
Sils Maria, o della noia che solo le montagne svizzere possono regalare
Nonostante Olivier Assayas mi avesse deluso già una volta con Il gioco delle coppie, ho deciso di riprovarci, questa volta con un film che all’epoca dell’uscita, nel 2014, era stato discretamente osannato, c’est-à-dire Sils Maria. Ebbene, parafrasando le riviste da parrucchiere: mai lasciarsi tentare dalla minestra riscaldata. Per quanto comoda, se la prima volta vi ha lasciato in bocca un sapore un po’ così, c’è il rischio che al secondo giro vi faccia venire un’immediata voglia di dentifricio.
Eppure, la trama lasciava sperare benissimo: Juliette Binoche è Maria Enders, attrice di mezza età che ha basato il suo successo sul ruolo di Sigrid, ragazza da lei interpretata qualche decennio prima che fa innamorare una donna più matura, Helena. Amore distruttivo, naturalmente. Un regista emergente desidera rifare quel film, stavolta dandole però la parte di Helena per evidenti ragioni anagrafiche, e affidando il ruolo della giovane arrivista a una starlette sulla cresta dell’onda (Chloë Grace Moretz) abituata più che altro a recitare in qualche blockbuster e a farsi paparazzare non proprio soberrima. A fare da contraltare alla Binoche, più che la giovane collega, è però la sua conturbante assistente, una Kristen Stewart che ai tempi era disposta a tutto pur di smarcarsi da Twilight, e quale migliore occasione di un film sedicente intellettuale come Sils Maria?
Già. Peccato però che Sils Maria è tutto fuorché intelligente, scabroso o intrigante. Il termine giusto, azzeccatissimo nella sua banalità, è noioso. Ed è un peccato, perché sulla carta poteva sembrare una versione moderna di Eva contro Eva, o la messa in scena di quello che Michael Caine ha fatto per davvero prima con Gli Insospettabili e poi con Sleuth. Solo che, in tutti e tre i casi, il risultato è decisamente migliore.
Juliette Binoche è impegnata ad arricciare le labbra e simulare crisi isteriche come le peggiori attrici italiane che intendono darsi un tono; Kristen Stewart è bella e pure brava, ma nessuna delle sue doti viene valorizzata decentemente – la scena del rientro a casa da ubriaca è degna dei peggiori teen dramas; e tutti gli altri attori, beh, semplicemente non pervenuti. A fare da contorno, una regia pressoché inesistente, un ritmo da ospizio e pure un panorama tutto sommato abbastanza deprimente – le montagne svizzere, suvvia!
Peccato, perché avrebbe potuto essere una prova di attori sublime, oltre che un film da manuale di psicologia. Invece, sono solo innumerevoli minuti di nulla; molto patinati, ma allora tanto vale guardarsi Sex & The City – che per la cronaca è infinitamente più brillante.
Però Sils Maria un merito ce l’ha: ci dispensa senza volerlo un grande insegnamento per il futuro. Mai, mai e poi mai riprovare con qualcosa che al primo colpo ci ha regalato solo sbadigli.