Ultimissimo appuntamento con lo Speciale dedicato a Dario Argento del mercoledì.
Ormai ne avrete le palle piene ma ci ringrazierete, perché a furia di propinarvi articoli su Darione a questo punto potrete vantare e sfoggiare una cultura invidiabile, quindi vi consiglio di andare in giro a fare i sapientoni. Non so se Argento funzioni per il rimorchiare, non credo, magari un tempo… quando le tizie si spaventavano ancora e vi cadevano in braccio avvinghiandosi come polpi o i tizi si gasavano se ne sapevate più di loro su un argomento da tosti. Forse ai giorni nostri se iniziate a parlare di Argento a macchinetta vi beccate delle botte di fissati e venite etichettati come quelli strambi e noiosi per niente cool. Ho divagato scusate.
Torniamo al gran finale. Mi sono tenuta da parte uno degli argomenti che mi hanno sempre intrigato tantissimo nei film di Argento: le donne. Non è mia intenzione caricarvi con pipponi femministi e frasi fatte alla Girl Power, il fatto è che il regista ha una visione sull’argomento molto particolare che voglio condividere con voi. Argento è affascinato dal lato oscuro e segreto, perverso e paranoico, della figura femminile. Lo avrete già intuito dallo scorso articolo, quando vi ho parlato della Trilogia delle Tre Madri.
Ma non sono le streghe, l’incarnazione del male, i personaggi femminili che più mi esaltano della sua produzione. No, le donne di cui vi voglio parlare sono quelle normali, quelle che all’apparenza sembrano dolci, amorevoli, materne ma che poi ti spiazzano perché in realtà sono pronte a farvi del male.
Fino ad allora la donna era sempre stata presente nei film thriller, ma come personaggio secondario anzi era spesso la vittima debole e prescelta del killer. L’uomo era il figo di turno. SEMPRE.
Argento ribalta la situazione modernizzandola: in molti suoi film l’assassino è di sesso femminile e a mio parere sono forse gli assassini più inquietanti e riusciti della sua carriera. Sadiche e spietate, le nostre assassine sono donne ambigue ed enigmatiche che donano una qualche forma di sensualità all’omicidio.
Madri, amanti, mogli o amiche, rappresentano al meglio la frase “l’apparenza inganna” facendoci capire quanto sia prudente non fidarsi degli altri, anche delle persone che riteniamo più vicine a noi, poiché l’animo umano è imprevedibile e tutti abbiamo un lato dark nascosto da qualche parte. Molte delle assassine di Dario sono loro stesse vittime, hanno subito soprusi o qualche trauma in adolescenza che le ha spinte ad indossare i famosissimi guantoni di pelle, cappello, impermeabile e immancabile la lama.
Voglio raccontavi due assassine in particolare, le mie preferite, per farvi capire meglio il magico e pericoloso universo femminile creato dal regista. -SPOILER ALERT-
Beh la prima è scontatissima ma merita la menzione d’onore e la standing ovation per avermi completamente terrorizzato: la signora Marta (la grandissima Clara Calamai) ovvero la terribile madre di Carlo, il presunto finto colpevole, (al regista piace un sacco tirarci a scemi con il doppio finale) in Profondo rosso. Personaggio davvero marginale e insospettabile per tutto il film.
La vediamo pochissimo perché Argento, da bravo volpone, la tiene un po’ in disparte di proposito per non fartela sospettare, per fartela spuntare di colpo fuori all’improvviso, provocandoti il classico malessere da chi, una volta a letto, se la sognerà. Ma chi avrebbe mai sospettato di quella maledettissima Marta? L’ex-attrice di mezza età è in realtà una feroce assassina con un passato burrascoso fatto di disturbi psichici e omicidio brutale del marito davanti al suo figlioletto. È interessante la duplicità del personaggio di Marta: da un lato assassina psicopatica e dall’altro amorevole mamma chioccia ai limiti del morboso, che si dispera per la morte del figlio. Io non so voi, ma la scena in cui Marta si scorge dello specchio mi ha bloccato la crescita.
La seconda assassina è invece Monica (Eva Renzi) de L’uccello dalle piume di cristallo. Anche lei come Marta è la classica persona che non sospetteresti mai, anzi Argento, a inizio film, arriva a dipingerla addirittura come una povera vittima indifesa che viene aggredita dal presunto assassino. Quindi siamo tratti in inganno già dalla prima scena ed è impossibile vederla come un’assassina. Ciò che mi ha colpito di Monica è il motivo contorto per cui uccide.
Durante la sua adolescenza è stata vittima di un maniaco. Nelle motivazioni che la spingono ad uccidere giovani donne, c’è quasi una negazione della sessualità, del suo stesso sesso. Arriva a pensare che se non fosse stata donna non avrebbe suscitato alcun desiderio nel maniaco che a quel punto non l’avrebbe aggredita.
Questo tremendo shock provoca in lei un rifiuto e disgusto nell’essere donna che sfocia in un’identificazione schizofrenica maschile, quindi finisce con lo sviluppare propriamente una personalità maschile. Vive una vita schizofrenica, facendo finta di essere una donna, ma in realtà pensa di essere un uomo e uccide senza pietà giovani fanciulle. Contorta eh?
Il modo in cui Argento tratta le sue donne mi piace forse ancora di più. A partire dal bellissimo rapporto con le sue attrici, fino al modo in cui le riprende con la cinepresa: i corpi femminili, tramite le luci e le inquadrature sono esaltati al massimo, l’erotismo velato, nascosto o palese che sia è onnipresente in ogni sua pellicola. È indubbio che il regista abbia saputo dare voce alle donne, valorizzandole in ogni loro aspetto. E te ne siamo grate, buon Dario, amico delle donne o amante della figa, come preferite.
Per concludere guardatevi sempre le spalle, la vostra fidanzata o persino vostra madre che vi guarda amorevole e innocente mentre vi prepara la cena, potrebbero essere in realtà dei killer feroci pronti ad affettarvi.
Vi saluto care e gentili persone che avete seguito assiduamente la nostra rubrica, so che io e Mr Luciani vi mancheremo tantissimo ma non disperate, TheMacGuffin ha serbo per voi tante altre sorprese.