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Signori! La paura è servita – Mani d’Argento

Dopo la recensione della Trilogia degli animali, eccoci al quarto appuntamento con lo Speciale Dario Argento del MacGuffin!

I camei.

I camei nei film sono un argomento che mi ha sempre fatto sballare, soprattutto se velati, perchè incarnano la fune di fuga da quella pellicola, portali aperti verso un’altra storia e lo sfondamento della quarta parete.

Abituati ai tanto simpatici quanto inutili camei di Stan Lee nei cinecomics Marvel, un po’ meno – ahimè – a quelli nascosti e fugaci del grande Hitchcock nei suoi stessi film, oggi affrontiamo lo stesso argomento parlando del Maestro del Brivido.

Dario Argento non è mai apparso nei suoi film, o almeno… non in maniera riconoscibile!

In Profondo rosso (1975) l’immagine riflessa nello specchio del bagno del teatro sembra si tratti proprio di lui, come pare che si veda di spalle in una brevissima sequenza di Suspiria (1977). Sempre in Suspiria come in Tenebre (1982), Phenomena (1985) e Opera (1987), la voce fuori campo gli appartiene indiscutibilmente.

Ma come avrete capito dal titolo dell’articolo, le protagoniste oggi sono le mani. Dopo le dita dorate del celebre antagonista di James Bond, troviamo le mani d’Argento.

Saprete bene (e se non lo sapete, sappiatelo) che quando nelle trame dei suoi film c’è di mezzo un assassino è sempre rigorosamente figurato con indosso un impermeabile scuro, un cappellaccio nero e un paio guanti di pelle nera. Il padrone di quelle mani nascoste è proprio il regista.

Qualcuno ora ovviamente griderà al cameo feticista, ma sarebbe da stupidi fermarsi a questa indiscrezione, non trovate?

Credo di avere un’ottima manualità. Penso di essere molto bravo a muovere le mani nelle scene drammatiche. Per questo motivo scelgo sempre me stesso per quella parte.

Di seguito potete sfogliare una galleria delle scene più famose dove c’è lo zampino del regista (mai modo di dire fu più appropriato)…

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Mani che telefonano. Mani che leggono. Mani che strappano. Mani che cercano. Mani che vengono morse. Ma soprattutto mani che torturano e uccidono.

È inutile pensare che Dario lo faccia per manie di protagonismo, perché non è mai chiaro che si tratti realmente di lui. Inoltre per questo ruolo non è mai accreditato.

Eppure in queste scene l’importante non è tanto a chi appartengono le mani in questione, quanto (passatemi la battuta) all’Argento vivo che donano a queste pellicole.

Quelle non sono mai solo le mani di quel preciso assassino, ma sono anche le mani dello spettatore, le nostre mani, sono le mani dei nostri istinti più profondi e nascosti. Quelle mani infatti sbucano direttamente da sotto la cinepresa, proprio come fossero le nostre. In fondo, dietro quei guanti di pelle possono celarsi le mani di chiunque…

Sta proprio qui la preziosità di queste scene: tirano in ballo lo spettatore, il quale si ritrova irrimediabilmente invischiato, volente o nolente, in azioni terribili ed efferate. Anche lui è complice di quei delitti: li guarda senza far nulla, anzi gli piacciono e continua a pagare per vederli (quelli che diranno “Ettecredo che nun po fa nulla! È ‘nfilm!” farò finta di non averli sentiti).

Ed ora cedo la penna alla cara collega Tavella che nei prossimi appuntamenti esplorerà le ultime due facce del dado che da un mese a questa parte ormai lanciamo ogni mercoledì. Per oggi quindi spegniamo la luce…

Se gli horror sono la vostra passione, fate un salto dai nostri amici di Film esageratamente da paura!

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Federico Luciani

Nasce nel 1990. Sette anni più tardi s'innamora del teatro e da allora sono fidanzati ufficialmente. Laureato al DAMS di Bologna e impegnato nel teatro sociale da diverso tempo. Quando non scrive, divora film di ogni genere. Dylan Dog come eroe, Samuel Beckett come mentore, Woody Allen come esempio e Robin Williams come mito.
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