Si è parlato così tanto della recente cancellazione di Sense8 che qualcuno si starà chiedendo se ne valga la pena. Parliamone.
Vi abbiamo già parlato di questa serie firmata (ma dai?) Netflix, e ho deciso di volervene parlare ancora a fronte della mia recente conclusione della seconda stagione. Non solo, l’ho deciso anche perché una serie che veniva menzionata ben poco, di recente è stata sulla bocca di tutti perché dopo due stagioni è stata prepotentemente cancellata. Per chi ha visto la serie partono imprecazioni di diversa sorta nel leggere questa frase, anche solo considerato il finale. Per chi non l’ha fatto invece, sorge spontaneo chiedersi se fosse legittima tutta questa protesta. Bene, ve lo dico già adesso. Lo era eccome. (Anche solo perché alla fine ha garantito un finale alla serie, in un episodio di due ore e mezza). Vedrò però di spiegarvi anche il perché.

Serialità finalmente motivata
Non vi spiegherò di cosa parla la serie perché, come già detto, c’è un altro articolo al riguardo. Cercherò invece di focalizzarmi su cosa ha messo in luce questa seconda stagione rispetto alla precedente. Partiamo dal presupposto che, trama o non trama, finalmente mi sono trovata di fronte a una serie TV che aveva ragione di proseguire, e non si stava trascinando avanti per mera audience. Se la prima stagione aveva messo sul tavolo gli ingredienti – otto ragazzi rappresentanti delle minoranze, i collegamenti, le visite, il complicato intrigo che si cela dietro la figura di Whispers – la seconda stagione ci sforna il piatto.
In altre parole gli episodi della prima stagione possono risultare lenti, a tratti un po’ inconcludenti, e riscuotono comunque successo grazie alla straordinaria capacità di attori e regia nel caratterizzare i personaggi. La seconda stagione, continuando a darci sempre più motivi per affezionarci ai ragazzi, procede anche passando all’azione, cliffhanger e scene cariche di badass comprese. Progressivamente si chiariscono le cause della caccia assidua di Whispers ai danni dei membri della cerchia, si scoprono nuove particolarità di questo dono, e soprattutto progressivamente gli 8 ragazzi imparano a sfruttare il loro potere, cosa che nella prima stagione risultava ancora complessa.
Le Wachowski dimostrano insomma di saper gestire perfettamente tanto una stagione dal piglio maggiormente descrittivo, rendendola comunque piacevole, e una più pregna di azione, che motiva le scelte della precedente e ci tiene col fiato sospeso.
Da questo punto di vista dunque, la protesta per avere una terza stagione aveva senso tanto per il finale – che non vi svelo, ovviamente – quando per le varie fila ancora da tirare. E’ vero che ci sono state fornite delle delucidazioni circa questa continua caccia al sensate, la sua origine e le sue capacità, ma molte cose ancora non sono chiare, la posizione di alcuni personaggi non lo è. Se ci aggiungiamo che si è scoperta l’esistenza di altre cerchie oltre a quella protagonista, di roba da sviluppare ce ne sarebbe parecchia, senza trascinarsi per nulla.
Un’altra stagione è necessaria
Al di là della semplice trama, mi sento di poter affermare che per chi ha visto Sense8 c’è il bisogno di proseguire. Non fraintendetemi, so bene che qualunque serie ben fatta ci fa affezionare e dire che potremmo andare avanti all’infinito. Per come sono fatta io, tuttavia, preferisco che una serie finisca piuttosto che 10 stagioni inutili. Abbiamo chiarito però che in questo caso non sarebbe successo questo, cos’altro mi porta a fare un’affermazione del genere?
Potrei dirvi che è il genio delle Wachowski. Tanto in Matrix, quanto in Cloud Atlas e infine in questa serie, la loro poetica è disarmante. Non si riesce a seguire gli episodi di Sense8 senza sprofondare in un’empatia intensissima, che lascia quasi sgomenti e diventa quasi magica: se seguiamo una serie dove i protagonisti sono legati tra loro nelle percezioni, il fatto di sentirci legati a loro empaticamente pur essendo spettatori fa un certo effetto.
Uso il termine poetica non a caso, perché ci sono proprio delle costanti poetiche nei lavori firmati Wachowski. In primo luogo ci sono appunto i collegamenti, le affinità, i parallelismi, l’empatia. In secondo luogo c’è questa sconvolgente capacità di equilibrare umorismo, cultura, filosofia, sesso, dramma, amore, senza mai stroppiare, rendendo tutto in modo straordinario attraverso scene perfette in ogni dettaglio.
Le Wachowski finiscono col passare per erudite vere e proprie, tirando fuori colonne sonore pazzesche e versatili, rendendo con lo stesso interesse e la stessa attenzione i discorsi filosofici, quelli informatici e quelli artistici. Ah e vi ho già detto che la serie ha un montaggio e una fotografia da bava alla bocca? No? Ecco.
Quindi insomma, ci sarebbe il bisogno che Sense8 continui perché credo seriamente che come esseri umani non ci sia nulla di più necessario, di sentirci così tanto legati empaticamente ad altri, così passionali. La seconda stagione di Sense8 ha confermato la capacità di questa serie di regalarci l’intensità delle emozioni, della condivisione. Ci ha fatti sentire dentro altre 8 persone. Lo ha fatto facendoci ridere, parlare d’amore, piangere, esaltarci e chi più ne ha più ne metta. Lo ha fatto con una fotografia, un montaggio, una scenografia, una colonna sonora, dei dialoghi e una regia pazzeschi.
E adesso ditemi perché non si sarebbe dovuto proseguire.
P.s. fate un salto dai nostri amici di Sense8 Italia!