Come ha amato ricordarci Edoardo in tutta la sua recensione, episodio per episodio, di Westworld 2, HBO è sinonimo di garanzia; per qualità di serie tv (quasi sempre), e per culi/scene di nudo/scene di sesso, mostrate come se piovessero. E nonostante, per me, la seconda stagione del mondo dei replicanti sia stata una delusione, non potevo non fiondarmi a capofitto su Sharp Objects, prodotto targato prioprio HBO.
Mi è bastato solo sapere che:
- C’è Amy Adams.
- Jean-Marc Vallée in regia.
- Il soggetto è tratto da un libro di Gillian Flynn (l’autrice di Gone Girl, per intenderci).
Dopo Big Little Lies, il regista canadese torna a dirigere una mini serie da 8 puntate; sarà stato capace di replicare il successo dello scorso anno? Già così, mi vien da pensare, “Che ve lo dico a fare…”.
Chiaramente il mio commento sarà solo legato ai primi due episodi, concessi gentilmente da Sky, e non su Sharp Objects nella sua interezza e completezza. Per quello ci sarà tempo, promesso.
Una serie tutta atmosfere, attoroni e… Jean-Marc Vallée
Esistono prodotti inconfondibili. Unici. Tutto questo grazie al tocco e allo sguardo di autori veri e propri, capaci di filmare anche l’elenco telefonico mentre viene sfogliato, ma riuscendo comunque a far dire allo stesso tempo “Questo, l’ho fatto io… Bello vero?”. Sarà che sono un po’ di parte, e Vallée è sempre stato un mio pallino, ma qui si nota la presenza, a chilometri di distanza; sarà che sono l’unico al mondo a cui è piaciuto Demolition? Non è un caso se il dramma umano, i protagonisti tormentati, il lutto straziante e il passato oscuro siano il pane quotidiano di Gianni-Marco. Si gioca, anche per Sharp Objects, con temi ed emozioni forti.
Una giornalista di cronaca nera, con evidenti problemi di alcolismo, torna nel proprio paesino natale, per scrivere un articolo su un presunto caso seriale di sparizioni/omicidi di ragazzine. Già dai primi due episodi, capiamo che Sharp Objects non è un semplice giallo, o caso investigativo; è un “film” surreale (perché ricco di ricordi), crudele e colmo di oscurità, di quasi due ore, in cui giganteggia una sfatta e sempre stupenda Amy Adams, nei panni di Camille. La sorella modello per tutte voi, amiche del MacGuffin.
Il quid in più, in questi pilot, oltre alla sontuosa regia ed alla Adams, sono le atmosfere: quasi sempre al limite del sovrannaturale e dell’ubriaco, ricche di tensione e che perfettamente si addicono a una cittadina bigotta, conservatrice e che puzza di marcio dal primo minuto. Forse, oltre al marcio, si sente odore di qualche cliché, ma spero di essere smentito dalle prossime puntate. Nel frattempo, con un cast di prim’ordine (in cui sbuca Sophia Lillis, alias la Beverly di It) e le carte in regola per ammagliare i più diffidenti, Sharp Objects mi sta già divorando dalla curiosità.
Cosa aspettarsi e cosa non
Mi aspettoo… vediamo… delle rivelazioni scioccanti; di soffrire come un cane, specialmente. Questo continuo senso di oppressione e di prigionia che aleggia è un vero e proprio ossimoro, in mezzo a tutto il verde e al paradiso in terra che pare Wind Gap. È lecito, aspettarsi una serie a forti tinte rosa, che affronterà di petto il lutto, la perdita e ogni tipo di tortura, fisica e mentale (Sharp Objects = oggetti affilati). Insomma, robetta leggera.
Le prime due puntate aprono a una serie che si prospetta esteticamente mozzafiato, dal ritmo perfetto e dai colpi di scena sempre dietro l’angolo. Si spera mai troppo telefonati; se pensate ti trovarvi di fronte a roba dolce, smielata e, soprattutto, di facile visione, cambiate pure aria. Sharp Objects, come Big Little Lies, mette al centro una famiglia (borghese) e porta alla luce il proprio lato oscuro. E io, giustamente, di drammi familiari mi nutro come un obeso al McDonald’s. Non posso aspettare fino a settimana prossima. Ne ho bisogno ora.