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House of Cards 4×13 – Il finale di stagione

Ci siamo gente, il momento tanto agognato e temuto è arrivato: l’ultima puntata di questa magistrale quarta stagione di House of Cards. So che probabilmente non ve ne fregherà nulla, ma se volete ritardare di qualche mese il mio ricovero in un centro psichiatrico potreste anche leggervi le mie recensioni precedenti. Se vi interessano sono tutte qui. Che poi chi sto prendendo in giro, non starete nemmeno leggendo questa. Chiederò ai due educati energumeni vestiti di bianco che stanno suonando alla mia porta di fare piano con la camicia di forza. Gentili, hanno detto che mi lasciano finire la recensione e poi mi portano via, le buone maniere ci sono ancora oggigiorno.i

Vabbè, che dite, cominciamo? Che sto finale di stagione è qualcosa di travolgente, sotto tutti i punti di vista. Come sempre spoilerz, che devo parlare di ogni cosa, non scherziamo.

house of cards situation room

Tutta questa tredicesima puntata è una profezia. Perché diciamoci la verità, non è difficile per gli sceneggiatori parlare di attualità, anzi, devono farlo, dato che è un grosso pilastro del successo di House of Cards. Il tocco di genio sta nell’anticipare la realtà, nell’andare oltre le notizie del telegiornale, immaginando quello che potrebbe succedere e inserendolo nella serie. Per due ragioni a mio parere: intanto quella ovvia e giustamente presente dell’intrattenere, e questo episodio dovrebbe (e probabilmente sarà così) fare scuola; poi come monito, un avvertimento a chi è davvero seduto nello Studio Ovale, a chi ha le dita sui pulsanti, a chi siede costantemente nella stanza dei bottoni. Si sente l’eco fragoroso del guardate che se andate avanti in questo modo è molto probabile che finirà così, state attenti.

Perciò ecco che in 50 minuti circa si condensa tutto il cinismo della politica americana. Frank e Claire risultano, se possibile, ancora più spietati del solito, arrivando a sacrificare ogni cosa per ottenere i proprio scopi. Niente di nuovo mi direte, ma qui si va oltre, qui Claire raggiunge l’amoralità del marito, cosa che in quasi quattro stagioni non le era ancora riuscito. Ma andiamo con ordine.

Infatti è proprio lei a parlamentare con al-Ahmadi (assonanza con al-Baghdadi?), uno dei due capi dell’ICO, per persuaderlo a convincere i due pazzi a rilasciare la famiglia Miller. Per farlo gli promette la restaurazione del governo iracheno in mano al partito Baath (abbattuto dagli States proprio durante la guerra in Iraq). E qui c’è la prima stoccata agli Stati Uniti reali, in un breve scambio di battute tra Claire ed il terrorista:

“Claire: Non ha interesse nell’islam o nel califfato, li usa per radicalizzare i soldati.

al-Ahmadi: Come voi usate la democrazia e la libertà.”

Si scalfisce solo la punta dell’iceberg, ma ci vuole poco ad urtare la coscienza iuessei!! ultranazionalista. House of Cards decide quindi di andare oltre, c’è bisogno di sensibilizzare la gente sia sulla loro percezione del terrorismo, sia sul loro rapporto con la politica ed il governo, mai come ora dipinti a tinte così fosche, forse gli unici responsabili dei conflitti in Medio Oriente e delle ripercussioni che essi hanno sul mondo occidentale.

house of cards claire ahmadi

Frank decide infatti di usare il pugno di ferro per far liberare gli ostaggi, e riesce quasi nel suo intento, strappando madre e figlia ai rapitori in cambio della comunicazione con il loro leader. Ma quando la volontà di vendicarsi di chi bombarda giornalmente il tuo popolo è così forte, nessuna promessa può scalfirla, quindi al-Ahmadi esorta i due ragazzi americani a resistere e continuare la loro guerra.

Non solo, restando sempre in tema di bombe (mamma mia quanto sono simpatico), arriva pure quella dell’articolo di Hammerschmidt a lanciare shrapnel fumanti nella Casa Bianca. Frank non sa come evitare di essere colpito, e nemmeno Claire gli è d’aiuto, mentre Conway gongola in tutto questo pregustando una vittoria facile alle elezioni.

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Ed è proprio in questo momento che arriva il malato, geniale e terribilmente cinico tocco di genio della first lady. Con il senno di poi è pure di una semplicità disarmante. Serve una sola parola a mettere d’accordo le masse, a guidare il loro sguardo da un’altra parte, a catalizzare la loro attenzione peggio della fiamma per una falena: guerra. Niente più articoli di giornale, niente più corsa elettorale, niente più problemi economici. C’è solo la guerra al terrorismo. Quella sul campo, quella senza esclusione di colpi, quella che sacrifica gli innocenti perché con i terroristi non si negozia.

House of Cards

La straziante scena finale racchiude in sé tutto quello che House of Cards rappresenta: la bramosia del potere politico calpesta ogni singola cosa le si ponga davanti. Non c’è pietà, non c’è compassione, non c’è speranza. Frank e Claire Underwood non sono che un al-Ahmadi con una bandiera diversa arrotolata sulla canna del fucile. Il camera-look di Claire è emblematico: ora anche lei è finalmente come suo marito. La coppia è davvero coppia, tremendamente complementare.

house of cards finale

E, come sempre, è Frank che ci regala la sua verità, chiudendo una puntata e una stagione perfette, spiccandoci metaforicamente la testa, tanto avevamo la gola già tagliata:

Esatto. Noi non subiamo il terrore. Noi creiamo il terrore.”

Sipario. Silenzio di tomba.

Applausi.

 

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Edoardo Ferrarese

Folgorato sul Viale del Tramonto da Charles Foster Kane. Bene, ora che vi ho fatto vedere quanto ne so di cinema e vi starò già sulle balle, passiamo alle cagate: classe 1992, fagocito libri da quando sono nato. Con i film il feeling è più recente, ma non posso farne a meno, un po' come con la birra. Scrivere è l'unica cosa che so e amo fare. (Beh, poteva andare peggio. Poteva piovere).
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