più semplice girare? Oppure l’innovazione non prevaricherà mai sull’inventiva del regista?
Il 2017 è il mio tempo. Le differenze rispetto a venti, trent’anni fa, le immagino un po’ timidamente dai racconti dei più anziani. L’idea che mi sono fatto è che alcuni strumenti siano diventati relativamente più economici. Ma se, come hai evidenziato, lo scarto tra il lavoro di un filmmaker ed un altro si nota, significa che quello è il meno. Io ho semplicemente sfruttato l’occasione. Qualche anno fa con le paghette messe da parte durante la mia adolescenza, ho comprato una reflex ed un pc. Questo mi ha permesso di girare e montare potenzialmente tutti i giorni, di conseguenza ho fatto un sacco di pratica da autodidatta. Probabilmente negli anni Ottanta sarebbe stato più difficile mettermi in condizione di lavorare, o comunque una camera economica non mi avrebbe consentito di riprendere immagini così nitide. Ma va ricordato che avere una videocamera non significa avere a disposizione il budget per girare Avatar. Lo standard qualitativo che sento e soprattutto pretendo di mantenere è dato dallo studio e dall’impegno spesi negli anni passati, non certo da un software o da un obiettivo.
2 – The Scout è un corto enigmatico, che nasconde doppi sensi, sequenze oniriche a dir poco. Ci potresti dare una tua personale interpretazione?
Preferirei di no. Mi riservo il piacere di farmi raccontare quello che gli altri ci hanno capito. Molto spesso mi danno spiegazioni che filano, dall’inizio alla fine, e che non avevo considerato neanche lontanamente. È un modo per farmi raccontare qualcosa di me da chi ha, per forza di cose, un punto di vista più imparziale. Per esempio, qualcuno ha ipotizzato che il personaggio misterioso del film fosse una sorta di spettro che ha un patto con la protagonista, per cui lei non può parlare di lui ad altri. Ad ogni modo, mi preme molto che il pensiero risultante dalla visione del film sia in linea con la mia filosofia, che in questo caso è molto vicina a quella di David Hume. Vi basti sapere che la chiave di lettura è nascosta in bella vista al momento meno opportuno.
3 – Il tuo è un lavoro d’equipe oppure conti solo su te stesso per realizzare i tuoi video?
Conto su me stesso il più possibile, perché sento il bisogno di fare film che siamo miei in tutto e per tutto. Negli anni ho imparato a scrivere, dirigere, filmare, montare, comporre. In The Scout così è stato. Ma per fare cinema è indispensabile il lavoro di squadra. Per questo, prima di mettermi all’opera, cerco di capire fino in fondo quale sia la spinta artistica dei miei collaboratori, per assicurarmi che vada nella stessa direzione. Uno degli aspetti più dibattuti in The Scout è stata la recitazione della centralinista. Io volevo che fosse una caricatura, mentre per tutti gli altri sul set farla parlare in quel modo ridicolo nel momento di maggiore tensione era una scelta assurda e dannosa. Secondo me invece non avrebbe fatto ridere, piuttosto sarebbe stato grottesco e straniante. Alla fine si è fatto a modo mio. Naturalmente chi chiede al cinema il dono del naturalismo non condividerà questa decisione.
4 – Nomina tre registi che consideri tuoi “maestri”, o ai quali comunque ti ispiri quando premi il tasto play.
Se oggi faccio film, è perché un giorno ho visto Lost Highway di David Lynch. Per me lui è il massimo. Tanto che, qualche anno fa, non appena ho saputo dell’intenzione di girare una terza stagione di Twin Peaks, ho indetto una petizione online, chiedendo di essere preso in considerazione per una piccola parte. Purtroppo non sono riuscito ad ottenere la visibilità necessaria per farmi notare. Oltre a Lynch, sento di dovere molto a Nanni Moretti e Lars von Trier.
5 – The Scout è stato realizzato perché hai avuto un’idea per un corto, oppure volevi girare un corto e sei andato in cerca di un’idea?
Due amici, Christian ed Amedeo, mi avevano proposto di lavorare insieme ad una serie horror. Dal momento che nessuno dei tre aveva mai assistito ad un’apocalisse zombi o abitato una casa stregata, ho suggerito di partire da qualcosa di più semplice. Abbiamo valutato varie opzioni, poi ho proposto l’idea di una ragazza che prevede un futuro di sfiga nera senza riuscire ad interpretarlo, ed è piaciuta. Da lì è stato labor limae.
Ringraziamo il nostro caro Martin Basile per la sua gentile intervista e invitiamo tutti i nostri accidiosi lettori a spararsi il suo corto, perché è veramente roba da urlo.