
Sherlock Holmes e il mistero del caso irrisolto
Dimenticatevi per un paio d’ore lo Sherlock Holmes esuberante degli inseguimenti adrenalinici, dei raggiri e dell’esoterismo.
Dimenticatevi il detective stereotipato con la pipa e il cappello da cacciatore.
Dimenticatevi anche di Robert Downey Junior e delle sue trovate stravaganti.
Perché questo Sherlock Holmes (lo straordinario Ian Mckellen) ora ha 93 anni e vive in volontario esilio in una casa di campagna, logorato dagli acciacchi e dai ricordi offuscati del suo ultimo caso, rimasto irrisolto.
Un Holmes stanco e tormentato, che trascorre gli ultimi anni della sua esistenza da apicoltore, nel vano tentativo di recuperare la memoria nutrendosi di pappa reale, per poter scandagliare gli angoli più profondi della sua anima in cerca della verità.
Mister Holmes e il mistero del caso irrisolto è un film che ti prende per mano, ti invita ad accomodarti e ti racconta una storia bellissima, ma con i tempi che ritiene più consoni. Lo spettatore deve immedesimarsi nel protagonista, deve faticare con lui e sforzarsi di guardare la realtà con gli occhi di un uomo che ha dedicato la sua vita alla logica e al raziocinio.
Un uomo che ora, dinanzi agli inesorabili dubbi che l’età gli propina, si ritrova improvvisamente costretto a rivisitare le sue certezze, a fantasticare.
La regia di Bill Condon è tutta incentrata su Ian Mckellen e non potrebbe essere altrimenti. La sua interpretazione è commovente ed ogni suo gesto è a misura d’uomo. Insomma, un Holmes diametralmente opposto a quello che siamo stati abituati a vedere sul grande schermo, che qui ha bisogno di tempo per riflettere sui suoi errori passati, ma che contemporaneamente è conscio del fatto che il tempo gli stia scorrendo via come sabbia tra le dita.
In un contesto simile lo spettatore non può che accompagnare il protagonista nel suo viaggio a ritroso quasi straziante, confidando continuamente in una delle intuizioni che resero celebre il detective di Baker Street.
E poco importa se mancano spettacolarità e folklore: la semplicità che contorna tutta la storia è sufficiente a trasmettere emozioni forti e vivide. Mister Holmes e il mistero del caso irrisolto ci mostra finalmente un detective contemplativo, cerebrale e compassato. Holmes deve ora confrontarsi con la dura realtà anagrafica, e trova sollievo dalle sue sofferenze grazie all’affetto incondizionato che prova per Roger, figlio della sua governante, con cui condivide i confusi ricordi passati.
I sensi di colpa che lo perseguitano lo inducono a ricercare spazi angusti, quasi a nascondersi. L’auto-esilio a cui il protagonista di sottopone è, infatti, frutto della volontà di rimediare in qualche modo agli errori passati prima di morire. La fermezza e la sicurezza che tanto contraddistinguevano Holmes, ora sono le ragioni della sua disgrazia. E di ciò egli è perfettamente consapevole. La sceneggiatura, essenziale ma non scarna, riesce a trasmettere benissimo questa situazione angosciante.
Il film, in conclusione, lascia impresso un turbinio di sentimenti contrastanti. Perché durante questo breve viaggio di quasi due ore Holmes, nonostante l’età avanzata, cambia la sua prospettiva di vedere il mondo. Capisce che la logica debba, in certi casi, far necessariamente spazio alla fantasia e al disincanto.
Al punto da suggerire allo spettatore che l’immaginazione umana può essere talmente sfrenata da far sembrare la realtà una passeggiata se non, addirittura, una delusione.
– Siamo, tutti noi, così…
– Soli? Io sono stato solo. Per tutta la vita. Ma sono stato compensato dall’intelligenza.
– Ed è sufficiente?
– Può esserlo. Se uno è così fortunato da trovare un posto nel mondo, e un’altra anima con cui condividere la propria solitudine.