Film

Silent Hill: quando la paura fa bzzz

Scena: state camminando in una cittadina e cala la nebbia. Vi sale l’ansia. Sentite il rumore di una radio che riceve solo la statica. Vi arriva una fitta di paura alle chiappe. Siete sull’autobus di ritorno a casa e (storia vera) vedete accanto all’autiere il kit medico e pensate:”Minchia, devo prenderlo subito!” Vi sale il nervoso a vedere le infermiere negli ospedali, ma vi chiedete se in un cesso intasato della metro possa nascondersi una chiave che apre una porta segreta. No, non siete pazzi. Avete solo giocato troppo a Silent Hill.

Quelli che erano bambini/adolescenti negli Novanta se la ricordano l’ansia della radio che faceva BZZZZ e ti avvertiva della presenza di manichini/bestie strane sociopatiche in arrivo.

Silent Hill è stato uno dei survival horror più amati di sempre. Un mix perfetto di paura, psicologia, giallo, enigmi e drammoni esistenziali. Con queste premesse era molto difficile riuscire a trarne un film decente, un film che rispettasse quell’atmosfera ansiogena e quei mostri epici, senza scadere nella tamarrata di bassa lega (coff coff… Resident Evil…). Tuttavia ci sono riusciti.

La paura dal videogame al grande schermo

Corre l’anno 2006 e Christophe Gans decide di rendere omaggio a Silent Hill portandolo sullo schermo. Facendo un po’ storcere il naso a molti fan, crea una trama a sé stante ma che (a mio avviso) si sposa perfettamente con la tradizione nebbiolesca del videogioco. Non mancano comunque riferimenti alla trama originale del primo capitolo.

Rose e suo marito Christophe sono padri di una dolce ragazzina, Sharon. La piccola, adottata anni prima dalla coppia, soffre di sonnambulismo e incubi tremendi, e invoca nel sonno una città chiamata Silent Hill. Nonostante i farmaci e le cure, la piccola continua a stare male. Rose decide di partire e portare la bambina a Silent Hill, in cerca di una risposta. Il padre è contrario, ma comincia a fare ricerche per conto suo, indagando sul passato della città e su quello della figlia, prima dell’adozione. Già le prime informazioni vanno bene ma non benissimo: Silent Hill viene definita “marcia dentro”, con una storia di incendi in miniera e persone morte male. A un certo punto cala la nebbia su Silent Hill, Sharon scompare, la sirena comincia a suonare… signori, si balla!

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Non è Bologna

Come schivare la paura di rovinare Silent Hill

Come sappiamo, il rischio che un film ispirato a un videogioco rimanga appunto solo “ispirato” è sempre altissimo, e ci sono tanti esempi di cui non farò il nome tranne quell’abominio di Resident Evil. Silent Hill schiva il rischio con molta eleganza e costruisce una storia inquietante e sinistra, in cui i mostri, il buio, la ruggine, le sirene, la “doppia realtà” di Silent Hill si combinano perfettamente e ricreano l’atmosfera pesante e morbosa del gioco. Come gli appassionati sanno, Silent Hill non è un horror che si affida a facili jumpscare, ma a un gioco raffinato di attese, silenzi e segreti da svelare. La cosa paradossale è che pur essendo un horror presenta molte svolte positive, una su tutte: la capacità di immergersi nel proprio inferno personale e trovare il coraggio di affrontare i propri mostri e le proprie paure. Quando seguiamo Rose nella sua avventura all’inferno incontriamo tanti personaggi temuti (e amati) della saga, prima di tutti LUI. Lo sapete di chi sto parlando vero?

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Buongiorno, merde!

 

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Eh già, proprio lui, il caro, epico, coccoloso Testa a Piramide. Pyramid Head è un boss madafakka con la strana abitudine di seviziare manichini e bighellonare nei corridoi bui con una mannaia arrugginita. Lo vediamo spuntare subito dopo una delle scene più ansiogene del film, quando Rose rispetta la tradizione videoludica cercando di recuperare una chiave da un cadavere imboscato in un cesso malconcio. Testa a Piramide fa il suo bravo dovere calando la mannaia nella realtà alternativa della cittadina, punendo i peccati di chi si trova davanti. Uno dei punti forti della saga è proprio il meccanismo di contrappasso che cala come una spada sui personaggi.

Silent Hill, come già detto, non è un horror basato su facili jumpscare, ma su un sottile gioco di silenzi e snervanti attese, con un conflitto morale sempre presente. Non siamo certi di chi sia esente da colpe, probabilmente nessuno. La trama del film si sviluppa profondamente intorno a questo tema, mettendo in scena una cittadina deviata da sette, religioni e moralità perversa. La piccola Sharon è la vittima innocente di un culto che vorrebbe “ridarle la purezza”, in quanto figlia nata al di fuori del matrimonio. Come nel Medioevo, le donne indipendenti o “diverse” dalla comunità vengono additate come streghe e sacrificate a un Dio misericordioso solo per alcuni.

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Scusi, buon’uomo…

Chi ha paura delle infermiere sexy?

Uno dei punti forti del film è sicuramente una fotografia che traduce sullo schermo le due diverse realtà di Silent Hill. Come molti sanno, se nella città risuona la sirena, sono chezzi amari per tutti. La sirena riecheggia tra la nebbia, i muri fatiscenti si nascondono, arriva la ruggine e il sangue comincia a filtrare come un morbo velenoso nei muri e nelle stanze. Potrei elencare molte scene in cui sembra veramente di essere immersi nel videogioco. Ma mi limiterò a quella che io definisco LA scena. Rose riesce a fuggire dai pazzi della Setta e a entrare nel seminterrato dell’ospedale. Ve lo ricordate, vero, l’ospedale di Silent Hill? Secondo voi chi si nasconde in quel dannato corridoio, prontissimo a farvi un mazzo così? Loro, le infermiere secsi! Mostri dal corpo di donna e viso di… mah, non si capisce, ma sono brutte. Ma brutte assai. Rose, che è una giocatrice sapiente, comincia un gioco di accendi-spegni con la torce, perché, come sappiamo, quelle grandissime zoccole gentili signorine prendono vita e sono attirate dalla luce. Rose spegne tutto e riesce a infilarsi tra le signorine poppute e a scappare, per ritrovare sua figlia. Paura a mille, tachicardia, applausi e andiamo a comandare.

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Despacito silent silenciiiitooo

Quindi, munitevi di cuscini rassicuranti e patatine, e durante la visione tenete il volume appalla, le musiche sono prese direttamente dai vari capitoli della saga. E tutto ciò è veramente splendido.

Se volete vedere altri film tratti dai videogame consultate la nostra lista qui.

Michela Mellina

Nasce nel 1990 in mezzo ai colli toscani dove impara la dura legge della provincia. Coltiva la sua passione per i libri,il cinema,il disegno e la misantropia. Le piace confrontarsi con persone disagiate almeno quanto lei.
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